ARGOMENTO PROPOSTO DA Daniela MAGNI: LA MIA POESIA
Sono una giovane ventiseienne, scrivo poesie per pura passione cercando di gremire tutte le frasi con i miei sentimenti: vorrei che ogni parola potesse trasparire pienamente le emozioni che nutro. Ho sempre partorito travolgenti ebbrezze, saggiato mondate fragranze riempiendo fogli bianchi e vuoti d'irrefrenabili, dilaganti sensazioni, ardimentosi, sfolgoranti eventi… onestamente li ho alimentati anche con mesti, desolati episodi… ho cercato di renderli vivi per quanto fossi naturalmente dotata. Sono convinta che scrivendo plasmi efficienti, poderose difese grazie alle quali possa attaccare insostenibili timidezze, esorbitanti apprensioni limpidamente identificabili; originare roboanti parole che saturino deleteri silenzi. Un libro è l'eccezionale miracolo espressivo che può materializzare infiammanti profluvi d'incontenibili, subissanti, stentorei sentimenti astratti - benché rampollati presso corporee sorgenti - sbaragliando l'irrazionale logica dell'irraggiungibilità comunicativa: esso esonda inibiti impeti, interdette esaltazioni facendoli zampillare in turgide espansività furoreggiando le intonse pagine vermiglie.
Vorrei sottoporre alla Vostra attenzione la seguente silloge inedita qualora disponiate tempo predisposto a ciò, sono consapevole degli ingenti, copiosi impegni quotidiani a cui dovete prestare categorica priorità.
Pubblichiamo due sue poesie
Pioggia Primaverile
Cheta plana la soave pioggia primaverile,
essa ammara linda, liliale,
alcunché potrebbe lederne o deturparne l'illibata sussistenza eterea;
tale eccelsa leggiadria ingenera un'edenistica eufonia
la cui idilliaca ambrosia permea qualsivoglia venustà siderea.
Apollineo riverbero traluce sublime asservendo brumose prostrazioni avverse:
ignea folgore brandisco gagliarda allorquando l'aggraziata coltre piovosa
soffonde ieratica laceranti cremisi rimpianti dei quali il vessatorio,
stentoreo gemito è tramutato in un'effimera, evanescente eco.
Madide, roride gocce nivee aspergono ed irrorano l'ecumenica natura
raggiando l'olimpica cristallina beltà maliarda.
Seppur euritmici firmamenti non sfoggino cerulei barlumi
ebbene il virgineo fluido che lacrima dalle sue mere, portentose volte
trascende ardimentoso e plasma ineffabile tersezza ovunque.
Inemendabile, inintelligibile virtù cagiona suddetta divina acqua:
aitante, fulgente albore circonfonde il viscerale, linfatico nucleo
dal quale sempiterna genesi ferve indefessa.
Afrodisiaca pioggia primaverile oggi procrei preternale, rutilante, vivida luminescenza.
Sei Tu La Mia Luce
Effimera intercorre la notte,
tuttavia il levantino albore protrae il suo anelato fulgore.
Fronteggio dunque l'angustiata attesa germinando purchessia pensiero,
essi scaturiscono mediante una primordiale genesi,
diradano prette essenze soffondendo atre coltri serotine,
tralucono l'illune talamo silente al fine d'assurgere un coriaceo pentagramma,
tale concepimento prolifica eufoniche melodie le cui soavi note riecheggiano indefesse
edulcorando l'egemonica cupezza che primeggia tronfia.
L'idilliaca risonanza riverbera ormai ovunque,
il suo virtuoso lindore satura persino lugubri turbamenti giacché ne irradia gli esiziali precordi.
Subitaneo fiorisce l'ineluttabile quesito:
donde deriva una similare leggiadria?
Quale languida, mielata ambrosia sfoggia un effluvio meramente afrodisiaco?
Cosa cagiona suddetto ardimentoso bagliore?
Chi brandisce ieratico l'invitto dardo contro cui adombrate fallacità
periscono annichilite frangendosi addentro mondate perspicuità?
Tu solo ne sei l'inconfutabile, idolatrata sorgente,
eccelsa luminescenza che dilaga maestosa le sue propaggini
e debella lacere inquietudini senza essere lambita d'abbuiate nature insite.
Ora non temo più l'attardar dell'aureo chiarore mattutino,
non v'è recondita ragione per la quale contempli ansante l'ora
dacché il tempo sarà cadenzato forgiando le inestimabili tue venerabili fattezze.
Sei tu la mia luce.