SUL TEMA DELLA RIFORMA DELLE PROVINCE, E DEL LORO COSTO, INTERVIENE L'AVV. ANDREA DANTI ASSESSORE AL TURISMO DELLA PROVINCIA DI VITERBO

Da Unionturismo

Lungimirante ed apprezzata la relazione dell'Assessore al Turismo della Provincia di Viterbo Avv. Andrea Danti svolta a Trento durante l'assise nazionale dell'Unionturismo. Il dato più significativo di questo intervento chiarificatore sul costo di funzionamento di tutte le province d'Italia ci consegna una percentuale dell'1,35% del costo complessivo della gestione statale che ogni anno assomma a circa 800miliardi di Euro. Appare quindi demagogica la proposta di abolire "tout court" tutte le province italiane, mentre è auspicabile una riforma dell'Ordinamento costituzionale ed istituzionale capace di riorganizzare il sistema delle province con accorpamenti e riduzioni che tengano veramente in considerazione le ragioni economico - geografiche e le condizioni logistiche di ciascuna importante realtà provinciale partendo appunto dalle funzioni espletate nel pubblico interesse. Nel dibattito aperto coraggiosamente ed opportunamente dall'On. Nicola Bono Presidente della Provincia Regionale di Siracusa interviene ora l'Avv. Andrea Danti: "La riforma che ha interessato le province, a parere di chi scrive, è iniziata male e finita peggio ed è stata inspirata soltanto da pura e semplice demagogia, posta in essere in un momento di antipolitica come quello che attraversa il nostro paese e che ha avuto una clamorosa conferma in occasione delle ultime elezioni politiche. Si è voluto far passare il messaggio che abolendo (o riordinando) le province si sarebbero risolti tutti i problemi del paese ma, così, evidentemente, non è. Le province costituiscono, infatti, l'ambito territoriale ottimale per svolgere le funzioni che storicamente sono loro assegnate e la soppressione (o il riordino) delle stesse determinerebbe semplicemente una perdita di servizi per i cittadini. Non mi dilungo su questo punto in quanto chi conosce il funzionamento della macchina amministrativa si rende perfettamente conto a cosa mi riferisco. Come pure ritengo assolutamente inopportuno che si sia pensato di modificare l'ordinamento costituzionale ed istituzionale dello stato con una decretazione d'urgenza. E' sintomatico, sul punto, che la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi il 6.11.2012, non abbia preso alcuna decisione e rinviato la controversia a nuovo ruolo. Soffermerò, invece, alcune riflessioni sugli aspetti economici che la soppressione (o il riordino) delle province verrebbe a determinare. Innanzitutto va ricordato che il costo di funzionamento di tutte le province italiane incide sul costo complessivo della intera pubblica amministrazione per una percentuale pari all'1,35% del totale! Se, dunque, come inizialmente il governo aveva intenzione di fare, si fossero ABOLITE TUTTE le province italiane, dipendenti e competenze comprese (!) si sarebbe ottenuto un ben misero risparmio, pari all'1,35%. E' ovvio che una siffatta ipotesi è una vera e propria provocazione in quanto i dipendenti delle province non potevano essere licenziati, come pure le scuole dovevano essere aperte e riscaldate, le strade asfaltate e così via. A ben vedere, dunque, nessun risparmio si sarebbe ottenuto dall'ABOLIZIONE delle province, ma una semplice redistribuzione di competenze e costi (ad es. di personale) ad altri Enti, in particolare le Regioni. Con una ulteriore conseguenza. Il costo del personale regionale (mi riferisco in particolare alla Regione Lazio), a parità di inquadramento, è di gran lunga superiore a quello del personale provinciale e, dunque, l'abolizione delle province ed il trasferimento delle competenze e del personale alla regione, non soltanto non avrebbe determinato alcun risparmio, ma un aggravio dei costi, da noi stimato in un + 5%. Altro che risparmio! Se l'ipotesi di partenza era dunque l'abolizione di tutte le province e ciò avrebbe comportato addirittura un aumento dei costi, i correttivi man mano apportati si sono rilevati ancora peggiori. Il governo aveva, infatti, deciso, in un secondo momento, di sopprimere non tutte le province ma soltanto quelle che non rispettavano 2 parametri sui 3 inizialmente individuati (numero di abitanti, estensione territoriale e numero di comuni), parametri successivamente, ridotti a due (numero di abitanti ed estensione territoriale), entrambi richiesti per la non soppressione. A seguito di tale ultima modifica ad esempio, nel Lazio si sarebbe dovuto procedere all'accorpamento di Rieti con Viterbo e di Latina con Frosinone. Poiché la norma prevedeva, poi, che la sede e gli uffici principali sarebbero rimasti nel comune più popoloso (nel nostro caso Viterbo), si sarebbero resi necessari continui spostamenti da Rieti e provincia a Viterbo, con conseguenti aumenti di costi (nonché disagi facilmente intuibili). Per non parlare, poi, del fatto che Viterbo e Rieti hanno poco o nulla in comune, se non una striscia di confine di circa 25 km. Ancora più curiose le conseguenze che avrebbe prodotto l'accorpamento (o il riordino) tra Frosinone e Latina; la provincia di Latina sarebbe venuta meno in quanto non rispettava i due parametri di cui si è detto, sarebbe stata accorpata alla provincia di Frosinone ma il comune capoluogo sarebbe diventato Latina in quanto più popoloso di Frosinone! Ritengo, dunque, che il congelamento di un anno disposto a dicembre 2012 sul riordino delle province sia stato non soltanto opportuno ma necessario e spero l'organo legislativo approfitti di tale periodo per valutare con più attenzione e meno demagogia ciò che serve per riformare la pubblica amministrazione, tagliare i costi (o meglio gli sprechi) e, soprattutto, non penalizzare ulteriormente i cittadini".

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