La candidatura di Casson a Venezia e il sequestro Sgrena: i temi della settimana

di Mario Segni

CASSON
Sento di dover toccare due argomenti diversi, perché mi sembrano
i temi della settimana e meritano ambedue un commento.

Il primo
è il caso Casson, il secondo attiene a un problema complesso che
è sorto in questi giorni durante il rapimento di Giuliana Sgrena:
è giusto o no pagare un riscatto per i sequestrati?

Per il primo la risposta mi sembra semplice. La candidatura del
giudice Casson a sindaco di Venezia tocca il famoso problema del
rapporto tra politica e magistratura. Io sono straconvinto che
una delle misure più importanti per tenere separate le due
strade sia quella di vietare ai giudici la candidatura alle
elezioni politiche e amministrative. In questo senso abbiamo
criticato la riforma dell’ordinamento giudiziario, che mentre è
punitiva in alcuni aspetti (quelli rilevati da Ciampi) non ha
affrontato questo, che forse è il primo problema. Quanti giudici
ho visto prepararsi una candidatura attraverso il lavoro
giudiziario, e quindi cercare le sentenze più clamorose invece
che quelle giuste. Ho sempre criticato in questo Di Pietro, che
ha lasciato la magistratura per la politica, creando quindi il
sospetto che sotto la sua azione in Mani Pulite vi fosse una
ambizione politica.

Nelle ultime elezioni l’Ulivo ha candidato a
sindaco di Bari un magistrato che ricopriva un ruolo
importantissimo nella Procura. E’ considerato un uomo di grande
correttezza, ma quanto è inopportuno un passaggio dalle aule
giudiziarie a quelle comunali. Quindi ha ragione Cacciari a
candidarsi e a considerare un grande sbaglio la scesa in campo
di un giudice, per giunta così controverso.

SGRENA

Dall’Iraq ci viene invece un problema angoscioso.

E’ giusto
pagare un riscatto per liberare un ostaggio? Io non so se per la Sgrena si sia o no pagato, e non mi scandalizzo se lo si è
fatto. Ma per il futuro la questione si pone. Ed è un problema
che si ripresenterà certamente, perché, salvo miracoli, i
terroristi cercheranno altri bersagli.

Che fare allora? Perché
pagare il riscatto può salvare una vita umana, ma aiuta e
finanzia la criminalità terroristica che può provocare altre
morti, e può indurre ad altri sequestri.

Non è, si badi bene, un problema di principio. Sul piano etico
il pagamento di un riscatto non è condannabile. E’ un atto
compiuto in stato di necessità, fatto per salvare una vita
umana. E’ sul piano degli effetti concreti che va valutato. Se
il rifiuto distoglie la criminalità dai sequestri, perché non se
ne ottiene più un lucro, è giusto, anche se doloroso, perché nel
bilancio complessivo vengono salvate delle vite. Se non
raggiunge questo fine non vale la pena di adottarlo.

Io credo che alla fine paghi la linea delle fermezza. Questo non
significa che di fronte ad un sequestro non si debbano mettere
in opera tutte le iniziative utili a trovare il rapito. Ma penso
che sia necessario fissare due punti fermi.

Il primo è che alle
richieste politiche dei terroristi occorre rispondere di no, e
su questo vi è stata sinora una sostanziale unanimità.

Il
secondo è che non si paghino riscatti n danaro. Credo che di
fronte alla fermezza i sequestri diminuiranno, e un po’ di
violenza sarà stata evitata.

Se si sceglie questa strada bisogna percorrerla con decisione.
Sarà dura, è indubbio. Ma non possiamo dimenticare che negli
anni di piombo la fermezza dello Stato sul sequestro Moro fu una
terribile necessità, ma fu l’atto che assestò al terrorismo il
primo grave colpo.
Mario Segni


GdS 20 III 2005 - www.gazzettadisondrio.it

Mario Segni
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