C’è bisogno di risorgere
 Nel nostro sistema democratico, qualcosa sembra non funzionare 
 più. Destra e sinistra si arrabattano tra quotidiani insulti, 
 reciproche accuse e sofisticati distinguo. Ciò che viene detto 
 oggi, viene puntualmente smentito domani. Le risse fra alleati, 
 sia nel centrodestra sia nel centrosinistra, non fanno altro che 
 offrire desolanti e indecorosi spettacoli quotidiani.
 Chi governa non perde occasione dal presentarsi su ogni 
 proscenio mediatico per rivendicare demagogicamente il merito di 
 avere fatto il meglio e il di più per la tranquillità, la 
 sicurezza e il benessere del Paese. Chi è all’opposizione, 
 viceversa, sfrutta ogni possibile spazio lasciato libero dalla 
 maggioranza, per dipingere l’orso il più brutto e nero 
 possibile, senza offrire uno straccio di proposta alternativa 
 credibile.
 Il cittadino comune, tendenzialmente tenuto alla larga dai 
 luoghi delle discussioni politicamente impegnate, frastornato da 
 tanta confusione di linguaggi farraginosi di cui stampa e 
 radiotelevisioni si fanno quotidiani e puntuali portatori, 
 vittima della propria ignoranza e della propria pigrizia, suo 
 malgrado rimane inerme spettatore della progressiva dissoluzione 
 del patrimonio di valori positivi, come la solidarietà, la 
 partecipazione e la coesione sociale, che ha permesso 
 all’Italia, quindi agli italiani, di diventare una delle massime 
 potenze economiche del mondo.
 L’Italia, uscita da una guerra disastrosa e fratricida, 
 economicamente e spiritualmente distrutta, guidata da un gruppo 
 di persone colte, integerrime, cariche di carisma politico e 
 sociale frutto del loro diretto impegno sul campo nella lotta 
 contro lo sfacelo morale, culturale e civile, in cui l’aveva 
 trascinata il regime fascista, seppe risorgere a nuova vita, 
 seppe offrire prospettive serie, concrete e credibili ai propri 
 cittadini, che permettesse loro di affrontare il futuro in pace, 
 prosperità e sicurezza. 
 Quel gruppo di persone seppero ridare fiducia ai figli dei 
 caduti, ai reduci, ai loro famigliari e ai superstiti della 
 catastrofe, restituendo loro piena dignità; quella dignità che 
 il precedente regime e la monarchia avevano fortemente 
 compromesso.
 Ora, a distanza di sessanta anni dalla fine del secondo 
 conflitto mondiale, dopo essersi dati una costituzione fra le 
 migliori al mondo, dopo aver conquistato notevole prestigio a 
 livello internazionale, notevoli successi interni di progresso 
 economico e sociale; dopo aver raggiunto ragguardevoli traguardi 
 sul versante della sicurezza sociale, dell’istruzione e della 
 salute, gli italiani sembrano non rendersi conto del rischio che 
 corrono di perdere quel grande patrimonio di libertà, di 
 democrazia e di benessere sociale che hanno conquistato sulla 
 strada tracciata dai loro padri in faticosi anni di sacrifici e 
 di lavoro comune. 
 L’Italia, trascinata alla deriva da speculatori e da persone 
 senza scrupoli, da circa venti anni sta scendendo lungo una 
 china pericolosa. A fasi alterne ma in progressione, ha 
 ammosciato la sua anima creativa, perdendo spirito e gusto alla 
 partecipazione nella vita politica e democratica e, quel che è 
 peggio, sta cedendo sul fronte dei valori fondanti della 
 Costituzione Repubblicana.
 Sembra che gli Italiani, irretiti da un individualismo bieco e 
 cieco, siano propensi ad arrendersi impotenti di fronte alla 
 scarsa competitività e al declino dell’economia, alla 
 recrudescenza degli scandali finanziari, alla verbosità 
 demagogica e populista degli uomini di potere, senza minimamente 
 reagire; al punto da non capire che in questo modo stanno 
 facendo del male al Paese e a loro stessi. 
 A mio modo di vedere invece c’è bisogno di una forte carica 
 risorgiva. Gli Italiani ne sono capaci specie se si sforzano di 
 riflettere sulle proprie potenzialità intellettuali, 
 filosofiche, morali e religiose. Un risorgere che parta dal 
 basso, dalla gente comune, senza affidare ad alcuna gerarchia 
 laica o religiosa, ne tanto meno a nessun uomo “carismatico” la 
 soluzione dei propri problemi.
 E’ ora che si tolgano dal cassetto le esperienze maturate 
 durante il dispiegarsi della nostra storia, che si mettano a 
 frutto i fondamentali della nostra cultura e i potenziali della 
 nostra verve latina.
 E’ ora che ci liberiamo dallo stato di narcosi paralizzante in 
 cui l’esasperato individualismo ci ha cacciato e ritorniamo ad 
 essere un Paese e un popolo solidale e fiducioso.
Valerio 
 Dalle Grave
 GdS 10 I 2006 - www.gazzettadisondrio.it
