LA RIFORMA DELLA SCUOLA E LA COMUNICAZIONE
La quasi totalità degli organi di informazione mostra piazze, scuole e università occupate da studenti e docenti intenti a manifestare contro la riforma Gelmini. Ciò che invece viene clamorosamente oscurato è il dato che la maggior parte del corpo studentesco partecipa regolarmente alle lezioni. Davvero strampalato un sistema mediatico che da spazio ad una minoranza caciarona e censura una maggioranza silenziosa. Eppure, per comprendere la credibilità dialettica ed argomentativa degli "agitatori di professione senza voglia di studiare", basterebbe ascoltare le risposte che vomitano ai media che danno loro corda. Nessuno che dica qualcosa di diverso da "giù le mani dalla scuola pubblica; no al maestro unico; no ai tagli decisi dal governo". Nemmeno uno che abbia l'obiettività di dire "basta ad una scuola pubblica buona sola a creare posti di lavoro (basti pensare all'impiego di 160.000 bidelli ed a una pletora assurda rispetto ai paesi europei, di insegnanti e ricercatori); no alle baronie che distribuiscono ruoli, potere e prebende ai loro parenti e "simpatizzanti"; no allo spreco di denaro pubblico in corsi e specializzazioni assolutamente inutili e ridicoli; no al 6 politico; si al voto espresso in cifre e bocciatura per i bulli dalla bassa condotta". Ma l'elenco del marciume del mito della scuola pubblica potrebbe continuare all'infinito. Peccato che gli "studenti" che preferiscono l'ipod e le soleggiate giornate autunnali alle faticose lezioni in classe, queste italiche vergogne le tengano scrupolosamente nascoste. Bene hanno fatto dunque Berlusconi e Maroni a reclamare l'intervento della polizia e della magistratura per smorzare le fregole rivoluzionarie della minoranza"fascista" (che in realtà è comunista) che impedisce con metodi terroristici e dittatoriali (leggasi "okkupazione" e manganellate) il diritto allo studio della maggioranza non ideologizzata. L'opposizione inoltre (vera regista occulta assieme ai centri sociali dei moti di piazza), dovrebbe vergognarsi di soffiare sul fuoco della protesta nella speranza che il governo bruci. Nessuna riedizione tardiva post sessantottina riuscirà ad impedire la riforma della scuola che prima o poi qualche governo coraggioso doveva pur fare. Il 68 è morto e defunto e il governo Berlusconi regge l'Italia.
Gianni Toffali