I BEATLES RITORNANO…AL TEATRO SOCIALE

Di Nello Colombo
Può essere la musica rivoluzionaria? Incendiaria! Provate a chiederlo ai mitici “Ragazzi di Liverpool” che con il loro irresistibile sound hanno rivoltato l’intera società sessantottina. A loro è stato dedicato il superbo concerto dei The Beatbox, la tribute band dei Beatles più famosa in Italia, in grado di restituire tutta l’energia del gruppo di Liverpool. E un qualcosa di magico strega il Teatro Sociale con il “Magical Mystery Story” del gruppo a traino pugliese affiancato dall’affabulante narrazione del conduttore televisivo Carlo Massarini, deliziando il pubblico in piedi a cantare a squarciagola e ballare al ritmo dei successi planetari dei Beatles. Tutto inizia con la gracchiante voce di una radio retrò a sintonizzazione manuale, in bella vista dinanzi al proscenio, che scandisce voci note ed evergreen che hanno fatto crescere intere generazioni sessantottine avviando il fenomeno di una “controcultura” giovanile che ha invaso il mondo intero. Massarini in grande smalto rievoca gli albori dei “capelloni” inglesi quando la musica analogica imperversava per i puristi del suono e i futuri studi di registrazioni a solo 4 piste erano solo una lontana chimera. E’ bastato chiudere gli occhi e riaprirli per trovarsi di fronte i magnifici quattro rampolli di Liverpool impersonati da Marco Breglia, Stefano Piancastelli, Michele Caputo e Federico Franchi e da un misterioso quinto elemento, un Claudio Airo, tastierista dell’altro mondo, che ha saputo cucire alla perfezione l’amalgama perfetto dei supergettonati successi dei Beatles. E la sala s’accende di colpo al grido di “Help” per adagiarsi in un momento quasi mistico sulle note ineffabili di “Yesterday” condito da un morbido quartetto d’archi sintetici. Basta poi un semplice tocco di mano per scatenare l’inferno sulle note di “Twist and Shout” con la frenesia beatlesiana che s’impossessa del Sociale. E’ Massarini a stemperare i toni tra aneddoti newyorkesi sull’incontro con il grande Dylan di “Mr. Tambourine Man” e una contaminazione di folk e rock. Si riaccende poi la mischia con “Eleanor Rigby”, “Nowhere Man” e “In My Life” divampando poi con una pirotecnica “Yellow submarine” che attinge all’immaginario collettivo di uno strepitoso cartoon, con i Magnifici Quattro in versione “Pirati dei Caraibi”. Altra incursione di Massarini che sposta il rinnovamento musicale dei Beatles tra organi circensi e clavicembalo, sitar indiani e santur, sempre in salsa rock, tra fiori che adornano i microfoni e cappellacci e baffi, spingendosi fino al parossismo di “Tomorrow Never Knows” e “Paperback Writer”. Solo accennata la genesi della scanzonata “Ob-La-Di Ob-La-Da” e l’intima “Let it be” mentre scendono in campo le mogli e iniziano i primi dissapori che poi porteranno alla dissoluzione del gruppo degli amici di sempre. “I ragazzi sono cresciuti”, ma c’è ancora un collante che li tiene insieme in un rigurgito di chitarre acustiche con la splendida “Blackbird” di Paul MacCartney,  la cantabile “Across the Universe” e  “While My Guitar” con i “The Beatbox” che si si impadroniscono del campo masticando un irrimediabile inglese a cui “maccheronicamente” il pubblico risponde ad ondate. E poi giù tutti a cantare come ossessi “Get Back” per finire con un’overdose di "Hey Jude” caricata fino allo spasimo in un inseguirsi luccicante di telefonini e il delirio del pubblico in piedi a cantare e ballare sgolandosi fino all’ultimo ipnotico climax di “Na na nànananà, nànanannà, Hey Jude”. Increduli Massarini & Company dinanzi all’ovazione tumultuosa del pubblico. I Beatles sono tornati. E Ancora una volta “Good Vibrations” mette a segno un altro strepitoso successo.
Nello Colombo

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