BORDONI SUL NUOVO STATUTO D'AUTONOMIA DELLA REGIONE LOMBARDIA

Intervento in Consiglio Regionale del Consigliere valtellinese - valutazioni sull'autonomia per la specificità del nostro territorio

Signor Presidente del Consiglio, Colleghi,

in questo scorcio di Legislatura che mi ha visto nuovamente sedere nel Consiglio Regionale, ho avuto modo di partecipare quale uditore a qualche seduta della Commissione Statuto, che ha elaborato il testo di Legge che oggi siamo chiamati ad approvare.

Si trattava, è vero, delle battute finali di un lavoro lungo ed impegnativo.

E' anche vero che la prospettiva della chiusura anticipata della Legislatura ha fatto venir meno talune asperità, sollecitando il comune interesse a chiudere una partita aperta da anni.

Nonostante questo voglio dire però che il clima sinceramente bi-partisan che si respirava mi ha decisamente rincuorato.

Così spero possa riscaldare il cuore dei Lombardi la constatazione che quest'aula, consapevole dell'importanza del momento e dell'argomento, saprà sviluppare qualità nella discussione e rispetto per i cittadini che ci hanno voluti qui a rappresentare gli interessi della regione più importante d'Italia.

Chiudo questa introduzione esprimendo considerazione per il lavoro svolto dalla Commissione ed in particolare dal Presidente Adamoli e dal Relatore Boscagli.

Per quanto ho potuto valutare studiando gli atti di questo lungo lavoro, essi hanno infatti saputo concretizzare un testo largamente condiviso, operando le necessarie sintesi, senza che il risultato finale risultasse asettico né sterilizzato rispetto alle grandi scelte ed ai principi sui quali la nostra Regione è chiamata ad operare per storia, tradizioni e dimensione.

Detto questo voglio rimarcare, da uomo che rappresenta un territorio, la montagna e una provincia interamente montana, alcune criticità e alcune positività che valgono, seppure parzialmente a compensarle.

La Commissione non ha ritenuto di accogliere un emendamento proposto dalla provincia di Sondrio e da Anci regionale e UPL, che prevedeva "il riconoscimento di condizioni speciali di autonomia nella gestione delle funzioni e delle risorse alle Autonomie territoriali con prevalenti caratteristiche montane".

Comprendo la difficoltà nell'accettare una simile formulazione, anche perché ciascuna parte della nostra Regione, così ricca di singolarità, vede sé stessa meritevole di una considerazione particolare.

Credo però che a nessuno sfugga la assoluta peculiarità del territorio montano, che ha problemi inversamente proporzionali alla sua popolazione, ma che si riflettono alla fine sugli interessi generali della popolazione e del territorio della nostra Regione.

Per queste ragioni una maggiore autonomia a questo territorio poteva essere immaginata, non foss'altro che per diretto interesse dell'intera collettività che sta a valle.

La scelta è stata diversa e confinata all'art. 4, con il riconoscimento della specificità dei territori montani e la previsione di politiche di intervento atte ad assicurarne le possibilità di sviluppo.

Un po' poco per chi sperava in una autonomia di gestione, anche se la stretta integrazione dei territori montani con il resto della Regione può valere questo sacrificio, specie se compensato nella illuminata interpretazione non solo economica delle opportunità di sviluppo.

Eguale sofferenza ci provoca la mancata menzione nel testo delle Comunità Montane, sottolineata a più riprese da UNCEM.

Abbiamo visto, anche nell'ultima legge finanziaria, che responsabili del dissesto finanziario del Paese, sarebbero questi Enti che, ove ben gestiti, hanno significativamente contribuito alla gestione unificata dei servizi ed a far crescere una visione di localismo meno esasperato nelle piccole amministrazioni locali.

Se è pur vero che questi Enti non hanno riscontro costituzionale, è altrettanto vero che in Lombardia essi hanno operato contribuendo al governo di oltre un quarto del territorio regionale, avviando un necessitato percorso di condivisione di obiettivi, che le unioni dei comuni hanno quasi sempre fallito.

Richiamarne l'esistenza non può fare danno e certo non compromette le potenzialità riformatorie assegnate alla Regione dalla Finanziaria 2008.

Fatte queste puntualizzazioni, voglio concludere il mio intervento con alcune considerazioni di grande positività, prima tra tutte quella che consegue allo spirito di unitarietà regionale cui lo Statuto si ispira: il riconoscimento della pari dignità dei territori, garantita dal diritto di rappresentanza dell'art. 12.

Io oggi posso parlare dallo scranno di consigliere regionale solo a seguito della condanna penale di un collega, della quale avrei volentieri fatto a meno, nonché della rinuncia di due sindaci a lasciare il posto di primi cittadini per rimanere a fare i consiglieri.

Eppure avevo vinto le elezioni, avevo conquistato 15.000 preferenze ed una percentuale di voti di lista prima in Italia. Lo dico non per vanagloria, ma a dimostrazione che anche un risultato straordinario non è servito a superare una legge assurda e, nonostante questo sono rimasto fuori e con me una provincia non ha avuto accesso a questa legislatura , se non in fondo e in via precaria.

Spero davvero che vi sia il tempo anche per varare una legge elettorale che, in accordo con la previsione statutaria, consenta che non abbia a riproporsi questo smacco.

Vorrei e potrei dire molte cose ancora per quanto di buono, di veramente buono, questo Statuto contiene, ma lo hanno fatto e ancora lo faranno, come è giusto, altri colleghi. A me premeva dire quanto ho detto, non tanto a nome personale, ma perché rappresentante dei territori alti della Lombardia, che da qualcuno vengono ancora visti come problemi, nonostante le tante importanti risorse di cui sono tributari. Territori che non hanno solo bisogno di risorse economiche, ma anche di considerazione vera e di rappresentanza istituzionale, perché diversamente la loro voce già flebile è destinata a perdersi nel rumore delle città.

Giovanni Bordoni (x)

(x) Consigliere regionale

Giovanni Bordoni (x)
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