INTERVISTA AL VICE PRESIDENTE SIRIANO ABDEL HALIM KHADDAM
 "SE ISRAELE VUOLE DAVVERO LA PACE, PERCHE' 
 RIPRENDERE I NEGOZIATI DA ZERO?!
 Damasco, gennaio - Stretta tra la minaccia israeliana da un 
 lato e l’occupazione americana dell’Iraq dall’altro, la 
 Siria è uno Stato arabo che sceglie ancora autonomamente la 
 propria politica. Un’isola indipendente sempre più difficile 
 da trovare in Medio Oriente. In un’intervista esclusiva 
 concessa ad Arabmonitor, il vice presidente siriano Abdel 
 Halim Khaddam ha spiegato la posizione del suo Paese in 
 relazione a Israele, agli Stati Uniti, all’Iraq e all’Unione 
 europea. 
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 Qual è la sensazione a Damasco: il governo israeliano è 
 realmente interessato a un’intesa di pace con la Siria ? 
 “Israele non è interessato alla pace né con la Siria, né con 
 nessun Paese arabo. Questo è un dato di fatto. Le 
 risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu 
 costituiscono la base per la pace. E' necessario assumere un 
 atteggiamento che consenta di andare verso una pace ampia. 
 Sharon sostiene che non ritirerà le sue forze dalle alture 
 del Golan e non le ritirerà dai Territori occupati della 
 Palestina, utilizzando tutti gli strumenti di violenza nei 
 confronti dei palestinesi. Allora si pone la domanda: questo 
 tipo di comportamento dà forse l’impressione che Sharon e il 
 governo israeliano vogliono la pace ?”. 
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 Il progetto israeliano di accrescere la colonizzazione del 
 Golan occupato è un tentativo di saggiare la reazione della 
 Siria o costituisce un pericolo reale? 
 “Senz’altro costituisce un pericolo reale per la Siria avere 
 la presenza di coloni sul Golan, indipendentemente da quanto 
 questa sia massiccia. Quando un’area, anche se piccola, o 
 appena un fazzoletto di terra, è sotto occupazione, questo 
 costituisce un pericolo”. 
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 La Siria è disposta a riprendere i negoziati con Israele 
 solo a determinate condizioni o senza pre-condizioni: 
 partendo cioè da zero invece che dal punto raggiunto dalle 
 parti nel 2000 ? 
 “Non si tratta di condizioni. Quando noi diciamo che il 
 riferimento per la pace sono le risoluzioni Onu: questa è da 
 considerare una condizione? Quando noi sosteniamo che i 
 negoziati dovrebbero riprendere dal punto in cui sono stati 
 interrotti: questa è una condizione? Se gli israeliani 
 vogliono davvero, desiderano seriamente la pace, perché 
 rifiutano di riprendere le trattative dal punto in cui sono 
 state interrotte? Perché respingono le risoluzioni Onu? 
 Riprendere a negoziare da zero, significa prolungare le 
 trattative ancora per lunghi anni. Sino ad oggi gli 
 israeliani non sono stati seri nel cercare di costruire 
 veramente la pace nella regione. Hanno firmato l’intesa di 
 Oslo con i palestinesi: ma chi ucciso quell’intesa? Il 
 presidente Bush e il Quartetto hanno inventato quello che 
 hanno chiamato Roadmap: ma qual è stata la parte che ha 
 intralciato il cammino della Roadmap? Quindi, come ho detto 
 prima, qui non si tratta di condizioni, ma delle intenzioni 
 israeliane, se vogliono o meno la pace. E non sembra che la 
 vogliano. Sharon ripete: noi vogliamo riprendere le 
 trattative senza pre-condizioni, vogliamo firmare l’intesa di 
 pace con la Siria, ma senza ritiro dal Golan. Come dobbiamo 
 interpretare questo atteggiamento?”. 
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 Gli Stati Uniti minacciano la Siria pubblicamente per 
 diverse ragioni attraverso dichiarazioni ufficiali o tramite 
 i media. L’atteggiamento americano è simile anche nei vostri 
 colloqui ufficiali ? 
 “Non abbiamo mai avuto minacce di alcun genere nel corso dei 
 colloqui ufficiali con esponenti statunitensi, ma bisogna 
 notare che la campagna mediatica americana contro la Siria 
 non è una novità. La Siria è catalogata da lunghi anni come 
 Paese sostenitore del terrorismo. Ma malgrado tutto questo 
 ci sono contatti tra i due Paesi”. 
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 Quanto risentirà la Siria della recente legge antisiriana 
 approvata negli Stati Uniti ? 
 “La legge non danneggerà la Siria in nessuna forma, perché 
 non ci sono relazioni economiche significative tra i due 
 Paesi. La Siria non riceve alcun aiuto economico dagli Stati 
 Uniti e di conseguenza noi sosteniamo che questa legge non 
 avrà nessun effetto, non provocherà alcun danno al nostro 
 Paese”. 
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 Tuttavia un membro del Congresso americano ha affermato che 
 la legge potrebbe in futuro condurre alla guerra contro la 
 Siria. Qual è la sua opinione ? 
 “Noi non pensiamo questo. Certamente abbiamo sentito diversi 
 membri del Congresso evocare questa eventualità: alcuni di 
 loro sono legati a Israele, esprimono i desideri di 
 Israele”. 
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 La Siria è preoccupata per il progetto di alcune forze 
 politiche irachene che puntano a creare una Federazione in 
 quel Paese ? 
 “La struttura costituzionale dell’Iraq non può essere 
 definita da alcune forze politiche, dovrebbe essere decisa 
 piuttosto da tutti gli iracheni. Il futuro dello Stato 
 iracheno dovrebbe essere discusso dal Parlamento, 
 liberamente eletto con il sostegno o sotto l’egida delle 
 Nazioni Unite, lontano da ogni pressione o imposizione delle 
 forze di occupazione”.
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 Potrebbe verificarsi in futuro un’interferenza negli affari 
 iracheni da parte di Turchia, Iran e Siria se alcune forze 
 politiche curde cercassero di dividere il Paese, magari non 
 de facto, ma de iure ? 
 “Il popolo iracheno non accetta che l’Iraq venga diviso. 
 Arabi, curdi e turcomanni lo rifiutano. Per questa ragione 
 non siamo preoccupati a riguardo del problema, consapevoli 
 che c’è un consenso in Iraq sulla questione. Senz’altro ogni 
 caso eccezionale, nel quadro dell’occupazione, verrà 
 respinto dagli iracheni stessi. Sottolineo che esiste un 
 consenso arabo, regionale e internazionale sull’unità 
 dell’Iraq, che riguardi il popolo come lo Stato“. 
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 La sensazione generale è che la presenza americana in Iraq 
 durerà a lungo. Come l’accetterà la Siria ? 
 “Questa presenza è legata a fattori iracheni, regionali e 
 internazionali e a degli elementi americani. Anzi, direi 
 piuttosto a circostanze americane, regionali e 
 internazionali. Noi registriamo numerosi appelli negli Stati 
 Uniti per un ritiro rapido dall’Iraq”. 
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 Se qualche governo europeo, nei prossimi mesi, usando dei 
 pretesti, dovesse rifiutare di ratificare l’accordo di 
 associazione raggiunto tra la Siria e l’Unione europea, 
 quale potrebbe essere la reazione della Siria ? 
 “Senz’altro è nel diritto dei singoli Paesi di rifiutare 
 questo accordo. La Siria è comunque pronta. La Siria ha la 
 propria storia e il proprio futuro. Che sia stato firmato un 
 accordo con l’Unione europea o che non lo sia stato. 
 L’accordo non comprende vantaggi solo per la Siria, ma anche 
 importanti interessi per l’Unione Europea. Per questa 
 ragione, noi diciamo ai Paesi che non dovessero ratificare 
 l’intesa che la decisione sta a loro. La Siria, comunque, 
 non ha nessuna concessione da fare a questi Paesi. Ci sono 
 stati negoziati sulla base di interessi reciproci: in altri 
 termini, se i Paesi europei vogliono rispettare i propri 
 interessi, dovrebbero rispettare i nostri”. 
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 La Siria è costantemente accusata dagli Stati Uniti di 
 sostegno alla resistenza nazionale palestinese e libanese, 
 che gli americani usano chiamare terrorismo. Che tipo di 
 sostegno offrite a questi gruppi ? 
 “Anzitutto, queste organizzazioni non sono internazionali, 
 ma palestinesi e libanesi. Secondo, gli americani dovrebbero 
 chiedersi, perché i palestinesi continuano a opporre 
 resistenza agli israeliani? Poi dovrebbero sempre domandare 
 a se stessi, perché loro continuano a sostenere le 
 aggressioni israeliane contro i Paesi arabi? Noi non 
 offriamo a queste organizzazioni nessuna forma di aiuto, ma 
 dal nostro punto di vista questi gruppi difendono il loro 
 legittimo diritto nazionale. I palestinesi si sono rivolti 
 al Consiglio di sicurezza come rifugiati, si sono rivolti 
 alle Nazioni Unite, ma con quali risultati? Con il risultato 
 che gli Stati Uniti hanno bloccato il Consiglio di 
 sicurezza. Gli Stati Uniti hanno proposto l’adozione della 
 Roadmap per risolvere il conflitto in Palestina. Il 
 progettto della Roadmap è stato accettato dagli stessi 
 palestinesi, ma con quale risultato? Una violenza crescente 
 da parte di Sharon e l’avvio della costruzione del muro di 
 segregazione”. 
Arab Monitor
 GdS 30 I 04  www.gazzettadisondrio.it
