DIFESA DI TREMONTI

d Amarilli

Difendo Tremonti..

Farlo è in un certo senso “da kamikaze” o quantomeno un andare controcorrente, e che corrente!

Per la sinistra bersaglio numero uno, esempio preclaro dell’anti-economia, collezionista di bufale, e che collezionista visto che viene (veniva) accusato di non averne indovinata una.

Per la destra (Fini) il Ministro da mandare a casa.

Per altri, nella maggioranza e a dir poco, un Ministro scomodo.

Solo la Lega, addirittura per bocca di Bossi, lo ha difeso. La vittoria ha molti padri, il principe in soglio ha tanti cortigiani, ma se le cose cambiano i quaquaraqua – per dirla con De Sica – sono un esercito.

E io difendo Tremonti.

Non sul terreno politico, sul quale non entro. C’è già abbastanza caos. Basti pensare la data: far saltare il superministro dell’Economia alla vigilia dell’Ecofin è cosa al di là della logica, al di là del buon senso comune. E’ come quando, in piena emergenza 1987, il comandante in capo della protezione Civile, il popolarissimo Zamberletti, fu fatto fuori e nel nuovo Governo entrò invece Gaspari (che poi fece tanto per noi, ma i primi giorni furono durissimi). Non vogliamo sottacere le esigenze della politica e dei singoli Partiti, ma si poteva procedere o prima o dopo Ecofin.

Addirittura siamo, in un certo senso, al masochismo.

Quello nei confronti dello stesso schieramento di governo non mi interessa, appunto perché sto fuori dal terreno politico. Quello nei confronti del Paese invece mi interessa visto che io sono uno dei circa 56 milioni di azionisti di Italia SpA, una società non quotata in borsa. Meno male. Lo fosse dopo il Ministricidio di venerdì notte probabilmente le quotazioni sarebbero state sospese per eccesso di ribasso…

Ma allora perché difendere Tremonti, al di fuori del terreno politico?

- In primo luogo perché Giulio Tremonti è di Sondrio.

Da sempre ho sostenuto che la nostra Terra e la sua gente vengono prima di ogni altra considerazione. Sono stato lieto, e lo ho scritto sempre, in ogni occasione che un valtellinese si affermava, foss’anche un avversario politico.

Non è affatto sciovinismo ma sentimento di identità. E poi, anche questo da tener presente, ogni posizione conquistata, in qualsiasi campo, da valtellinesi può essere di utilità alla Valle. L’esempio delle nostre due banche insegna.

Nel caso in oggetto si trattava poi di una super-posizione, per giunta con una prospettiva da non scartare: Palazzo Chigi.

- E ancora in primo luogo per lo stile.

Quella lettera a Berlusconi “Accedo alla richiesta di dimissioni” è un capolavoro.

E tanto di cappello anche per la sua conferenza-stampa. Altri al suo posto qualche bordata l’avrebbe sparata. Invece niente. Una sintetica rivendicazione del proprio operato, una precisazione sui conti “affidabili per l’Europa”, e la conclusione sulla sua linea, visto che voleva diminuire le tasse ma non glielo hanno fatto fare.

- La competenza.

Spesso messa in dubbio, anche da qualche collega di Ateneo. Divertente assistere al florilegio di candidature alla successione e di relativi commenti, in tutto l’arco politico da sinistra a destra e ritorno. Ancor più divertente constatare che gli uni e gli altri, di fatto, concordano su un nome, quello che spiritosamente la Lega ha definito un terzo dell’ex-Ministro. Monti in effetti è personaggio di grande prestigio, anche internazionale. Ci si rende conto cioè che la soluzione deve essere, per non scendere di livello, di alto profilo e non ci si accorge che si tratta del, probabilmente non voluto, omaggio postumo al vituperato Ministro Tremonti.

- Poi il punto centrale del suo argomentare: per risolvere i problemi occorre la ripresa.

E’ vero, come detto da lui, che gestire il terzo debito pubblico del mondo senza essere il terzo Paese del mondo non è semplice. E’ pur vero anche che dopo l’11 settembre quello alle spalle – e in parte cospicua quello sul tavolo – è stato il periodo più terribile per l’economia mondiale ma in particolare per la nostra. La ricetta pertanto era non solo attendere la ripresa ma incentivarla con la riduzione delle tasse trasferendo risorse sul mercato per incrementare i consumi e indurre così un circolo virtuoso.

Sul piano politico si possono fare tutte le valutazioni che si vogliono, comprese quelle di Bertinotti – “invece di ridurre le tasse aumentiamo salari e pensioni” – suggestive ma irrealistiche. Si può discettare sulle modalità di riduzione delle tasse, discutere di sud e di nord, mettere in gioco liberalizzazioni si e liberalizzazioni no.

A noi però non interessa questo piano.

A noi interessa andare al concreto ricordando anche a chi è di memoria corta un certo passato.

Per Tremonti il faro era la ripresa. Un quarto di secolo fa qualcuno, di quelli con esperienza di governo e mentalità da Statista, sosteneva che prima di distribuirla la ricchezza andava prodotta. Apriti cielo contro questi “reazionari e conservatori”che osavano mettere davanti il bilancio alle “questioni sociali”! Buona parte del Parlamento, una sorta di unione sacra fra Confindustria e Sindacati (basta pensare ad una serie di accordi nei quali il conto finale veniva presentato allo Stato che, di fronte al ricatto occupazionale e alle robuste spinte padronali, doveva rassegnarsi a saldare la parcella), la cosiddetta opinione pubblica o, meglio, chi si attribuiva il ruolo della sua rappresentanza, tutti coalizzati per finanziare in parte minima gli investimenti e in parte cospicua la spesa corrente con il debito. Anni da cicale. Scrivevamo allora che stavamo assumendo un debito pauroso rispetto alle future generazioni, ovviamente in controtendenza e in piccola compagnia. I nodi sono venuti al pettine.

Chiunque succeda nel Ministero di Via Nazionale ha una sola strada da seguire: sulla base del concetto che prima si produce la ricchezza e poi la si distribuisce l’obiettivo prioritarissimo è la ripresa. Toh, ma non era l’obiettivo numero uno di Tremonti?

Il superministero

Era stata fatta una cosa ottima: tornare, com’era un tempo lontanissimo, a riunire i Ministeri della spesa, dell’entrata, del coordinamento. Basta con i dicasteri delle Finanze e del Tesoro spesso in lotta fra loro (“diminuire le spese”, “no, usare meglio la leva dell’entrata”) e con un terzo a occuparsi spesso anche di programmazione teorica.

Il Ministero dell’Economia non piace troppo al Palazzo. E’ evidente la concentrazione di potere. E’ evidente la sua forza nel dire no ad una serie di pressioni di spesa, fisiologiche in quel di Roma, e nel dire no alla richiesta, pur di avere risorse, di nuove imposte. Sono in tanti a volerlo spezzettare e se non proprio tornare alla situazione precedente quantomeno riaprire la strada ai vecchi giochetti nei quali poi si confondono persino i ruoli di maggioranza e minoranza pur di ottenere risultati settoriali o territoriali.

Chiunque fosse andato in quel posto avrebbe avuto le sue difficoltà. Figurarsi Tremonti, coriaceo e pertinace come pochi (ce lo ricordiamo in pantaloni corti in Piazza Garibaldi?).

Si cambia. L’interim non è evidentemente una soluzione. Ne verrà un’altra. Che non sia lo spezzettamento e che non si mandi lì qualcuno né coriaceo né pertinace. L’Italia non si può permettere soluzioni-camomilla.

Il carattere

Non sia detto che dimentichiamo il carattere. Se lo ha anche in privato – ma pare di no – la sua sposa è una santa. Ma ciascuno di noi è fatto come è fatto. Virtù, difetti, pregi, nei, slanci, inerzie.

La conclusione

Ci è capitato di ricordare più di una volta come il vento soffi sempre più forte sulle cime più alte. E qui non è questione di statura fisica come, a suo tempo, fu per Fanfani, lui pure accademico in materie economiche oltre che, ovviamente, cavallo politico di razza.

Vento del sud, dice qualcuno, sbagliando, perché ci sono anche gli altri aspetti della vicenda, quelli che non si vedono, non si sentono, non si leggono. Ma anche su questo non vogliamo entrare.

A noi interessa concludere con un giudizio positivo su un valtellinese che si è fatto onore e per il quale quest’uscita dal Governo non è affatto una diminutio, anzi! Il domani infatti si prospetta ugualmente interessante.
Amarilli


GdS 10 VII 2004 -
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Amarilli
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