Irak. Clamoroso in USA: per il Capo di Stato Maggiore le capacità militari sono al limite. E lo si è visto con l’uccisione di Calidari. Storicamente fallimentare il conflitto irakeno

Niente di nuovo - Situazione critica - Ci si é accorti di avere sbagliato tutto - Sono saltati anche i conti - Paghiamo anche noi

Niente di nuovo

Da molto tempo non scriviamo più nulla sull’Irak dopo essere
stati, a suo tempo, particolarmente prolifici (e profetici,
anche se non possediamo certo il dono della divinazione).

La ragione è molto semplice, e cioè in Irak, da tempo e sotto il
profilo sostanziale, non succede nulla di nuovo se si eccettua
lo stillicidio quotidiano di vittime, un tributo che paga la
popolazione e non solo quella di Bagdad.

Qualcuno obietterà che nel frattempo qualche novità c'é stata
ossia il varo, sia pure difficoltoso, di un Governo irakeno, ma
è pure semplice replicare che non sembra proprio che questa sia
stata una novità rilevante e risolutiva, tanto più considerando
la sproporzione di rappresentanze delle etnie. Basti pensare che
fra la cinquantina di personaggi che dovranno scrivere la
Costituzione si trovano in tutto due Sunniti, etnia dominante
con Saddam. In questo modo passi avanti non se ne fanno certo
considerando inoltre che gli Sciti, etnia maggioritaria, al
potere vengono facilmente accusati di essere manovrati dagli
Americani...



Situazione critica

E’ vero invece l’inverso. L’arrivo, qualche giorno fa, a Bagdad
di Condoriza Rice, evidentemente per accertarsi di persona della
criticità di una situazione che ha determinato inusuali
esternazioni ai generali, è significativo, in una col silenzio
del falco, Rumsfeld, quello a cui si deve probabilmente la
maggiore responsabilità della scelta di fare una guerra senza
essere per nulla preparati. Non ci riferiamo ovviamente al piano
militare, avendo a suo tempo documentato analiticamente la
pochezza delle forze armate di Saddam (altro che esercito
temibile e armi di distruzione di massa!), ma sul piano e
politico e psicologico. Folle pensare di essere accolti con gli
archi di trionfo e la folla ai margini delle strade con uno
sventolio di bandierine a stelle e strisce.


Ci si é
accorti di avere sbagliato tutto

All’indomani della “fine della guerra” oltre Oceano ci si è
amaramente accorti che si era sbagliato tutto. Non una
previsione, neanche ovviamente quelle petrolifere e quindi
economiche, si era dimostrata valida di fronte ad una realtà
amara.

L’unica soddisfazione quella di dire “Saddam è caduto”

Ora abbiamo addirittura il generale John Abizaid Capo del
Comando Supremo USA, che smentisce le
previsioni di partenza vicina dei militari USA annunciando tempi
lunghi. Che addirittura ammonisce sulla consistenza militare,
messa a dura prova dai conflitti in Afghanistan e in Irak e
quindi al limite delle sue possibilità operative, persino nei mezzi di previsione.


Sono
saltati anche i conti

I conti sono saltati e la lista della spesa si fa sempre più
salata. Là non si riesce a vedere il bandolo della matassa
perché le etnie, le tribù e quant’altro c’erano e ci sono. Si è
aggiunto qualcun altro, e cioè tanti baathisti, del Partito
socialista irakeno che, di fatto, era un Partito-Stato. Né
bastano concessioni fatte in silenzio quali quelle di riprendere
generali, capi della polizia e altri ancora. Avevano sì lavorato
con Saddam ma oggi servono anche loro, soprattutto loro, visto
che, come era stato facile prevedere, una classe dirigente
alternativa, neppure in bozzolo, non c’era né era o è possibile
crearla in poco tempo.


Paghiamo anche
noi


E se tutto questo si ripercuotesse solo sugli USA qualcuno
cinicamente potrebbe commentare “chi è causa del suo mal pianga
sé stesso”. In realtà paghiamo tutti, compresi i costi della
guerra, sia pure indirettamente attraverso un dollaro
debolissimo, oltre ogni limite. E se non ci accorgiamo di
quanto sia il peso per noi è solo per l’effetto positivo che
questo ha sul petrolio, i cui contratti sono in dollari,
limitando così i guasti dei rincari che ci sono stati.

Brutta gatta da pelare. Se Bush avesse letto i nostri articoli,
scritti come "amici dell'America", e ci avesse dato retta non
saremmo in questo guaio.
Luca Alessandrini


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Luca Alessandrini
Politica