La candidatura di Casson a Venezia e il sequestro Sgrena: i temi della settimana
 CASSON
Sento di dover toccare due argomenti diversi, perché mi sembrano 
 i temi della settimana e meritano ambedue un commento.
 Il primo 
 è il caso Casson, il secondo attiene a un problema complesso che 
 è sorto in questi giorni durante il rapimento di Giuliana Sgrena: 
 è giusto o no pagare un riscatto per i sequestrati?
 Per il primo la risposta mi sembra semplice. La candidatura del 
 giudice Casson a sindaco di Venezia tocca il famoso problema del 
 rapporto tra politica e magistratura. Io sono straconvinto che 
 una delle misure più importanti per tenere separate le due 
 strade sia quella di vietare ai giudici la candidatura alle 
 elezioni politiche e amministrative. In questo senso abbiamo 
 criticato la riforma dell’ordinamento giudiziario, che mentre è 
 punitiva in alcuni aspetti (quelli rilevati da Ciampi) non ha 
 affrontato questo, che forse è il primo problema. Quanti giudici 
 ho visto prepararsi una candidatura attraverso il lavoro 
 giudiziario, e quindi cercare le sentenze più clamorose invece 
 che quelle giuste. Ho sempre criticato in questo Di Pietro, che 
 ha lasciato la magistratura per la politica, creando quindi il 
 sospetto che sotto la sua azione in Mani Pulite vi fosse una 
 ambizione politica.
 Nelle ultime elezioni l’Ulivo ha candidato a 
 sindaco di Bari un magistrato che ricopriva un ruolo 
 importantissimo nella Procura. E’ considerato un uomo di grande 
 correttezza, ma quanto è inopportuno un passaggio dalle aule 
 giudiziarie a quelle comunali. Quindi ha ragione Cacciari a 
 candidarsi e a considerare un grande sbaglio la scesa in campo 
 di un giudice, per giunta così controverso.
SGRENA
 Dall’Iraq ci viene invece un problema angoscioso.
 E’ giusto 
 pagare un riscatto per liberare un ostaggio? Io non so se per la Sgrena si sia o no pagato, e non mi scandalizzo se lo si è 
 fatto. Ma per il futuro la questione si pone. Ed è un problema 
 che si ripresenterà certamente, perché, salvo miracoli, i 
 terroristi cercheranno altri bersagli.
 Che fare allora? Perché 
 pagare il riscatto può salvare una vita umana, ma aiuta e 
 finanzia la criminalità terroristica che può provocare altre 
 morti, e può indurre ad altri sequestri.
 Non è, si badi bene, un problema di principio. Sul piano etico 
 il pagamento di un riscatto non è condannabile. E’ un atto 
 compiuto in stato di necessità, fatto per salvare una vita 
 umana. E’ sul piano degli effetti concreti che va valutato. Se 
 il rifiuto distoglie la criminalità dai sequestri, perché non se 
 ne ottiene più un lucro, è giusto, anche se doloroso, perché nel 
 bilancio complessivo vengono salvate delle vite. Se non 
 raggiunge questo fine non vale la pena di adottarlo.
 Io credo che alla fine paghi la linea delle fermezza. Questo non 
 significa che di fronte ad un sequestro non si debbano mettere 
 in opera tutte le iniziative utili a trovare il rapito. Ma penso 
 che sia necessario fissare due punti fermi.
 Il primo è che alle 
 richieste politiche dei terroristi occorre rispondere di no, e 
 su questo vi è stata sinora una sostanziale unanimità.
 Il 
 secondo è che non si paghino riscatti n danaro. Credo che di 
 fronte alla fermezza i sequestri diminuiranno, e un po’ di 
 violenza sarà stata evitata.
 Se si sceglie questa strada bisogna percorrerla con decisione. 
 Sarà dura, è indubbio. Ma non possiamo dimenticare che negli 
 anni di piombo la fermezza dello Stato sul sequestro Moro fu una 
 terribile necessità, ma fu l’atto che assestò al terrorismo il 
 primo grave colpo.
Mario Segni
 GdS 20 III 2005 - www.gazzettadisondrio.it
