PRIMARIE USA: FRA LOBBISMO E TRASPARENZA
"Ci vuole un presidente che vede il governo non come strumento per arricchire i suoi amici e i lobbisti di lusso, ma come difensore di giustizia e opportunità per tutti gli americani". Ecco come ha reagito Barack Obama all'apparenza di conflitto di interessi dopo che il quinto membro dello staff di John McCain ha dovuto dimettersi per legami con lobbies.
Da una parte bisognerebbe ammirare la campagna del senatore repubblicano dato che ha fatto pulizia. D'altra parte c'è da stupirsi come un senatore che ha coltivato sempre l'immagine di dire la verità aveva assunto persone non al di sopra di ogni sospetto per dirigere la sua campagna.
L'ultimo dei cinque a dimettersi è stato Tom Loeffler, un vecchio amico di McCain, il quale dirigeva il comitato finanziario. Alcuni dei legami problematici hanno a che fare con 15 milioni di dollari ricevuti dalla ditta di Loeffler dal governo saudita. Gli altri quattro dirigenti che hanno abbandonato la campagna di McCain erano stati legati alla promozione dell'immagine di governi repressivi come la giunta birmana colpevole anche di avere limitato l'assistenza alle vittime del ciclone.
Sembra che la pulizia annunciata da McCain non sia ancora completa. Uno dei principali consiglieri attuali di McCain, Charlie Black, ha anche lui lavorato come lobbista per parecchi governi repressivi del terzo mondo che includono Ferdinand Marcos delle Filippine, Mobutu Sese Seko del Zaire e il ribelle angolano Jonas Savimbi. Persino Rick Davis, il manager della campagna di McCain, è considerato non completamente "pulito" dato che la sua ditta aveva rappresentato il generale Sani Abachi e il suo corrotto regime in Nigeria.
Queste macchie di conflitto di interesse pungono specialmente McCain perché il senatore dell'Arizona ha sempre coltivato l'immagine di essere superpulito. Notissime sono le attività di McCain per limitare l'impatto dei soldi nelle elezioni. Una decina di anni fa McCain aveva anche offerto un disegno di legge per proibire ai candidati politici di pagare lobbisti registrati.
All'inizio della campagna elettorale per la nomina del Partito Repubblicano McCain aveva poco successo in grande misura per la sua reputazione di moderato. Il forte desiderio di vittoria spinse dunque McCain a spostarsi a destra all'inizio della campagna presidenziale mettendo a volte da parte i suoi principi moderati. McCain l'anno scorso, infatti, tenne un discorso alla Liberty University, una scuola con tendenze poco liberal, diretta dal reverendo Jerry Falwell, che McCain aveva descritto nel 2000 come "agente di intolleranza". Il senatore dell'Arizona, inoltre, aveva richiesto ed ottenuto l'appoggio di John Hagee, pastore della Cornerstone Church di San Antonio, Texas. Hagee aveva attaccato la Chiesa Cattolica ed aveva fatto altre dichiarazioni offensive antisemitiche. Solo molto recentemente McCain ha finalmente ripudiato la dichiarazione di appoggio di Hagee come pure di Rod Parsley, un pastore dell'Ohio. Quest'ultimo aveva fatto delle dichiarazioni offensive contro la religione islamica.
Le dimissioni dei cinque collaboratori per i loro legami "sospetti" si aggiungono al rifiuto dei due pastori e sono un tentativo di ritornare all'immagine di chiarezza di McCain. Non saranno gli ultimi anche se Charlie Black ha affermato che "agli americani non importano" questi legami poco chiari con i lobbisti. McCain evidentemente la vede in modo diverso adesso. Strano che non se ne sia accorto prima. Il faux-pas si aggiunge ad altri dettagli che poco a poco mettono in luce non solo le qualità dell'esperienza del senatore ma anche altri aspetti che finora la stampa ha tralasciato concentrandosi sul "duello" fra Obama e Hillary Clinton. L'inevitabile ritiro dell'ex first lady dalla corsa alla nomina del Partito Democratico punterà i riflettori su McCain e Obama. Il candidato repubblicano dovrà sperare che questi eventi che gli macchiano il record vengano dimenticati dagli elettori nei prossimi cinque mesi. Dal suo canto Obama dovrà anche lui sperare che i suoi legami con il pastore Jeremiah Wright abbiano lo stesso destino.
Domenico Maceri (x)
(x) dmaceri@gmail.com, PhD della Università della California a
Santa Barbara, è docente di lingue a Allan Hancock College, Santa Maria, California, USA. I suoi contributi sono stati pubblicati da molti giornali (International Herald Tribune, Los Angeles Times, Washington Times, San Francisco Chronicle, Montreal Gazette, Japan Times, La Opinión, Korea Times, ecc.) ed alcuni hanno vinto premi dalla National Association of Hispanic Publications.