LA FAVOLA DELLA RIDUZIONE DEL NUMERO DEI PARLAMENTARI

C'era una volta l'Eco. In una grotta della montagna abitava questo Essere senza corpo ma con una voce chiara e dolce. Quando qualcuno all'ingresso chiamava, ad esempio, "Deputati!", lui rispondeva di rimando: "Deputatiiii!".

E così anche in quel di Roma, Palazzo Chigi ma anche Palazzo Madama, quando qualcuno diceva "riduzione" non c'era lui a rispondere "riduzione" ma al massimo arrivava un "...one" che poteva voler dire di tutto, da riunione a pensione, tranne che la risposta giusta.

A parte quelli a vita, i senatori sono 315, i deputati 630. Ormai tutti sono convinti, in ogni caso rassegnati, che bisogna ridurne il numero. Fa una certa tenerezza sentire in TV persone anche qualificate a dire, senza accorgersio che si tratta di una castroneria grossa come una casa, che si tratta di una cosa, semplice da fare subito purché esiste la volontà.

Di fronte a simili affermazioni tutti gli italiani, lattanti e cun altro esclusi, hanno ragione a lamentarsi ed anche ad arrabbiarsi perché interpretano la cosa come una non volonjtà di tagliare.

Non é così.

Non basta andare in aula e approvare una legge di un solo articolo:"il numero dei senatori e quello dei deputati é ridotto della metà. Il Ministro dell'Interno é delegato a provvedere".

Deciso, ad esempio, che i deputati devono essere la metà, ovvero 315, bisogna vedere come distribuire questi 315 nel territorio. Oggi ci sarebbe il "porcellum" che nessuno vuole più. Bisogna quindi vedere come sarà la legge elettorale. Se fosse come il Mattarellum che regolò le elezioni del 1994 e le due successive per la Camera noi avremmo un collegio solo comprendente la provincia di Sondrio e qualche comune aggregato. Ricordiamo che nel 1994 avevamo due collegi in provincia per la Camera, eletti Elena Ciapusci ed Oberti, e uno per il Senato, eletto Paini, comprendente oltre i nostri 78 comuni anche 57 comaschi e 31 lecchesi. Con la riduzione a metà dei senatori il collegio di Lecco sarebbe formato da quasi tutti i loro comuni più quelli della nostra provincia. Scenderemmo in definitiva a un solobrappresentante a Roma.

In altri termini la riduzione del numero dei parlamentari richiede uno stretto collegamento con la legge elettorale. Il caso dianzi evidenziato é relativamente semplice, anche se la scelta resta comunque complessa, perché in genere non ci sono confini definiti e in molte situazioni da quelli può dipendere l'esito elettorale in un senso piuttosto che un altro.

Geografia a parte resta il problema di garantire ai partiti o movimenti piccoli - per i piccolissimi deve pensarci il quorum - come riuscire ad avere una loro rappresentanza in Parlamento.

Infine le preferenze. Non guardiamo la nostra di situazione ma quella, ad esempio, delle grandi città. Il rischio é che vinca chi ha più soldi da spendere in campagna elettorale, divenuta dispendiosissima perché ai mezzi tradizionali si erano aggiunte le TV locali. Ora ancora peggio visto che si é aggiunto il web, fra l'altro difficile da scegliere.

Se poi il Governo fosse la riedizione di quelli d'un tempo definiti balneari con la prospettiva di tornare al voto in autunno, massimo la primavera prossima il rischio é che la favola cominci così: "C'era una volta la voglia di tagliare ma..."

GdS

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