5 30 EUROPA, CRISI, IMMIGRAZIONE. ITALIANI CHE PERDONO IL LAVORO. ALTRI CHE FANNO QUEL CHE GLI ITALIANI NON VOGLIONO PIU' FARE. ECCETERA

Devo ammetterlo: amo poco le trasmissioni di "approfondimento" politico.

Troppo di parte, ascolti Santoro (faccio per dire) e potresti già prima affermare ... che parlerà male del Berlusca. Apre la bocca Travaglio ... e credo nessuno dubiti affermerà che tutti (ma proprio tutti) i mali italici, dal 1860 in poi siano colpa del Cavaliere ..!

Ma stasera ho voluto fare un'eccezione, ascoltando un tratto dell'Infedele, sulla Crisi Greca, (forse) Ispano-Portoghese et similia.

Ma quando sindacalisti ed assimilati hanno iniziato a scivolare sul "politico" nostrano ho cambiato canale. Non perché pensi che il ns governo sia al top ma poiché qui ci si trova di fronte a problemi che vanno molto, ma molto oltre l'orizzonte dell'Italia e reputo segno del grande provincialismo della nostra politica affrontare queste tematiche in un'ottica italiaca e non europea se non mondiale.

Ma non è questo il punto.

Operai della Bialetti che - pare - stia per "delocalizzare" (in Romania, come sempre), protestavano, affermando "noi non ci stiamo". Ed aggiungendo che in Provincia di Verbania è crisi sociale, causa la disoccupazione.

A parte il fatto che quel "io non ci sto" non comprendo bene cosa voglia significare, fatico a comprendere come il nostro governo, sia di destra o di sinistra, stante i vincoli EU, possa "evitare" le delocalizzazioni.

Abbiamo voluto estendere ad oriente l'EU, ammettendovi Paesi con redditi e stipendi che sono il 10% o poco più di quelli dell'EU occidentale?

Ed adesso pedaliamo.

Quando alcuni politici, tra cui taluni della Lega (ma non solo ..) segnalarono il rischio, fu risposto (con malcelata sufficienza) che la Lega era antieuropeista.

Il che potrà pure essere ma ... oggi facciamo i conti col problema.

E fatico assai, almeno in tempi brevi, a vedere una soluzione.

Del resto quando la FIAT portò macchinari e produzioni in Polonia, ove un operaio (all'epoca) guadagnava circa 1/5 di quello di Torino, non mi risulta che i sindacati abbiano protestato.

Il fatto è che allora lo faceva la FIAT, oggi agiscono alla stesso modo medie e persino piccole imprese. La crisi non c'entra per nulla.

Già 10 anni orsono, a Timisoara, nel Banato rumeno, sembrava di essere in Italia, tanti erano gli imprenditori ed investitori italiani!

Attenzione, non dico sia bene o bello.

Ma mi chiedo - stando dentro le regole EU - cosa si possa fare, considerando pure che gli "aiuti di stato" sono assai mal visti da Bruxelles (e sovente dichiarati illegittimi).

Si dice che gli Italiani siano tra i più europeisti del continente.

Se si, a parole, ma poi, quando saltano i posti di lavoro, ci si accorge come l'EU non siano solo rose e fiori.

Ma i politici, sindacalisti, giornalisti da sempre filo EU dovrebbero spiegare, al popolo sovrano (e magari col posto di lavoro in bilico), oggi di Verbania, domani di Sondrio o Vicenza, che "questa" EU è fatta così: basata su regole di mercato.

E non è detto che un'altra più "solidale", ammesso che fosse accettata da tedeschi, inglesi ed altri (credo proprio di no ..!) sarebbe meglio.

Probabilmente si trasformerebbe in un grande carrozzone di stile sovietico ed alla fine ci sarebbe ben poco da gioire, pure per i disoccupati di Verbania.

Ma un'altra ipotesi ritengo plausibile.

Considerazione certo assai "politicamente scorretta" ma che da mesi mi frulla in testa.

Quanti immigrati regolari vi sono in provincia di Verbania?

E quanti nelle vicine province di Novara, Vercelli, Varese?

E' un dato ufficiale: è l'Italia, tra i Paesi EU, quello che negli ultimi anni ha avuto il MAGGIORE incremento percentuale d'immigrati (beninteso parlo solo di "regolari").

Oramai gli immigrati, nel nostro Paese, rappresentano quasi il 10% della popolazione.

Facciamo qualche esempio: in Valmalenco, nelle cave, lavorano decine di cinesi e parecchi polacchi. Le badanti, in Valtellina, sono in larghissima parte (come in tutta l'Italia centro-settentrionale) straniere. A Sondrio chiunque noterà molti immigrati. E parliamo di quelli che "vediamo": cinesi, arabi, neri, orientali, in parte sudamericani. Perché se incontriamo per strada un polacco od una rumena certo non la distinguiamo da un italiano.

In Brianza (provare per credere) vi sono centri ove la forza lavoro della (relativamente) fiorente economia locale è costituita per circa il 50% da neri.

Persino nell'Italia meridionale gli immigrati, pur non così numerosi come in Lombardia o Veneto, sono assai presenti.

Ed aggiungo, gli stessi immigrati sono pure numerosi in quegli stati, come Grecia ed (ancor più) Spagna, oggi in crisi o con pericolo di crisi.

Il caso spagnolo è emblematico: nonostante Zapatero, la Spagna ha una disoccupazione che è circa il doppio di quella italiana: al 20%. Uno spagnolo su 5 è senza lavoro.

Ma nel Paese arrivano, a frotte, dal vicino Marocco, Magrebini in cerca d'occupazione. Che sovente trovano.

Allora delle due l'una: è vero che Italiani, Spagnoli, Portoghesi e Greci non vogliono più fare certi lavori (.. pure l'operaio in Brianza ..?!?).

In questo caso hanno poco da lamentarsi. La nostra Costituzione dice invero che l'Italia è fondata sul lavoro. Ma non certo promette a tutti un buon posto pubblico od in banca.

Ed allora chi è senza lavoro, si rimbocchi le maniche, andando a cercare quei lavori - regolari beninteso - oggi appannaggio degli stranieri, per il rifiuto degli europei ad "abbassarsi" a quei compiti. Non credo lo Stato debba aiutare chi pretende un "certo" tipo di lavoro o niente.

Ma incomincio a pensare che, almeno in parte, la verità sia un'altra.

Gli imprenditori "preferiscono" lo straniero. Meno sindacalizzato, meno stabile, con meno pretese, sovente ben contento di "accontentarsi" di condizioni peggiori del lavoratore italiano, stante che - a casa sua - il lavoro sarebbe ben più duro e molto meno retribuito.

Ed allora si è creata una spirale perversa: imprenditori che "preferiscono" gli stranieri, che trovano "spalla" in associazioni, giornalisti, partiti politici (in parte pure la Chiesa) che a tutti i costi "appoggiano" gli immigrati, sopratutto per motivazioni ideologiche.

In tal modo gli unici a guadagnarci realmente sono i datori di lavoro (italiani ma oramai pure con la presenza di qualche straniero). Ci perdono i lavoratori italiani che, chiedendo ciò che è giusto (o che credono tale) si vedono preferire la manodopera immigrata. Ma pure questi, in fondo, sono sfruttati: è vero, il lavorano lo trovano ma sovente a condizioni peggiori di quando sarebbe loro diritto. Altrimenti perché il "padrone" preferirebbe lo straniero all'italiano?

Francamente non vedo una terza alternativa alle due che - certo con un poco di schematismo - ho illustrato. Se le cose stessero realmente in questo modo, prima di parlare di disoccupazione e crisi, dovremmo rivedere alla radice questi meccanismi dai perversi risultati.

Naturalmente se qualcuno mi segnalerà ove sbaglio, sarò ben felice di prenderne nota.

Ma con fatti, non con enunciazioni teoriche.

Grazie.

Nemo Canetta

Nemo Canetta
Politica