Il disabile, questo sconosciuto. Disabili, handicappati, portatori di handicap, diversamente abili, addirittura "diversabili"
 Il disabile, questo sconosciuto.
 Disabili, handicappati, portatori di handicap, diversamente 
 abili, addirittura "diversabili": questo è il risultato di uno 
 sforzo terminologico all'insegna del politicamente corretto, ma 
 che non ha contribuito a fare chiarezza e a far capire alla 
 gente chi siamo.
 Gli scivoli per i disabili su sedia a ruote sono entrati nella 
 mente dei tecnici comunali, ma i segnali per i disabili della 
 vista, ugualmente obbligatori, sono del tutto dimenticati.
 Io, cieco assoluto, non ho l'abilità di vedere ed è quindi 
 corretto chiamarmi disabile visivo, non vedente o anche cieco, 
 dato che quest'ultimo è soltanto un modo più semplice e chiaro 
 di precisare la mia situazione e non ha alcun contenuto 
 dispregiativo. Moltissimi dei miei associati hanno invece la 
 "fortuna" - tutto è relativo - di conservare un certo residuo 
 visivo, anche se talora molto limitato; si tratta degli 
 "ipovedenti", nei casi più gravi definiti dalla legge "ciechi 
 parziali". Entrambi comunque abbiamo problemi di vista e quindi, 
 se si vuole comprenderci in un solo termine, possiamo essere 
 definiti "disabili visivi". E' chiaro che conserviamo tante 
 altre abilità, ma quanto a vedere non siamo proprio delle 
 aquile.
 Se poi vogliamo riferirci a chi non sente, il termine corretto è 
 "non udente" o "sordo" e non "sordomuto"; i sordi, insieme ai 
 ciechi totali o parziali costituiscono la categoria dei disabili 
 sensoriali, poiché i nostri problemi vengono dai sensi, quello 
 dell'udito o quello della vista. 
 Invece chi ha problemi di uso degli arti, superiori o inferiori, 
 rientra fra i disabili fisici e si distingue ovviamente da chi è 
 affetto da disabilità mentale. Poi abbiamo altre situazioni di 
 disagio, come quelle di chi soffre di allergie alimentari o di 
 altra origine che, pur essendo meno gravi, devono 
 comunque essere tenute presenti, ad esempio nelle strutture 
 ricettive. 
 L'handicap, e cioè il peso, la difficoltà, invece, non proviene 
 da noi disabili, ma dall'ambiente sociale o fisico in cui 
 viviamo e sorge quando le barriere, fisiche, sensoriali o 
 culturali non vengono eliminate e purtroppo lo sono raramente.
 Lo stimolo a scrivere questo pezzo mi è stato dato dal titolo 
 apparso proprio su La Gazzetta di Sondrio del 6 luglio: " In 
 Alto Adige il primo sentiero per disabili e non vedenti". Il 
 fatto di essere stati tenuti fuori dalla categoria dei disabili 
 non mi turba sotto il profilo semantico, ma rinforza il mio 
 convincimento sul perché da una decina di anni i tecnici 
 comunali applicano, anche se non sempre, le norme sulle barriere 
 architettoniche per i disabili fisici, ma quasi mai quelle 
 ugualmente in vigore circa le barriere percettive o sensoriali 
 che - cito la legge - sono costituite dalla mancanza di 
 "accorgimenti e segnalazioni che permettono l'orientamento e la 
 riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per 
 chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti 
 e per i sordi".
 Lo stesso contrassegno o simbolo dell'accessibilità di una 
 struttura, una sedia a ruote, contribuisce a trarre in inganno 
 progettisti e direttori dei lavori: "se siamo a posto con le 
 persone su sedia a ruote, abbiamo rispettato la legge 
 sull'eliminazione delle barriere per i disabili", ma si 
 dimentica che ci siamo anche noi non vedenti ed ipovedenti che 
 abbiamo diritto alla qualifica di "disabile", della quale 
 faremmo volentieri a meno, ma che ci pone in condizione di 
 rivendicare l'istallazione dei semafori acustici, delle 
 piastrelle con i segnali tattili e delle mappe a rilievo per la 
 descrizione dei luoghi complessi.
 E i mezzi di trasporto non possono essere considerati 
 "accessibili" solo perché hanno - e sono molto pochi - la pedana 
 o l'elevatore, dato che per non essere discriminati, noi ciechi 
 abbiamo diritto agli annunci vocali di prossima fermata e 
 all'annuncio del numero di linea all'esterno della porta 
 anteriore; mentre gli ipovedenti hanno diritto a cartelli 
 segnaletici ben leggibili anche da parte loro. E tutto questo 
 non serve solo ai disabili visivi, ma anche alle persone 
 anziane, ai turisti o a chi ha dimenticato a casa le lenti. .
 Chiamateci come volete, ma dateci gli strumenti per essere 
 autonomi e poterci integrare sempre più nei vari settori, 
 scolastico, lavorativo e sociale.
Prof. Avv. Giulio Nardone
 (x) 
 
(x) 
 Presidente 
 Nazionale Associazione Disabili Visivi
 (Associazione Disabili Visivi
 per la promozione sociale e culturale dei non vedenti ed 
 ipovedenti
 fondata nel 1970). www.disabilivisivi.it 
 -
 e-mail: segreteria@disabilivisivi.it
 GdS 10 VII 2005 - www.gazzettadisondrio.it
