ELEZIONI USA (1). RICHARDSON: L'INTEGRITÀ SCONFIGGE L'AMICIZIA?

"È stata una conversazione cordiale ma un po' accesa". Ecco come Bill Richardson, governatore dello stato del New Mexico, ha descritto la telefonata con Hillary Clinton nella quale l'ha informata che avrebbe dato il suo appoggio al suo rivale Barack Obama.

Una conversazione difficile per Richardson dati i suoi forti legami con i Clinton considerando la sua partecipazione nell'amministrazione dell'ex presidente come ambasciatore alle Nazioni Unite e ministro dell'energia. Per Obama si tratta di un colpo decisivo dato che Richardson è uno dei big superdelegati che finora era rimasto neutrale. Il suo appoggio potrebbe essere il cammino da seguire per altri superdelegati.

L'annuncio dell'appoggio non poteva venire in un momento migliore per Obama data la pubblicità negativa del suo pastore Jeremiah Wright che ha costretto Obama a fare un discorso sulla questione razziale. Nonostante l'eloquenza e la chiarezza di Obama si crede che le ferite inflittegli dai commenti infuocati del suo pastore non siano andate via. Le parole di Richardson e le sue spiegazioni per il suo sostegno potrebbero rimettere Obama in carrellata per vincere la nomina.

Il governatore del New Mexico ha spiegato la sua scelta dicendo che Obama ha parlato con eloquenza e sincerità sulla questione razziale. Inoltre il senatore dell'Illinois ha dimostrato un ottimismo che va al di là delle differenze e cerca di unire il Paese. Richardson ha continuato spiegando che non è contento di certi toni della campagna per la nomina democratica suggerendo che la colpa è della moglie del suo ex capo. Nel caso di Obama Richardson vede invece una campagna "positiva di speranza ed opportunità".

Non è stato facile convincere Richardson a schierarsi con Obama considerando anche il fatto che i Clinton hanno fatto molto per non perdere il suo appoggio. L'ex presidente Clinton aveva persino preso l'aereo per andare nel New Mexico e guardare il Superbowl insieme a Richardson.

La paura per i Clinton è che se persino i loro amici abbandonano l'ex first lady ci potrebbe essere una fuga precipitosa di altri big superdelegati. Ciò potrebbe accelerare lo slancio di Obama il quale ha ricevuto la dichiarazione di sostegno di 62 superdelegati nel mese di febbraio comparati a solo 5 di Hillary Clinton.

Tenendo in mente che Obama ha già vinto un centinaio di delegati più della Clinton nelle primarie e nei caucus e la sconfigge anche nel voto popolare (13,3 a 12,6 milioni), le prospettive per la Clinton non sono promettenti. L'ex first lady dovrebbe vincere in modo schiacciante le prossime primarie. Ciò potrebbe convincere una maggioranza di superdelegati a spezzare il "pareggio" ed offrirle la nomina. Fino al momento la Associated Press ha calcolato che l'ex first lady ha l'appoggio di 250 superdelegati e Obama 214 mentre 332 non hanno ancora dichiarato la loro preferenza. Si teme che altri big come Al Gore, John Edwards e Nancy Pelosi, spinti dai toni negativi della campagna, potrebbero decidere di entrare in campo e favorire Obama il quale è visto come "il pulito" fra i due avversari.

I collaboratori della Clinton hanno suggerito che l'appoggio di Richardson non cambierà nulla. Si sbagliano. Il governatore del New Mexico è senza dubbio il latino più noto al livello nazionale (sua madre è nata nel Messico) e quindi il suo supporto potrebbe essere significativo con il crescente voto ispanico. Come si sa, fino ad oggi l'ex first lady ha ricevuto una maggioranza del voto latino ma ciò potrebbe cambiare nelle restanti primarie e specialmente nell'elezione generale.

Il sostegno di Richardson a Obama è stato caratterizzato invece da James Carville in modo durissimo come "un atto di tradimento". Carville, notissimo consigliere dei Clinton, suggerisce che l'amicizia avrebbe dovuto prevalere. Forse. Ma forse l'integrità coraggiosa di Richardson ha sconfitto la fedeltà politica in questo caso. Un presagio per l'elezione di novembre?

Domenico Maceri (x)

(x) dmaceri@gmail.com, PhD della Università della California a Santa Barbara, è docente di lingue a Allan Hancock College, Santa Maria, California, USA. I suoi contributi sono stati pubblicati da molti giornali (International Herald Tribune, Los Angeles

Times, Washington Times, San Francisco Chronicle, Montreal Gazette, Japan Times, La Opinión, Korea Times, ecc.) ed alcuni hanno vinto premi dalla National Association of Hispanic Publications.

Domenico Maceri (x)
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