POLITICA E MAGISTRATURA. MAGISTRATURA E POLITICA

Riceviamo e pubblichiamo:

Speravo di non dover scrivere questa lettera. Perché sono tra i tanti italiani, di varie parti politiche, che all'indomani delle elezioni sono stati lieti che vi fosse un vincitore chiaro con una maggioranza ampia, che hanno plaudito alla determinazione con cui Berlusconi ha affrontato il problema dei rifiuti a Napoli e si sono indignati per l'attacco della magistratura napoletana; che pur avendo (almeno io) forti ris erve sulla Lega hanno comunque plaudito alcune iniziative di Maroni; che vedono cose interessanti nelle prime mosse di Tremonti. Ma sono anche fra quelli che oggi guardano con angoscia, con sgomento, a quanto sta accadendo, che vedono nuovamente un paese incartato e bloccato mentre il mondo cammina. E dico subito, e mi dispiace dirlo, che la maggiore responsabilità sta sul presidente del Consiglio, ma che la maggioranza, tutta la sua maggioranza, ha colpe forse maggiori.

Le strumentalizzazioni politiche della magistratura italiana sono un fatto vecchio: risalgono a molto prima di Mani Pulite (che fu invece un evento di grande moralizzazione), ai pretori d'assalto, alle procure delle nebbie. Non sono un fatto grave ma gravissimo, e richiederebbero misure assai più forti di quelle prese: non solo la separazione delle carriere, ma il divieto di candidarsi per i magistrati e l'obbligo dell'anonimato sulle vicende di cui i giudici si occupano. Anche nelle vicende berlusconian e vi sono state strumentalizzazioni, e molte (ma non sembra nel processo Mills, da cui deriva la cagnara di oggi). Per non parlare dello spettacolo vergognoso delle intercettazioni private date in pasto ai media.

Tutto vero e tutto grave. Ma nulla autorizza chi ha le massime responsabilità politiche, e cioè il Presidente del Consiglio, a sottrarsi al più elementare dei doveri, quello di sottostare alle decisioni della magistratura. Nulla gli consente di infrangere il principio per cui tutti siamo soggetti alle leggi e di fronte ad essa siamo uguali. Ebbene è proprio quello che sta accadendo, con il combinato disposto del rinvio di un anno di una quantità di processi e con il famoso lodo che nel frattempo blocca i procedimenti contro le alte cariche. E non vale dire che è una risposta agli eccessi giudiziari. Perchè non sono assolutamente sullo stesso piano (ed è incredibile che nessuno dei grandi soloni lo abbia detto) la violazione delle regole da parte di un giudice e q uella di chi ha le più alte responsabilità politiche, che proprio per le sue altissime funzioni ha doveri del tutto particolari, e le cui infrazioni sono un colpo mortale alla dignità dello Stato.

Ma ancora più incredibile è che dentro la amplissima maggioranza di oggi nessuno, ripeto nessuno, abbia avvertito la straordinaria gravità di quanto sta accadendo e abbia sentito il dovere di esternare il suo dissenso. Incredibile che nessuno abbia sentito il bisogno di porre il problema, che non è quello di essere pro o contro Berlusconi, ma quello del principio di legalità. Nessuno si sia reso conto che si scava un fossato incolmabile tra due Italie, perché una parte del paese rimarrà convinta di subire una sopraffazione intollerabile e di assistere a un colpo gravissimo allo Stato di diritto. Nessuno ha pensato che sarebbe nell'interesse dello stesso Berlusconi suggergli dei limiti, porgli degli argini, per evitargli di passare alla storia come un sopraffattore, mentre oggi a vrebbe tutte le possibilità di diventare un salvatore del paese.

Berlusconi sapeva di ricandidarsi avendo dei processi pendenti. Lo sapevano anche gli italiani, che nonostante questo gli hanno dato un mandato ampio. Ha quindi il diritto di governare per cinque anni, quale che sia l'esito dei processi. Accettare le regole processuali, come fece Andreotti, gli avrebbe giovato. Comunque sarebbe stato un dovere verso l'Italia, perché l'unica cosa che non ha il diritto di fare è quello che sta facendo.

Dico tutto questo ben sapendo, non solo di non poter minimamente influire su quanto sta accadendo, ma di esprimere opinioni di netta minoranza, come dicono tutti i sondaggi. Ma nei momenti difficili ognuno deve avere il coraggio di dire quello che pensa. Solo un paese che pensa e discute rimane civile.

Mario Segni

Mario Segni
Politica