Le implicazioni economiche dell’attacco Usa all’Iraq

Come fare ad uscirne? Anche se Rumsfeld parla di 12 anni...


Sempre più disastroso il
bilancio
Man mano che passa il tempo diventa sempre più disastroso il
bilancio della scelta USA di usare le maniere forti contro
Saddam, e sempre più deleteria la figura del Segretario di Stato
alla Difesa Rumsfeld, il falco del Pentagono che ha raggruppato
in sé dilettantismo ed arroganza. Basta ricordare infatti come
rispose sprezzantemente agli inviti alla prudenza che gli
venivano da vari uomini di Stato europei: “voci della vecchia
Europa”. Il Presidente della Commissione europea Prodi, come
fertilità di battute lontanissimo da Andreotti, riuscì però in
tale occasione a scovarne una felicemente rappresentativa della
situazione: “Non è la vecchia Europa, è la saggia Europa!”.


Era la saggia
Europa...


Era la saggia Europa che vedeva molto davanti al naso, che
sapeva che non bastano i muscoli per risolvere le vertenze, che
sapeva che il Medio Oriente è una polveriera sotto molti
profili, che l ’Irak, era l’unico Paese islamico a fare la
scelta di laicità dello Stato, che tanti anni di regime avevano
prodotto la liquefazione di ogni forma di opposizione, che gli
anti-Saddam sparsi nel mondo occidentale non avevano alcuna
credibilità e quindi, come si è visto, ascendente zero.

Che, aprendo il coperchio, sarebbero riemerse le divisioni
tribali ed etniche, che sarebbe stato un gettare benzina sul
fuoco del fanatismo religioso.

Che il prezzo, sotto ogni profilo, sarebbe stato alto.

Non è stato alto, è stato altissimo.

Nella guerra del Golfo gli statunitensi avevano perduto alcune
decine di uomini in tutto, e gran parte di questi per il missile
irakeno piombato su una base USA. Il bilancio di vite umane
della seconda guerra irakena è spaventoso per via dello
stillicidio quotidiano che non guarda in faccia nessuno, bimbi,
anziani, donne. In questo contesto pesano anche le perdite
americane che si stanno avvicinando ai 2000 soldati, 900 circa
dei quali da quando si è insediato il primo Governo a Bagdad.

Questo il bilancio che tragicamente conta di più.

Poi c’è quello politico, e ne parleremo dopo.

Infine quello economico che ha superato ogni più pessimistica
previsione per le spese senza vedere gli ipotizzati utili del
petrolio.

E adesso, colmo dei colmi, vien fuori che sono in corso contatti
con la resistenza interna nell’ingenuo tentativo, molto
Rumsfeldiano, se non di far sparire la violenza quotidiana
quantomeno di limitarla. Evidentemente le opinioni dei generali
USA a partire dal Comandante in Capo, minimizzate, contrastate,
ovattate, hanno avuto la loro inevitabile conclusione, data la
situazione. Il controllo c’è, ma solo fino a un certo punto,
nelle città maggiori, fra una bomba, un kamikaze, un’auto
imbottita di tritolo e via dicendo. Il governo fa quel che può
e, nonostante che siano tornati in servizio poliziotti, soldati,
ufficiali di Saddam, ce ne passa per riuscire ad avere un minimo
di controllo. Ha un bel dire il Governo che per debellare “i
ribelli” ci vogliono un paio d’anni. Rumsfeld ha parlato di 12,
quasi a dire, da falco che perde il pelo e la faccia – ma non il
vizio “noi USA siamo pronti a restare a lungo se occorre, quindi
non illudetevi!”, dimenticando che non avrà la stessa
determinazione e la stessa sicumera – pensando anche al
portafoglio – il contribuente americano. Per giunta non è fuori
posto ricordare al Segretario di Stato che lui può parlare al
massimo per tre anni. Poi toccherà ad un altro Presidente. Che
sia repubblicano o democratico, una cosa è cortissima e cioè che
non solo Rumsfeld se ne andrà a casa ma anche la sua politica.
Pensavano in molti, e in parte anche noi, che dopo la sua
rielezione Bush si sarebbe liberato di un così ingombrante
fardello, un peso per gli storici futuri che dovranno occuparsi
di questi due mandati di Bush junior. In effetti, giudicando a
posteriori, farlo sarebbe stato per il Presidente un autogol,
ammettere di avere sbagliato a dargli fiducia, a continuare a
dargliela, ad assecondare la sua “falconeria” visto in f in dei
conti che l’unico risultato è stato quello di catturare Saddam,
l’ingombrante Saddam che deve essere processato fuori dell’Irak
ma non si sa dove. La neutralissima Svizzera, nonostante i
cospicui vantaggi economici, e non solo, che le verrebbero
dall’essere per un lungo tempo al centro dell’attenzione
mondiale, ha rifiutato di ospitare il processo e adesso si sta
cercando di convincere la Svezia.

PRIGIONIA, MORTE DEI FIGLI, PUR “DI NON SCAPPARE”

Quel Saddam che la sua famiglia, con molti Paesi a spingere in
questa direzione, avrebbe voluto lasciasse il potere e l’Irak.
Pareva pronta a riceverlo la Mauritania e con lui i suoi figli,
Non ha voluto saperne “di scappare”. I figli morti e lui
prigioniero. E’ un aspetto che fa, o comunque dovrebbe far
pensare. E ancora quel Saddam le cui prime parole una volta
catturato erano state “America, perché?”. Già, perché?

La prima motivazione era stato il terrorismo che avrebbe trovato
protezione e appoggi in Irak. Una invenzione che non ha retto,
sapendosi bene che là il terrorismo non godeva affatto buona
stampa e non per ragioni umanitarie ma per una ben più solida,
là: era una questione di autotutela del regime.

E’ arrivata allora la seconda, quella a cui tanti avevano
creduto: le armi di distruzione di massa.

In realtà la guerra era stata decisa. Ricordiamo un nostro
scritto del 28 febbraio 2003
( tuttora leggibile all’indirizzo

 http://www.gazzettadisondrio.it/edit8mar03.html )

SCRITTO PRIMA DELLA GUERRA

”La guerra non dipende da noi, ma dalla storia del papiro….
…..Dicevamo del papiro. Non si prenda quanto diremo come
divagazione perché in realtà é una cosa molto seria.

Un tempo, quando la goliardia era di casa nelle Università, le
matricole dovevano avere oltre al tesserino universitario,
quello ufficiale, anche un documento "ufficiale" della
goliardia: il papiro. Rogorosissime regole stabilivano cosa
doveva contenere e regole non scritte prescrivevano modi e
qualità. Ogni matricola, avvicinata dagli "anziani" doveva
esibirlo e scontare le conseguenze se c'era qualcosa fuori
posto. Si andava da qualche aspetto burlesco, all'offerta di
sigarette, all'offerta da bere e fino a veri e propri "processi"
nel caso di mancanze gravi.

Di rado capitava che tutto fosse a posto. Quando, controllato
come al microscopio questo papiro nulla c'era da obiettare,
anche in termini di qualità, l'anziano apriva le dita che lo
tenevano, lo lasciava andare e quello, per la newtoniana
gravità, calva verso terra. Esclamazioni di disappunto e
rimprovero degli anziani: "Ma come, questo papiro non vola!", e
il malcapitato doveva comunque pagare pegno.

Siamo tragicamente in una situazione simile.

Pannella desolato in TV si chiedeva come mai l'appello radicale
per un volontario esilio di Saddam, in questo sollecitato anche
dai suoi familiari per timore che faccia la fine di Ceausescu o,
andando bene, di Milosevic, non fosse stato ripreso dal Governo
italiano o da quello di altri Paesi.

Niente da fare. Non sarebbe servito neppure quello. Il papiro
non vola. La guerra s'ha da fare. Occorrerebbe un miracolo di
San Francesco, il santo della pace per antonomasia, per evitare
il conflitto”.

INEVITABILE PERCHE’ GIA’ DECISO

Era inevitabile, perché già deciso. Indipendentemente da
motivazioni, iniziative ecc. E’ così facile prendere le
cantonate… Un po’ tardi se ne stanno accorgendo anche negli USA
con l’eloquenza statistica dei sondaggi. Il guaio è che a questo
punto di soluzioni non ce ne sono. E i “ribelli” lo sanno, come
lo sa chiunque, tranne forse chi in Italia crede sul serio che
si possano ritirare i nostri soldati. Sì, si può fare tutto e
quindi anche imbarcarli ma questa sarebbe cosa da Paese delle
banane, da pagarsi a caro prezzo!

UN PATRIMONIO IRRIPETIBILE BUTTATO VIA!

E che dire di quel patrimonio irripetibile buttato via, gettato
al vento, sprecato nel modo che definire dilettantesco è ancora
poco? Noi abbiamo la fortuna di dover scrivere partendo da una
posizione assolutamente chiara. Noi siamo stati e siamo amici
degli americani, di quegli americani senza dei quali la croce
uncinata dominerebbe il mondo in nome della “pura razza
ariana”..

E gli amici hanno il dovere morale e politico di aprire gli
occhi – e, se c’è bisogno, di tirare la giacca - quando
ritengono che il loro amico sbagli. Gli amici si mangiavano le
unghie e si rodevano il fegato nel vedere una escalation
dall’esito scontato che avrebbe creato più problemi di quanti ne
avrebbe invece risolti. Basta leggere i nostri articoli di
allora. Non eravamo i profeti del giorno dopo, della categoria
di quelli che realizzano il “14” al totocalcio giocando la
schedina a partite finite. Neppure i profeti del giorno prima, o
della settimana, o del mese prima ma analisti che valutavano i
futuribili in maniera razionale, e anche nel modo giusto come la
realtà successiva ha comprovato.

Torniamo indietro, all’11 settembre.quando alle 8.50 inizia
quella che quasi tutti chiameranno azione terroristica e che
invece è un’azione militare vera e propria. Gli aerei con i
passeggeri dentro vengono usati come proiettili per colpire le
due Torri Gemelle e il Pentagono. Il quarto aereo finisce giù
per conto suo nei pressi di Pittsburgh. Si dirà di una reazione
dei passeggeri a bordo. Altri lo considereranno abbattuto dai
caccia USA prima che volasse verso la Casa Bianca.

L’azione è stata di grande complessità. Tecnicamente ben
preparata da gente del mestiere. Una operazione militare in
grande stile. Politicamente autogol spaventoso. Tutto il mondo,
o quasi, inorridisce e si stringe con gli americani e con
l’America.

E’ il punto più alto nei 225 anni, due mesi e nove giorni
trascorsi dalla dichiarazione di indipendenza sino all’11
settembre 2001. Gli Americani, a torto o a ragione – spesso a
torto – con tante simpatie hanno sempre registrato anche non
poche antipatie. E’ un variegato insieme di circostanze, cui si
somma la forte componente emotiva di ciascuno di noi, che vede
una solidarietà stradiffusa con gli USA, con un tasso molto
elevato di consapevolezza e di convinzione.

Patrimonio gigantesco che avrebbe richiesto alla gestione un
Kissinger, non un Rumsfeld, l’uomo dei missili e delle bombe, ad
un certo punto persino a scavalco del titolare della politica
estera Powell

Quel patrimonio è stato insensibilmente sprecato. L’Irak è un
problema dieci volte l’Irak di Saddam, l’Iran si è dato una
svolta di tipo komeinista, il dollaro viaggia dove e come
viaggia, il petrolio alle stelle, la Cina dilaga preoccupando
anche chi nel 2001 l’ha aiutata a entrare nell’Organizzazione
mondiale del Commercio, e cioè gli USA, presumibilmente spinti
dalle multinazionali a cui interessa il miliardo e duecento
milioni di potenziali acquirenti futuri e non già la spietata
concorrenza “gialla” alle ditte europee.
Alberto Frizziero


GdS 30 V 2005 - www.gazzettadisondrio.it

Alberto Frizziero
Politica