ROMA VISTA DA SONDRIO: PRODI HA PERSO, MA NON ADESSO. MOLTO PRIMA

Intervistato qualche giorno dopo la caduta del suo Governo il Presidente del Consiglio Prodi, in carica per l'ordinaria amministrazione dopo la sfiducia in Parlamento, trovando le parole con difficoltà e in tono dimesso rispose più o meno così: "Eh ho perso perché…, pausa, perché…, pausa perché.. ho perso….". Al Senato, avranno pensato tutti. Infatti voti favorevoli solo 156, cinque di meno dei contrari (161) ed infine un astenuto.

Nossignori. Prodi non ha affatto perso adesso. Prodi ha perso il 14 ottobre 2007, quando con le Primarie é nato il Partito Democratico, nascita peraltro da lui commentata con entusiasmo "Sono otto anni che lavoro per questo!". E in effetti questo era il suo obiettivo, ma ce n'era comprensibilmente un altro e cioè quello di essere lui il leader come del resto il suo entourage, Ministro Parisi in prima linea, faceva chiaramente capire.

Ingenuità.

Come era possibile pensare che i DS per consistenza elettorale, per organizzazione, per presenza nella società, potessero lasciare via libera a un non DS? Ecco allora l'autocandidatura di Veltroni che qualcuno tentò di far credere frutto di una iniziativa personale all'insaputa del suo Partito e magari addirittura in polemica con qualcuno. In realtà chi doveva essere al corrente e d'accordo era bene informato e magari aveva anche partecipato, riservatamente, al primo parto. Diciamo il primo parto perché poi ci fu il secondo, quello ufficiale delle primarie, quando qualcuno, Rosi Bindi in primis, si accorse che magari il PD non era proprio quello che qualcuno, soprattutto della Margherita, aveva ingenuamente pensato. Non solo, ma questi primi mesi di segreteria Veltroni hanno indicato una cosa evidentissima: il presidenzialismo del e nel PD. Non è il solito segretario di Partito che prima di decidere qualcosa di minimamente importante deve riunire gli organi politici, discutere, far approvare la linea da tenere. Veltroni fa e disfa. La stessa Bindi all'intervistatore che faceva presente, in relazione ad alcune riserve manifestate dal Ministro, come di queste cose fosse possibile discutere in Direzione, replicava: "ma se non è stata mai convocata!".

Intendiamoci, se Veltroni facesse diversamente sarebbero pasticci. Deve andare avanti in questo modo per consolidare il Partito, confermando pertanto quanto eravamo andati scrivendo parecchio tempo fa e cioè che, data per scontata la sconfitta elettorale dopo una crisi "fortunatamente arrivata tempestivamente", il da farsi era preparare il terreno per vincere al prossimo giro. Non solo per vincere ma attrezzandosi per avviare una egemonia di non breve periodo.

C'è chi fa da sponda.

Nella scorsa campagna elettorale il direttore del Corriere della Sera Mieli aveva preso posizione con un articolo fortemente commentato. In sostanza aveva scritto: NO a Berlusconi, se proprio dovete votare di là votate almeno Fini e Casini. Era una opinione diffusa in un certo entourage di poteri forti che tutto si aspettavano tranne quello che fu invece il risultato elettorale. Due cose non erano andate per il verso giusto: Berlusconi non era morto (politicamente, s'intende) e Prodi doveva fare i conti, e che conti, con l'estrema sinistra. Lo stesso entourage che oggi tifa per Veltroni, liberatosi dalle "scorie" estreme, e per la Cosa Bianca nella prospettiva di un futuro centro-sinistra "pulito" di tipo europeo.

La gatta frettolosa fa i bambini ciechi, dice la saggezza popolare, e forse la fretta è stata eccessiva. Dipenderà dal risultato elettorale se la Cosa Bianca riuscirà a sopravvivere nel tentativo poi di consolidarsi e anche se la politica di Veltroni (Veltroni - D'Alema?) potrà avere un convincente seguito. D'interesse di analisti attenti infine la composizione delle liste elettorali del Partito Democratico, anche di quelle lombarde.

a.f.

a.f.
Politica