LA STAMPA USA: IMPARZIALE?
"Dovreste smetterla con questa storia". Ecco cosa ha detto John Kerry a un giornalista della rete televisiva MSNBC suggerendo che la storia di Jeremiah Wright, l'ex pastore di Barack Obama, era già stata trattata ad nauseam ed era di poca rilevanza all'elezione presidenziale statunitense. Il senatore del Massachusetts, candidato democratico alla presidenza nell'elezione del 2004, sa qualcosa di questioni di poca rilevanza potenzialmente pericolose. La campagna accusatoria degli Swift Boat Veterans di discreditare Kerry di avere meritato le medaglie ricevute nella Guerra del Vietnam sarà stata nella sua mente.
Ma se Obama è stato attaccato per i suoi legami con Wright, gli altri due candidati, John McCain, repubblicano, e Hillary Clinton, candidata alla nomina democratica, sono stati lasciati tranquilli malgrado il loro legami e relazioni potenzialmente compromettenti.
McCain, per esempio, ha richiesto ed ottenuto l'appoggio di John Hagee, pastore della Cornerstone Church di San Antonio, Texas. Hagee ha attaccato la Chiesa Cattolica con frasi troppo offensive che non appariranno in questo articolo. Inoltre, Hagee ha cercato di giustificare i danni causati dall'uragano Katrina alla città di New Orleans spiegandoli come giusta punizione divina. Secondo Hagee c'era stato "un livello di peccati offensivi a Dio" a New Orleans data la forte presenza di gay nella città.
McCain ha censurato le affermazioni estremiste di Hagee ma non ha rinunciato al suo appoggio, come gli aveva chiesto di fare la Catholic League. In un'intervista concessa a George Stephanopolous della Abc, McCain ha ribadito che è contento della dichiarazione di appoggio di Hagee. La stampa però non lo ha martellato come è successo a Obama con Wright suggerendo che le idee del pastore riflettono quelle di McCain.
Nel caso di Hillary Clinton la stampa è stata anche molto benevole lasciando da parte alcuni dei legami dell'ex first lady, soprattutto i rapporti del marito. Non si parla naturalmente delle avventure "romantiche" di Bill Clinton ma bensì di rapporti dell'ex presidente con individui che gli hanno fatto guadagnare un sacco di quattrini. Alcuni di questi legami includono l'amicizia e il supporto al dittatore brutale del Kazakhstan. Inoltre la stampa non ricorda le grazie concesse da Bill Clinton negli ultimi giorni della sua presidenza a tipi come Marc Rich, finanziere latitante, la cui moglie aveva contribuito parecchie migliaia di dollari alla campagna di Hillary Clinton al Senato nel 1999.
Perché dunque la campagna mediatica contro Obama? In parte perché il senatore dell'Illinois è meno noto degli altri due candidati. Inoltre ci sarà anche qualcosa di razziale che si nasconde nell'interesse dei giornalisti rafforzato da alcuni sondaggi. Si crede per esempio che il 15% degli elettori democratici non voterebbe per un afroamericano. Questa cifra sarebbe in ogni probabilità più alta se anche gli elettori repubblicani sarebbero inclusi.
Ma tutto ciò non mette da parte che anche gli altri due candidati avrebbero dei punti deboli in quanto all'eleggibilità. C'è una percentuale di americani che non voterebbe per una donna e quindi Hillary Clinton non otterrebbe i loro voti. E nel caso di McCain c'è il fattore età. A settantun anni suonati McCain se eletto sarebbe il più vecchio presidente degli Stati Uniti. Sarà l'età a fargli perdere una percentuale di voti?
Il ruolo della stampa dovrebbe essere di informare e chiarire le posizioni dei diversi candidati. Ciò che importa non sono i legami tangenziali. Non importano le idee della chiesa di un candidato come si è visto con John F. Kennedy il quale non governò seguendo gli ordini del Papa. Non importa se il candidato porta la bandierina del suo Paese all'occhiello della giacca.
Ma la stampa, specialmente la televisione, deve cercare di mantenere alti i numeri dei suoi lettori e telespettatori. Si tratta dunque di capire gli interessi vitali ed anche superficiali e "venderli" perché dopotutto la stampa americana è un business che spesso poco a che fare con la verità ed il benessere di quelli che la seguono.
La recente decisiva vittoria di Barack Obama nello stato del North Carolina e la sua inesorabile corsa alla nomina del Partito Democratico suggeriscono però che l'influenza della stampa sugli elettori americani è molto limitata.
Domenico Maceri (x)
(x) PhD della Università della California a Santa Barbara, è docente di lingue a Allan Hancock College, Santa Maria, California, USA. I suoi contributi sono stati pubblicati da molti giornali (International Herald Tribune, Los Angeles Times, Washington Times, San Francisco Chronicle, Montreal Gazette, Japan Times, La Opinión, Korea Times, ecc.) ed alcuni hanno vinto premi dalla National Association of Hispanic Publications. dmaceri@gmail.com