Cala il turismo, quasi dappertutto. Perché? Ci sono meno soldi, ma questo non basta
 Non è la solita storia
 Non è la solita storia di tutti gli anni quando al termine della 
 stagione estiva si tentava un primo bilancio turistico, quando 
 cioè raramente si sentivano gli operatori soddisfatti, salvo 
 casi particolari o talune località.
 Non è la solita storia, ma una realtà palpabile, colta nei posti 
 più disparati, al nord come al sud, con una insistenza diffusa 
 sulle parole calo, crisi e simili da anticipare quello che poi, 
 una volta elaborate, diranno crudamente le statistiche.
 Meno gente in giro, meno giorni di permanenza, meno acquirenti 
 nelle località turistiche. E così al mare, in montagna, al lago. 
 Fanno eccezione, ma bisognerà aspettare le cifre, città d’arte e 
 occasioni congressuali.
 Questione di soldi?
 La risposta, generalizzata, ad un interrogativo su questa 
 situazione è “questione di soldi”, che traduce in buona sostanza 
 la tendenza della gente a spendere di meno.
 Si dice sbrigativamente che la colpa è dell’€uro, con gli 
 aumenti che si sono registrati un po’ dappertutto. Abbiano 
 sentito questo refrain non solo in Italia ma anche in Francia, 
 sia a Parigi come in Costa Azzurra.
 Al di là di quanto ci possono dire gli statistici - che il 
 calcolo sul costo della vita lo fanno su un paniere-standard che 
 non coincide con lo standard di vita di una famiglia normale – 
 l’effetto €uro è incontestabile, anche se magari non nelle 
 dimensioni di cui si vocifera, e cioè del raddoppio dei costi.
 Non c’è però solo quello e riflettiamo su un esempio.
 Più caro o minore capacità di spesa?
 Un ospite di un albergo di Sondrio pagando il conto della camera 
 si lamentava con il proprietario, fra l’altro anche amico, di 
 come fosse diventato caro. L’albergatore, facendo vedere come i 
 costi fossero esattamente gli stessi da almeno tre anni, gli 
 replicò facendogli presente che se trovava più cara la camera 
 che non era in realtà aumentata vuol dire che era diminuita la 
 sua capacità di spesa.
 E questo è un punto sul quale spesso si sorvola
 La spesa per i cellulari
 Nel 2003 le famiglie italiane hanno speso circa 10.800 milioni 
 di euro per l'acquisto del cellulare, un'enormità se si pensa 
 che quando comparvero per la prima volta, nel 1995, gli italiani 
 ne spendevano solo 660. Non c’è solo l’acquisto ma l’uso, 
 parecchio costoso specie fra i più giovani, tanto da far 
 puntualizzare in una ricerca sul tema “un uso parecchio ludico” 
 del mezzo. Una forte accelerazione nella diffusione si è avuta 
 fra il 1997 e il 1999, accelerazione continuata, sia pure in 
 forma minore, negli anni successivi, con la crescita, rilevata 
 dalla stessa ricerca, del numero dei cellulari in famiglia, in 
 molti casi in numero superiore ai membri della famiglia stessa.
 Nella maggior parte dei casi non ci si rende conto di quanto la 
 nuova voce del bilancio familiare incida anche per l’incremento 
 di spese che si ha per le chiamate dal numero fisso di casa al 
 cellulare.. Ciascuno può tentare di controllare tale incidenza 
 facendo i conti. Cinque-sei anni fa questa voce di spesa non 
 c’era e quindi si somma in modo rilevante all’effetto-€uro. Non 
 è finita.
 Le spese di Pantalone
 C’è pure l’incidenza indiretta di una serie di 
 provvedimenti di carattere generale, nelle Finanziarie piuttosto 
 che per problemi specifici. Per fare un piccolo esempio il 
 salvataggio dell’Alitalia, doveroso, avrà pure un costo che 
 inevitabilmente si scaricherà su tutti noi così com’è successo 
 in passato per una serie di altre situazioni, comprese alcune 
 bancarie di rilievo.
 Ma avete fatto i confronti?
 Acquisiti tutti questi elementi nonché quelli che in questi casi 
 vengono ritirati fuori dal cassetto da operatori e commentatori 
 (i servizi. le strutture, la carente promozione all’estero ecc.) 
 dobbiamo ben porre un interrogativo serio: “ma avete fatto i 
 confronti?”.
 Facciamo il caso, visto che l’una è la continuazione dell’altra, 
 della Costa Azzurra e della Costa Ligure. Là la spiaggia libera 
 è la regola e quella privata l’eccezione. Qua la spiaggia 
 privata è la regola e quella libera l’eccezione. Non basta. Là 
 la spiaggia libera ha docce, servizi igienici frequenti e in 
 perfetto ordine, pulizia quotidiana, manutenzione giornaliera, 
 chioschi di cibi e vivande e, in molti posti, i “sapeur pompiers” 
 per la sicurezza dei bagnanti (e dove si può acquistare un 
 ombrellone per soli 5 €uro!). Inoltre ordine secondo vincoli che 
 tutti rispettano. Fra gli altri c'é il divieto di musica quando, 
 per fare un esempio, la musica in riva al mare di Rimini manca 
 poco che venga sentita dall'altra parte dell'Adriatico... Qua 
 invece la spiaggia libera non è posto che attiri anche se 
 finalmente in qualche Comune la si è capita e si comincia a fare 
 quello che fanno in Francia.
 Anche in Italia...
 Per la verità anche in giro per l’Italia si trovano angoli 
 fantastici ove si può fare dello splendido mare senza spesa. 
 Prendiamo ad esempio la costa Salentina sopra Otranto e sotto 
 sino alla punta di Santa Maria di Leuca ove muore l’Adriatico e 
 nasce lo Jonio. Ma il grosso non arriva fin laggiù ove la natura 
 è splendida e i costi ancora contenuti. Abbiamo altre coste pure 
 incantevoli per non parlare di isole stupende, con fondali che 
 incantano; dove il flottare in superficie guardando sotto, pesci 
 e vegetazione e magari, se si è fortunati osservare la plastica 
 nuotata della lumaca di mare, diventa esperienza impagabile. 
 Tremiti piuttosto che le Egadi, Lampedusa e Pantelleria e chi 
 più ne ha più ne metta. Eppure sempre più gente se ne va 
 all’estero, magari in bei posti, nulla da dire, ma non migliori 
 di quelli citati che non hanno niente di meno, ad esempio, 
 rispetto alle isole del Peloponneso o alle coste della Grecia 
 per non parlare della Spagna, incredibilmente stupenda dalla 
 Costa Brava sino a Gibilterra nel ricordo di quarant’anni fa, e 
 parecchio compromessa oggi.
 Bastava essere quest’estate in aeroporto per vedere quali e 
 quanti flussi di italiani pronti a partire per le vacanze 
 all’estero. Ce lo diranno le statistiche, ma il dato era 
 palpabile con l’aggiunta delle Compagnie low-cost che convincono 
 e vincono. Chi scrive non aveva nessun progetto di tornare a 
 Parigi. Visto però che in due si veniva a spendere meno di 
 100.000 vecchie lire per il volo di andata e ritorno, e che la 
 camera al lussuoso Jolly Lotti, in Rue de Rivoli quindi al top, 
 veniva a costare 198 €uro al posto dei soliti 370, la decisione 
 dei tre giorni in trasferta. Quanti sono i sedotti da questi 
 voli low-cost? Quanti inoltre dalle offerte di soggiorni “ultimo 
 minuto”? Quanti anche dal richiamo dell’esotico che non si 
 ritrova, a torto, in località del nostro Paese?
 Fare sistema
 Nel calo si è detto che un contributo significativo lo hanno 
 dato tedeschi e austriaci ed anche americani per i quali la 
 debolezza del dollaro verso l’€uro rende più costoso il viaggio 
 in Europa – al contrario siamo favoriti noi nell’andare là -.
 Valgono tutte le ragioni dette sopra ed anche la difficoltà ad 
 organizzare un mercato parcellizzato in numero enorme di 
 operatori, ciascuno dei quali con la sua testa e con scarsa 
 attitudine “a fare sistema” secondo criteri e con gli strumenti 
 idonei per reggere alla sfida della competitività, destinata ad 
 acuirsi nel tempo.
 Di positivo c’è il fatto che il campanello d’allarme ha suonato 
 forte ed è stato ascoltato con orecchie dritte. Non basta 
 certamente, ma questo almeno è il primo passo. Chissà che, 
 magari ultimi, ma si riesca appunto "a fare sistema" Anche in 
 Valtellina.
Alberto Frizziero
GdS 20 IX 2004 - 
www.gazzettadisondrio.it
