LA STORIA E IL MEDAGLIERE
 Caro Direttore,
 la lettera del sig. Silvio Canova (vedi La Provincia del 29 
 dicembre 2003), che ho letto con il groppo in gola da tanto 
 che mi era simpatica, com’era prevedibile ha scatenato le 
 ire del dott. Provera. (vedi La Provincia Settimanale del 10 
 gennaio 04). 
 Dico subito che la lettera del sig. Canova non meritava 
 tanta acredine da parte del senatore, perché, pur contenendo 
 alcuni riferimenti storici forse inesatti ma secondari 
 rispetto alla sostanza dello scritto, nello svolgersi del 
 Suo ragionamento il sig. Canova ha parlato col cuore; con il 
 Suo ha espresso il sentimento di tanti elettori che forse 
 hanno guardato con interesse e riposto qualche recondita 
 speranza nella coerenza e nelle capacità politiche dei nuovi 
 paladini della democrazia e della libertà, quali si sono 
 presentati all’elettorato i dirigenti leghisti. 
 Insomma, un ragionamento che esprime molta amarezza e tanta 
 delusione per come sono andate le cose in questi ultimi 
 tempi: dalle promesse mancate, alle scelte discutibili di 
 politica sociale e famigliare, alla politica economica 
 persecutoria verso tanta brava gente, da parte di una 
 compagine governativa capeggiata da uno (il sig. Berlusconi) 
 che, prima dello sdoganamento e dell’incorporazione (appunto 
 della lega nord), fu bersaglio di dileggi e insulti proprio 
 dai massimi vertici di quel partito. 
 E’ pur vero che in tempi di consumismo sfrenato, dove ciò 
 che più conta è la quantità di cose che si accumulano, si 
 può ingoiare di tutto e dimenticarsi di tante cose e di 
 tanti fatti, ma alcuni di questi ultimi che hanno una 
 stretta connessione con il soddisfacimento di bisogni reali, 
 quindi carichi di aspettative, non si dimenticano molto 
 facilmente. Da qui le lagnanze e il risentimento di tanta 
 gente, ben rappresentati dallo scritto del sig. Canova.
 In quella lettera c’é del vero che merita una riflessione 
 seria, soprattutto merita rispetto, cosa che il senatore 
 sembra non aver colto rispondendo con sarcasmo polemico, 
 come ha fatto, e presentando (bontà Sua) con arroganza il 
 “medagliere” dei Suoi meriti; del resto lautamente 
 compensati da quello stato che Lui definisce “centralista, 
 corrotto, burocratizzato, una vera lebbra per il nostro 
 paese” (detto da uno che appartiene alla compagine 
 governativa é tutto dire). 
 Personalmente penso esattamente il contrario, penso cioè che 
 la lebbra (male oggi curabilissimo coi sulfamidici) sia 
 rappresentata proprio dalla lega, dalle sue stranezze, dalle 
 sue incoerenze, dalle sue turpitudini e dalle sue pubbliche 
 offese (perché quando si offende la Bandiera Italiana, come 
 ha fatto Bossi e come recentemente ha ribadito il sig. Galli 
 a Milano io, italiano del nord, mi sento profondamente 
 offeso, soprattutto se penso che simili personaggi sono al 
 governo del Paese). Ma non dispero, proprio perché la lebbra 
 é stata sconfitta con un farmaco comune, anche la lega può 
 esserlo altrettanto attraverso un gesto comune, esplicitato 
 nel segreto della cabina elettorale.
 Desidero concludere questa riflessione rammentando al 
 senatore Provera che la storia del nostro Paese, 
 tralasciando Celti, Romani e Napoleone, troppo lontani nel 
 tempo, andrebbe letta e spiegata più onestamente. I nordici 
 Savoia hanno conquistato il sud, depredandolo delle sue 
 ricchezze e introducendo nel costume comune un male 
 pernicioso: la corruzione. Non che la corruzione fosse 
 assente nel mondo degli affari, ma il guasto vero fu quello 
 di averla introdotta nelle pubbliche istituzioni, da questo 
 punto di vista il conte Cavour fu maestro; e furono sempre i 
 nordici a volere insediarsi a Roma e a farne la Capitale. 
 Quindi: a ciascuno il suo!
 Più tardi i nordici non esitarono a chiamare centinaia di 
 migliaia di contadini del sud per combattere gli austriaci e 
 liberarli dal loro dominio. E più tardi ancora i ricchi 
 capitalisti del nord Lombardo e Piemontese, non esitarono a 
 chiamare centinaia di migliaia di lavoratori del sud per far 
 girare le macchine della produzione industriale. 
 Infine, vorrei rammentare che la “padania”, supposto che 
 esista come entità geografica, é però una entità di persone, 
 di ogni ceto, di ogni provenienza interna o esterna che sia, 
 e proprio perché “persone” devono essere rispettate tutte 
 senza distinzione e senza voler loro appiccicare etichette 
 frutto della fantasia di alcuni suonatori di piano bar, e 
 men che meno devono essere cacciate a cannonate, come 
 qualche padano di grido ha sentenziato.
Valerio Delle Grave
 GdS 20 I 04  www.gazzettadisondrio.it
