LA SOTTILE LINEA ROSSA ognuno combatte la sua guerra, anche Hollywood

Riceviamo e
pubblichiamo:




Analisi del contenuto ideologico-propagandistico del film The
Thin Red Line ( La sottile linea rossa. Ogni uomo combatte la
sua guerra, 1999 ), regia di Terence Malick. Il film, ricavato
dall’omonimo romanzo di James Jones, è stato dichiarato come
prodotto dai signori Michael Geisler, John Roberdeau e Grant
Hill ed è stato distribuito dalla 20th Century Fox. Nei
cartelloni sono presentati con pari rilievo gli attori seguenti,
nell’ordine : Sean Penn, Adrien Brody, Jim Caviezel, Ben Chaplin,
George Clooney, John Cusak, Woody Harrelson, Elias Koteas, Nick
Nolte, John C. Reilly. Sembrerebbe un ordine alfabetico cui si
sarebbe sottratto il solo Penn. La visione del film in Italia
mostra che i maggiori protagonisti sono Jim Caviezel e Nick
Nolte. George Clooney fa una unica comparsata finale di 6
secondi e poco di più fanno gli altri sopra nominati ad
eccezione di Sean Penn e Elias Koteas. Non è invece citato nei
cartelloni John Travolta, che tiene lo schermo in tre minuti
iniziali impersonando un ufficiale americano.


Riduco all’estremo la mia solita premessa : nei film di
Hollywood io cerco la propaganda intenzionale che vi inserisce
l’USIA, United States Information Agency, l’ente federale
istituito nel 1953 al fine di creare all’estero una ben precisa
e falsa immagine degli Stati Uniti, per agevolare le politiche
estere della Nazione. Hollywood infatti è controllata
completamente dall’USIA. La cosa assume immediata
verosimiglianza se si pensa che gli Stati Uniti non sono e non
sono mai stati una democrazia : sono da sempre ciò che può
essere chiamato una dittatura dell’imprenditoriato. Confido che
il lettore sia al corrente delle mie rivelazioni su Hollywood,
ed eventualmente lo rimando al mio libro “ I Divi di Stato “, Il
Settimo Sigillo, Roma 1999.


Lo strano regista

Mi ha dato molto da pensare la figura del regista Terence Malick.
Nato a Waco, Texas, nel 1945, è un laureato in filosofia,
materia che ha insegnato al MIT ; ha tradotto negli USA opere di
Heidegger ed è autore di saggi sull’arte. Prima di questo film
aveva realizzato un lungometraggio ( Lanton Mills ) nell’ambito
della sua frequentazione universitaria dell’American Film
Institute, e poi diretto solo due film, Badlands ( La rabbia
giovane ) nel 1973 con Martin Sheen e Sissy Spacek, da lui
stesso prodotto con scarsi mezzi per la Columbia, e Days of
Heaven ( I giorni del cielo ) nel 1978 con Richard Gere,
prodotto dalla Paramount con basso budget ( allora M. Sheen e
Gere costavano poco ). Due film abbastanza buoni ma non dei
successi. In sostanza Malick come regista è stato fermo per
vent’anni e poi di punto in bianco ha diretto un kolossal come
questo, con tante star e tanti mezzi del Pentagono. Come è
possibile ? Avanzo una ipotesi. Nell’ultimo decennio l’USIA ha
mostrato la tendenza a “ commissionare “ direttamente certi film
a Hollywood : ha dei temi propagandistici precisi che le preme
proporre e obbliga Hollywood a fornirne il film-contenitore. Si
ottengono così dei prodotti filmici che coniugano perfettamente
le esigenze di spettacolo con quelle di propaganda, altamente
complessi eppure coerenti, con evocazioni subliminali multiple,
riferite a più eventi, epoche e personaggi, e con richiami
politici, storici e sociali che si incrociano da un capo
all’altro della pellicola. Un buon esempio di film del genere è
Forrest Gump, specificatamente dedicato ad una riabilitazione
subliminale di tutti gli anni Sessanta e Settanta americani e
contenente una rievocazione criptica della vicenda di Jean
Seberg che ha solo uno scopo propagandistico e che spazia per
tutta l’opera senza alterarne minimamente l’equilibrio. Orbene
per tali operazioni occorrono registi adatti ; devono essere non
solo abili appunto come registi, per garantire successo di
pubblico all’opera, ma anche esperti di propaganda con tutto ciò
che ne consegue : possedere cognizioni di psicologia,
sociologia, antropologia e così via. Devono essere cioè anche
degli intellettuali veri e propri, e di un tipo abbastanza
preciso, che chiamerei umanistico-pratico. Ecco, mi pare che
Malick sia stato ripescato dall’USIA in questa ottica. Non che
elementi del genere siano introvabili a Hollywood, e basti
citare Zemeckis e Zwick, per non parlare del grande Spielberg.
Ma non sono poi così tanti e il lavoro urge. Sempre che sia
stato “ ripescato “. Rimane infatti da spiegare “ ... l’assenza,
un po’ misteriosa, del regista dai set per vent’anni “, come
dice il critico Pino Farinotti ( “ Dizionario di tutti i film.
L’unico completo “, Mondadori 1999, pag. 1436 ). Dove, su che
cosa e per chi ha lavorato Malick in quegli anni ? Io so solo
che l’USIA impiega schiere di funzionari di alto livello
intellettuale come addetti allo studio e alla “ correzione “ dei
copioni sottoposti da Hollywood.


Con Hollywood non abbiamo film, ma versioni di film

Prima di proseguire è bene - specie per questo film - fare una
osservazione. Non tutti i film di Hollywood sono realizzati
avendo in mente una sceneggiatura univoca e girando così le sole
scene necessarie. Spesso sono girate scene e interi episodi con
una sovrabbondanza mirata, in modo che il montaggio possa far
sortire due, tre e anche quattro o più versioni del film,
diverse o per qualche episodio o per l’inizio o per il finale.
Ci sono molti casi documentati del genere e ricorderò solo
Apocalypse Now di Francis Ford Coppola, del quale sono stati
girati sul momento tre finali diversi ( di questo film è stata
presentata all’ultimo Festival di Cannes una versione 50 minuti
più lunga di quelle uscite nel 1979 : contiene tre episodi
girati allora e mai mostrati ; non so quale finale gli sia stato
attaccato ). Ciò capita soprattutto per i film ad alto contenuto
propagandistico ed il motivo è di far pervenire ad ogni Paese o
area estera la versione più adatta. Ad esempio, sempre con
Apocalypse Now, in Europa esso finisce con il cap. Willard (
M.Sheen ) che ordina il bombardamento del folle col. Kurtz (
M.Brando ), ma in America Latina lo lascia indisturbato e nel
Sud Est asiatico prende il suo posto.

Ora, tornando a noi, siamo informati qui in Italia che non pochi
attori - Mickey Rourke, Martin Sheen, Lucas Haas, Bill Pullman,
Jason Patric, Viggo Mortensen e altri - hanno girato delle scene
per La sottile linea rossa, che però non sono state utilizzate.
Ma, così per tutti o solo per l’Italia, o l’Europa ? Non lo
sappiamo. Così come non sappiamo se nella versione del film
distribuita diciamo in Brasile è ancora presente la scena con
Clooney, o con Travolta. Occorre quindi tenere in mente che con
ogni probabilità stiamo analizzando non il vero film The Thin
Red Line, che con ogni probabilità non esiste neanche, così come
non esiste il vero Apocalypse Now e tantissimi altri, ma solo la
sua VERSIONE PER L’ITALIA, o se va bene solo la sua VERSIONE PER
L’EUROPA. Ciò per le immagini, mentre vale sempre la questione
del DOPPIAGGIO : per i film di Hollywood la versione nelle varie
lingue locali in genere contiene delle differenze rispetto
all’originale, in genere a scopo di propaganda politica o
culturale. L’ultimo esempio viene dal “ Pearl Harbor “ della
Disney ( un tipico film di propaganda ), uscito recentemente :
nella versione distribuita in Giappone sono state tolte alcune
scene ed è stata modificata la traduzione di almeno una battuta
( anziché “ dirty jap “, solo “ jap “ ; “ dirty “ vuol dire “
sporco “ mentre lo slang spregiativo “ jap “ normalmente in
Italia è doppiato con “ muso giallo “. Il Resto del Carlino
26/5/2001 ). Poco male comunque, perché i giapponesi si fanno un
punto d’onore di non andare a vedere film americani, anche se
quelli in alcuni casi ( non in tutti infatti ) si ostinano a
doppiarli e a proporli.


In ogni caso, nel film vorrebbe essere trattato un episodio
della battaglia di Guadalcanal, della Seconda Guerra Mondiale.
Si combatte sull’isola contro i giapponesi e nel novembre del
1942 un battaglione dell’Army ( l’Esercito ) dà il cambio ai
Marines ( che sono un Corpo a parte ) nel tentativo di prendere
un campo di aviazione nemico, operazione per cui occorre
guadagnare prima una collina difesa. Il film tratta appunto
della tribolata conquista di questa collina. Come dice il
sottotitolo sono seguiti i comportamenti di vari soldati sotto
il profilo psicologico, i loro pensieri e le loro reazioni alla
terribile situazione. E’ un’opera corale, senza un protagonista
preciso. Una voce fuori campo rivela i sentimenti del soldato
Witt ( Jim Caviezel ), che riflettono il suo stupore per
l’insensatezza della guerra e si interrogano sui motivi del
sempiterno Male nel mondo. Voce efficace, sullo sfondo di una
natura di struggente bellezza. Alla fine Witt muore.


La propaganda

Non ci sono dubbi che si tratti di un film con contenuti
propagandistici statali americani. La dimostrazione oggettiva -
oltre all’analisi del contenuto ideologico che segue - è data
dalla presenza nel film di numerosi e importanti mezzi militari
originali americani della Seconda Guerra Mondiale : zatteroni da
sbarco Higgins, alcune navi da guerra ed una bella nave da
sbarco LST ( Landing Ship Tank ) evidentemente rimessa a nuovo
nella sua parte frontale apribile per l’occasione. Ciò oltre
alla dovizia di armi individuali autentiche, come i fucili
Garand M1 americani e Arisaka mod.1905 giapponesi. Mezzi del
genere sono disponibili solo nei depositi del Pentagono e questi
ne concede l’uso non in base a tariffe, ma solo in base
all’autorizzazione dell’USIA.

Il primo elemento di propaganda in un film di propaganda è
costituito dal soggetto. Qui il soggetto è un’azione bellica
americana nel corso della Seconda Guerra Mondiale. L’azione è
conclusa vittoriosamente. Hollywood-USIA insiste sull’argomento,
come fatto solo un paio di anni fa con Salvate il soldato Ryan.
Se ci pensiamo solo la filmografia americana va a rivangare il
soggetto anche adesso, a più di mezzo secolo. Perché ? Perché il
soggetto si presta a convogliare dei MESSAGGI SUBLIMINALI DI
SINTESI ritenuti utili per i nostri anni. Li vedremo alla fine.


Inoltre questi film di Hollywood che trattano di azioni
americane nella Seconda Guerra Mondiale hanno di per sé un
effetto-massa distorcente, e comodo per gli Stati Uniti. Su
questa guerra, al cinema e quindi in televisione, vediamo come
protagonisti solo i soldati americani e pare che in proposito
abbiano fatto tutto loro, compreso naturalmente vincere in modo
schiacciante. Non è così e le cifre parlano : gli USA ebbero
270.000 caduti in battaglia, numero insignificante per l’evento.
Il motivo è appunto che in quella guerra gli USA furono ben
lontani dal fare tutto loro. Il grande scontro era contro la
Germania ed essi vi si sottrassero, perché giudicarono di non
essere in grado, e lasciarono l’onere alla Russia. La quale ebbe
in effetti alcuni milioni di caduti in battaglia, come del resto
i tedeschi. Ma la quale anche vinse la guerra in Europa. Il
decantato sbarco in Normandia ( quello del soldato Ryan )
avvenne a cose fatte e servì per rattoppare la situazione, per
raccogliere le briciole. Per quanto riguarda il fronte del
Pacifico si vedrà appresso di cosa si trattò, più o meno, e
anche qui nonostante i peana di Hollywood non ci fu una vittoria
completa : fu battuto il Giappone ma non fu presa la Cina, che
era il vero obiettivo. Quindi, all’ultimo, gli USA la Seconda
Guerra Mondiale neanche la vinsero. Solo Hollywood l’ha
stracombattuta e stravinta.

Hollywood dirà che un soggetto di azioni belliche è molto adatto
per descrivere gli stati d’animo umani in situazioni estreme,
proprio come nel film all’oggetto. Sì, e mi dispiace che
Hollywood si appropri di qualcosa che non le appartiene.
Lasciatemi riportare il brano di una lettera scritta da un
ufficiale della XXIV divisione corazzata tedesca a proposito
della battaglia di Stalingrado. E’ bene ricordarselo nel mentre
che si assiste a un film di Hollywood che vuole proporre le
tribolazioni dei suoi soldati americani :

“Abbiamo combattuto per quindici giorni per un solo edificio,
con mortai, bombe a mano, mitragliatrici e baionette... Il
fronte è un corridoio fra due stanze bruciate, oppure un
soffitto sottile fra due piani. I rifornimenti arrivano dalle
case vicine per le uscite antincendio e i comignoli. Si combatte
ininterrottamente, dal mattino alla sera. Da un piano all’altro,
con le facce nere di sudore impastato a polvere, ci si batte a
bombe a mano in mezzo a esplosioni, nuvole di polvere e di
fumo...Chiedete a qualsiasi soldato cosa significhi in una
battaglia del genere il combattimento corpo a corpo. E
immaginatevi Stalingrado ; ottanta giorni e ottanta notti di
corpo a corpo... Stalingrado di giorno è un’enorme nuvola di
fumo acre, accecante, è un’immensa fornace illuminata dai
riflessi delle fiamme. E quando cala la notte, una di quelle
notti brucianti, di urla, di sangue, i cani si gettano nel Volga
e nuotano alla disperata sull’altra sponda. La notte di
Stalingrado è un incubo per questi animali. Scappano da questo
inferno, e nemmeno una tempesta riesce a spegnerlo ; solo gli
uomini resistono. “

Se a Stalingrado avessero combattuto gli americani anziché i
russi, o i tedeschi, cosa avrebbe mai fatto Hollywood ?

In ogni caso l’argomento del nostro film è la guerra insulare
nel Pacifico. Il film non ci dà davvero l’idea di come gli
americani condussero al tempo la presa delle varie isole. L’idea
ce la dà la battaglia di Okinawa, dal nome dell’isola fra le più
meridionali dell’arcipelago giapponese.

L’isola, lunga 130 chilometri, aveva una popolazione di circa
500.000 abitanti ed era difesa da una guarnigione composta da
120.000 uomini ; c’erano solo due divisioni organiche, la XXIV e
la LXII, ed il resto erano Compagnie di fucilieri e personale
non combattente. Scelto il punto di sbarco, ad una latitudine
intermedia per tagliare l’isola in due, alla fine del marzo 1945
gli americani cominciarono le operazioni. Sul punto si concentrò
una flotta di 1.300 navi, comprendente 18 portaerei, 40
corazzate e 200 incrociatori, che bombardò la zona dal 24 al 31
del mese ; fra gli ordigni di tutti i tipi furono gettati 30.000
proiettili da 400 mm. Il 1° aprile un numero incalcolabile di
mezzi da sbarco, fra gli anfibi cingolati Christie, gli
zatteroni Higgins e le navi LST, riversò sulla spiaggia 4
divisioni intere di Marines per un totale di 50.000 uomini, cui
nel giro di qualche giorno se ne aggiunsero altre 16, con
200.000 effettivi. Non trovarono alcuna resistenza perché i
giapponesi nel punto non c’erano mai stati, avendo deciso di
affrontarli all’interno. Cominciò comunque, nell’isola, la
battaglia. Che dopo tre mesi fu vinta, naturalmente dagli
americani vista la spropositata potenza di fuoco, ma sono più
illuminanti le conclusioni. Gli americani persero 7.000 uomini.
Dei 120.000 soldati giapponesi furono accettati come prigionieri
solo 7.400 elementi trovati nelle infermerie gravemente feriti,
più i 4.000 dell’ultimo nucleo di resistenza che patteggiò la
resa ; gli altri furono tutti uccisi o in combattimento o in
numeri maggiori dopo la resa ( nei tre mesi di scontri gli
americani non fecero mai prigionieri ). La maggioranza dei 7.400
morì in breve tempo, non essendo curati.

Nella popolazione civile fu eseguita una carneficina. Durante i
combattimenti morirono 200.000 civili sotto i bombardamenti
costieri o nelle stragi di villaggi eseguiti sistematicamente
dalla fanteria. Nei giorni seguenti la resa, terrorizzati dai
soldati americani, decine di migliaia di civili si nascosero
nelle numerose grotte dell’isola, dove gli americani li
ricacciarono più dentro coi lanciafiamme sigillando poi gli
ingressi con cariche esplosive. Un FAMOSO FILMATO, girato al
momento dagli americani, riprese civili che si gettavano dalle
alture sul mare andando a sfracellarsi sulle rocce. Molti di voi
sicuramente lo hanno visto, perché è inserito in tutti i
documentari americani sulla guerra del Pacifico trasmessi dalla
televisione italiana. Il commento lo presenta come la
testimonianza del fanatismo dei giapponesi, che preferivano la
morte alla resa. NON PREFERIVANO LA MORTE : erano inseguiti
nelle grotte dai lanciafiamme e non avevano alternative. MA
QUELLO E’ IL COMMENTO AMERICANO DEL FILMATO. Al confronto di una
falsificazione del genere, di un travisamento così totale, così
perfido, direi così diabolico, la famosa foto dei Marines che
piantano la bandiera americana sul monte Suribachi di Iwo Jima è
un piccolo scherzo di carnevale : sapete infatti che è un falso,
che si trattò di uomini messi in posa dall’operatore, con una
bandiera più grande, da parata. In ogni caso Okinawa compendia
la sostanza della guerra del Pacifico americana in ogni dove :
sbarchi di Marines appoggiati da una potenza di fuoco
mirabolante ; superiorità anche numerica ; niente prigionieri ;
stragi di civili.

Non è questa la sensazione convogliata dal film di Malick.
Malick ci dirà di non aver trattato la battaglia di Okinawa, ma
quella di Guadalcanal, che ha comportato scontri di terra quasi
trascurabili al confronto, e dove non c’erano civili giapponesi.
Ci dirà di avere il diritto, lui o la produzione, di scegliere
nell’ambito di una vasta guerra l’episodio in cui inserire i
suoi personaggi da approfondire. Sì, ma sceglie Guadalcanal. Il
fatto era che scegliere Okinawa, o Iwo Jima, avrebbe reso le
mistificazioni d’obbligo troppo sfrontate, le omissioni
tassative troppo palesi.

Ma anche Guadalcanal richiedeva mistificazioni e omissioni : si
è appena detto che Okinawa è il paradigma di tutte le azioni del
Pacifico, quindi anche di questa. E sono state fatte. Con il
termine di “ battaglia di Guadalcanal “ si intende in realtà una
serie di quattro grandi battaglie navali combattute nei pressi
di questa isoletta delle Salomone lontanissima dal Giappone,
1.000 chilometri a est della Nuova Guinea ; gli scontri di terra
furono modesti, ancorché cattivi. Nell’isola c’erano alcune
migliaia di indigeni melanesiani e una guarnigione di 2.200
soldati giapponesi, la metà dei quali costantemente in
infermeria per via del clima tropicale malsano e della presenza
endemica di sanguisughe e insetti, comprese zanzare malariche.
Il 7 agosto 1942, preceduti dai bombardamenti di “
ammorbidimento “ di una imponente flotta, sbarcarono due
divisioni intere di Marines ( 24.000 uomini ), che rapidamente
eliminarono tutti i giapponesi, senza fare prigionieri. Presero
possesso di una pista di atterraggio che ribattezzarono Campo
Henderson ; la pista era nei pressi di una collina, che sarebbe
poco dopo stata chiamata Bloody Ridge ( Cippo della Morte, o
Maledetto ). Gli scontri di terra successivi, che durarono sino
al 7 febbraio 1943, furono per respingere assalti di soldati
giapponesi portati sull’isola dalla loro Marina, la quale
appunto per tale scopo ingaggiò le quattro grandi battaglie con
le flotte americane. Alla fine i Marines ebbero circa 1.000
morti, mentre i giapponesi ne ebbero 22.000 ; non furono fatti
prigionieri tranne qualche ferito grave che fu lasciato morire
per conto suo. La popolazione locale fu più che dimezzata dai
bombardamenti e da stragi gratuite. L’inquinamento
propagandistico è il seguente.


1) Il campo d’aviazione e la collina furono presi subito senza
problemi dai Marines il 7 agosto, essendo dopo solo difesi, sia
pure con combattimenti attorno alla collina. A parte la
difficoltà dell’operazione, esagerata per normali motivi di
spettacolo, notiamo che i soldati protagonisti sono presentati
nel film come appartenenti all’Esercito, all’Army. Una
falsificazione incontrovertibile : solo i Marines operavano
sbarchi in territorio ostile nella Seconda Guerra Mondiale ;
reparti dell’Esercito potevano essere immessi dopo il
consolidamento delle posizioni, dopo settimane o mesi. Il
regista se ne rende conto perché addirittura posticipa l’azione
al novembre, quando poteva essere ammissibile la presenza di
soldati dell’Army a rincalzo ( che comunque a Guadalcanal non
furono inviati ). La falsificazione è importante perché i
Marines erano tutti dei volontari, e cioè dei mercenari, infatti
pagatissimi ; soldati di leva furono impiegati in questo Corpo
solo negli ultimi due mesi di guerra, in un numero massimo di 20
per Compagnia. Presentando dunque i suoi personaggi come Marines,
come mercenari, il regista avrebbe trovato difficile esporne
stati d’animo delicati come quelli di Witt, o momenti di paura e
stress come quelli degli altri. Ciò per quanto riguarda
l’aspetto filmico del lavoro, potentemente correlato comunque
con quello della propaganda. Il regista, presentandoci questi
coscritti nella loro umanità, con squarci della loro vita
civile, convoglia la nostra simpatia e comprensione umana : non
sono certamente dei mostri, ma uomini anche benintenzionati in
una situazione difficile. Si giustifica così anche l’uccisione
degli arresi, una cognizione negativa per l’immagine
statunitense ( ma vedremo solo per certi aspetti ) che
soprattutto negli ultimi anni si sta facendo largo nel mondo. La
stessa operazione, che evidentemente preme all’USIA, è stata
compiuta da Steven Spielberg in Salvate il soldato Ryan.


2) In ogni caso l’uccisione di uomini che si arrendevano è
presentata come sporadica, avvenuta nella furia del
combattimento e per iniziative dei singoli. Invece i prigionieri
venivano fucilati a gruppi di decine, nella maggioranza a
combattimenti terminati e in base agli ordini degli ufficiali.


3) Nel film non si vedono le stragi nei melanesiani. Si mostra
il loro timore verso gli americani, ma sembra solo il timore di
pacifici selvaggi alla vista di uomini che uccidono altri uomini
; alla vista della guerra. E non era timore ; era terrore. Dal
film potremmo immaginare che avessero lo stesso atteggiamento
verso i giapponesi. Invece non era così, perché non c’erano
motivi.


4) Il film pone gli americani in inferiorità numerica, il
contrario di come fu sia a Guadalcanal che da tutte le altre
parti nel Pacifico ( i giapponesi tenevano solo 1 milione di
uomini nel Pacifico, i restanti 5 milioni essendo in Cina ; gli
americani ne tenevano nel teatro 1.250.000, che concentravano
nei punti di attacco ). Tuttavia vincono, e con un aiuto
piuttosto relativo dalla Marina sottocosta ; anzi compiono
l’assalto decisivo di baionetta. La scena finale in cui il
soldato Witt muore è costruita con intenti subliminali. Rimane
solo nella foresta e viene circondato da un cerchio di fanti
giapponesi che gomito a gomito gli si stringono attorno col
fucile puntato, mentre la voce fuori campo fa alcune
considerazioni sulla vita e sulla morte, per suo conto ; accenna
un gesto di ribellione e viene ucciso. I giapponesi sono gli
indiani dei western ( il cerchio ). Sono molti e sono selvaggi.
C’è un altro significato aggiunto. Gli indiani, cioè i
giapponesi, non fanno considerazioni filosofiche. L’americano è
solo e incompreso nel loro territorio. Lui è l’autocoscienza
dell’umanità ed è il Progresso che avanza, implacabile ma
incolpevole, portandosi dietro tanti dubbi e dovendo interferire
per forza nella Natura e nei popoli inferiori. Non ci sono colpe
nella presenza americana nelle isole del Pacifico, in luoghi che
non sono i suoi.


Tornando all’inferiorità numerica notiamo che continua la
consueta bugia di USIA-Hollywood sul valore delle forze di terra
americane. Queste invece, Marines o Army che siano, sono e sono
sempre state debolissime ; la Marina e l’Aviazione americane
sono molto forti, ma le forze di terra sono così. Ci sono
precisi motivi per questo esito e rimando al mio Sacrifici Umani
( Edizioni Il Cerchio, Rimini 1993 ) per la spiegazione a mio
avviso scientifica del fatto. Il governo americano non vuole
assolutamente che il mondo si accorga di tale debolezza : nelle
guerre evita con varie scuse gli scontri di terra ( a meno che
non si trovi di fronte un avversario debolissimo) e fa
polverone con l’Aviazione, e per il resto ci pensa l’USIA.


Altre inserzioni di propaganda

Ciò per quanto riguarda la distorsione della specifica battaglia
di Guadalcanal. Nello svolgimento della trama ci sono poi delle
inserzioni di propaganda di tipo vario.


1) In una scena dello sbarco iniziale compare la prua di una
nave LST e di sfuggita si vede sulla fiancata la scritta “
Victory “, forse parte del nome della nave anche se in caratteri
piuttosto piccoli. E’ un flash subliminale. Ci dice che arrivano
coloro fatalmente destinati a vincere.


2) Durante l’assalto a Bloody Ridge un soldato ha una crisi di
panico e non riesce ad avanzare ; il suo capitano ( l’umano cap.
Staros - Elias Koteas ) dopo qualche rude esortazione lo fa
portare dagli “ ufficiali medici “. Impariamo qui con Malick che
il plotone di esecuzione nell’esercito americano si chiama “
ufficiali medici “. Un’altra cosa che l’USIA tiene tenacemente a
nascondere circa l’esercito americano è la sua prassi di
fucilare o sentenziare immediatamente sul posto gli elementi che
si rifiutano di avanzare sotto il fuoco nemico. Lo fanno tutti
gli eserciti del mondo ma l’USIA non lo vuole ammettere per il
suo: è l’esercito di un paese democratico, le cui guerre sono
per forza volute dal popolo, e che quindi sono sempre giuste :
non occorrono duri sistemi disciplinari per fare combattere i
soldati, ansiosi o convinti che sia doveroso di farlo. Possono
capitare crisi di panico, che non sono però mai delle crisi di
morale, solo attacchi di una malattia : ergo dagli “ ufficiali
medici “.


In linea con ciò l’episodio di insubordinazione del medesimo
cap. Staros, che rifiuta l’ordine impartitogli dal col. Tall (
Nick Nolte ) di proseguire nell’attacco frontale alla collina (
preferirebbe aggirarla ). La prassi dell’esercito statunitense è
di destinare alla corte marziale gli ufficiali colpevoli di
insubordinazione sotto azione, con un esito che può andare per
casi gravissimi come questo dal carcere militare alla più
probabile fucilazione ( che poi viene come al solito comunicata
ai familiari e alla stampa quando il caso come “ morte per fuoco
amico “ : non è una menzogna, in effetti ). Invece nel film il
col. Tall semplicemente rimuove Staros dal comando e siccome
nella vita civile era un avvocato lo destina... all’ufficio
legale dell’Army, in patria. Perché punirlo infatti ? Per dare
l’esempio agli altri titubanti ? Ma l’esercito americano è
sovrabbondante di elementi volenterosi di combattere ; si fosse
saputo che Staros era un sissy boy del genere ( “ mammoletta “ )
lo si sarebbe destinato subito alle scartoffie, o anche
esonerato perché no. Completa il concetto il triste addio di
Staros ai suoi soldati : lui deve terminare la ferma in uno
squallido ufficio mentre loro beati possono rischiare la vita
per la Patria. Il pubblico intuisce che quei soldati mai
vorrebbero essere nei suoi panni, mentre lui certamente mai
potrà perdonarsi. Il perfido Tall gli ha forse comminato la
punizione più crudele.


2) Riferendosi al campo d’aviazione giapponese da prendere il
colonnello Tall si chiede “ Chissà cosa dovranno farci [ i
giapponesi ] con quello “. Insinua che servisse per far partire
bombardieri contro gli Stati Uniti, giustificando l’avanzata
americana nel Pacifico. Subito dopo ammette che il possesso di
quel campo permetterebbe l’avanzamento dei bombardieri
americani, che hanno un “ raggio d’azione di 1.600 chilometri “.
Suggerisce che i bombardamenti americani sul Giappone furono una
ritorsione per quello che avrebbero voluto fare i giapponesi, o
che comunque avrebbero certamente fatto se avessero potuto. Per
apprezzare tali insinuazioni, che sono delle valutazioni
surrettizie di fatti storici, occorre conoscere la storia.
Quella vera. Non posso dilungarmi ma in sintesi : Gli USA - il
cui obiettivo finale è sempre stato sin dall’inizio la
dominazione del mondo al fine di sfruttarlo - vollero entrare a
tutti i costi nell’ultima guerra, che solo così divenne la
Seconda Guerra Mondiale, per due sub-obiettivi fondamentali : la
Balance of Power in Europa e il Mercato dell’Oriente.
L’Equilibrio di Potenza in Europa è sempre servito per bloccare
gli europei reciprocamente permettendo a qualche altro mano
libera negli sfruttamenti coloniali, ed era in quel momento
minacciato dalla Germania, mentre il Giappone stava rivendicando
per sé il Mercato dell’Oriente e nel 1937 aveva addirittura
occupato la Cina. Il Giappone non voleva a nessun costo una
guerra contro gli Stati Uniti ma le provocazioni continue di
Roosevelt lo convinsero che gli stessi prima o poi lo avrebbero
aggredito e decise di prevenirli con l’attacco a Pearl Harbor,
che fu salutato con veri brindisi alla Casa Bianca. Veri
brindisi : era dagli anni Venti che gli USA attendevano il
momento della resa dei conti col Giappone per la supremazia nel
Mercato dell’Oriente : fu per il Giappone che in quegli anni fu
stabilita la strategia della Guerra Totale con bombardieri, e fu
messa a punto la tecnica di sbarco con Marines ( nel 1921, dal
maggiore Ellis ) con i relativi mezzi anfibi, i cingolati e gli
zatteroni. Fu attentamente studiato dagli addetti militari
dell’Ambasciata americana di Tokio il terribile terremoto che
nel 1921 provocò 100.000 morti nella città : furono dovuti
all’incendio che si sviluppò dopo e questo fece decidere per lo
sviluppo di bombe incendiarie anziché esplosive, che poi furono
effettivamente adoperate ( i più tremendi attacchi aerei sulle
città giapponesi non furono quelli nucleari ma quelli incendiari
: il bombardamento di Tokio del 10 marzo 1945, dove furono
gettate 1.665 tonnellate di bombe incendiarie al Napalm M 47 e M
69, provocò 300.000 morti ). Ciò pone in una prospettiva diversa
la guerra del Pacifico americana : il Giappone aggredì la Cina e
gli USA aggredirono il Giappone solo perché la Cina volevano
aggredirla loro. Poi alla fine del conflitto, nonostante
avessero battuto il Giappone e sterminato alcuni milioni dei
suoi civili, si accorsero che il vero obiettivo, la Cina, era
stato mancato. Ma questa è un’altra storia. E’ per tutto ciò che
il film “ Pearl Harbor “ della Disney è uno scandalo, un insulto
alla verità, una vera presa per il culo di tutto il mondo.

Il signor Terence Malick non affronta il tema delle motivazioni
della guerra nel Pacifico ma l’atmosfera e le suggestioni del
film convogliano nel pubblico l’idea convenzionale : giapponesi
aggressori, americani solo si difendono e combattono per la “
Libertà “. E’ l’idea convenzionale appunto perché sempre
propagandata dall’USIA attraverso tutti i suoi canali, Hollywood
in testa. Dobbiamo anche vedere ciò che nel film avrebbe potuto
esserci. Ad esempio l’umano cap. Staros avrebbe potuto fare
qualche accenno alle poco pulite motivazioni americane.
Clamorose poi le generiche, fumose e inconcludenti elucubrazioni
filosofiche di Witt sul male e sulla guerra, presentati come
ineluttabili, fatali, dovuti a cause imperscrutabili al di fuori
della portata e della volontà umana ; forse dovuti a Dio in
persona. Bastava dicesse : Questa guerra c’è perché il
bastardino Giappone vuole portare via l’osso Cina al feroce
molosso America, ed il grande arcano sarebbe stato risolto,
almeno per la situazione in essere.

Ma niente del genere. Eppure Malick - un filosofo, un traduttore
di Heidegger - dovrebbe sapere quanto ho appena esposto. Lo sa
ma deve portare il carro dove vuole il padrone.


3) Il riferimento appena fatto a Dio non era per caso, né sono
stato io il primo a tirare in ballo la teologia. Prima
dell’assalto il capitano umano prega Dio e dice : “ Fa che io
non Ti tradisca. Fa che io non tradisca i miei uomini “. Tradire
i suoi uomini nell’attacco, cioè non offrire loro la sua valida
guida, sarebbe tradire Dio. Allora Dio sta con gli americani !
Ci mancherebbe. Dio sta da tutt’altra parte. Con gli americani,
se esiste, ci sta il Diavolo.


4) Conquistato il campo base dei giapponesi i soldati americani
si danno a ripulire le sacche di resistenza gettando bombe a
mano in pertugi del terreno. Ciò ci lascia pensare che in quei
buchi ci fossero dei soldati giapponesi residui. C’erano
certamente a Guadalcanal nidi di giapponesi nel terreno ma la
scena mi pare fatta apposta per richiamare la grande topica di
Okinawa, dove come detto esplosivi furono gettati
sistematicamente negli ingressi delle grotte in cui si erano
rifugiati i civili. Mi meraviglio anzi che Malick non abbia
fatto comparire dei lanciafiamme ; ma forse ci sono in un’altra
versione del film. Ciò servirebbe per suggerire al pubblico che
anche per Okinawa si fosse trattato dopotutto di soldati
nascosti, o che almeno così gli americani credessero. Il film è
esportato anche in Asia, dove il ricordo di Okinawa è più vivo e
preciso che in Europa.


5) Dopo il 1953 nei film americani di guerra gli effettivi dei
reparti sono sempre presentati con una composizione etnica che
riflette quella percentuale nella popolazione : ci sono tot
bianchi anglosassoni, tot bianchi caucasici e tot neri, e se c’è
posto un giallo, un ispanico e così via. Si tratta di una
indicazione dell’USIA, che serve per far credere che la società
americana sia equamente multirazziale, dove tutti sono sullo
stesso piano, si trovano bene e collaborano quindi nelle sue
guerre. Questo film deroga : i tanti protagonisti della corale
rappresentazione sono tutti bianchi e non mi pare neanche di
aver visto soldati neri sullo sfondo. Non è un caso e secondo me
ha due motivazioni, entrambe riconducibili a una inquietante
affermazione razzista, evidentemente promossa dall’USIA ( non
conta se i protagonisti del romanzo da cui è tratto il film sono
tutti bianchi ). La prima è che il film ha per oggetto (
dichiarato ) l’analisi psicologica di veri uomini in una
situazione di vero combattimento, veri uomini che nel caso di
Witt fanno anche tante e apparentemente intelligenti
considerazioni filosofiche : da ciò i neri sono esclusi. La
seconda motivazione ha attinenza con i messaggi di sintesi,
riportati più avanti.


Si dirà che critico l’USIA sia quando mostra i reparti
statunitensi multietnici e sia quando li mostra composti solo da
bianchi. Critico le sue motivazioni, illecite in entrambi i
casi. Mi si chiederà allora come andrebbero veritieramente
rappresentati i reparti americani. Ecco fatto : nella reale
composizione multietnica, ma dove non c’è affatto né armonia né
parità razziale e dove nessuno combatte volentieri, né i neri o
le altre minoranze per quanto appena detto e né i bianchi per
via del loro individualismo caratteriale ( gli americani si
battono solo per i soldi e in guerra non c’è niente da
guadagnare ). C’è qualche elemento, sempre di una qualche
minoranza, che ha un eccesso di zelo determinato dal desiderio
di farsi accettare. Negli eserciti americani combattono solo i
professionisti, cioè i mercenari, e anch’essi con i limiti
tipici del loro status ( per i soldi si può combattere ma non
morire ).


6) Infine il più squallido elemento di propaganda subliminale
inserito nell’intero film : la Compagnia dell’Army cui
appartengono i nostri umani eroi non è la Compagnia A come Alpha
o B come Bravo o D come Delta ; è la Compagnia C, C come Charlie.
Il regista si preoccupa che lo capiamo bene : prima si nomina la
Compagnia “ C “ ; poi si ricorda ancora la Compagnia “ C “ ; e
infine si dice chiaro : la Compagnia “ C, C come Charlie “. Non
vi ricorda nulla la Compagnia “ Charlie “ ? E’ la Compagnia che
compì la strage di My Lai in Vietnam nel marzo del 1968, quando
quegli umani eroi sbarcarono da elicotteri e sterminarono tutti
gli abitanti del villaggio, 500 fra donne, bambini e vecchi (
gli uomini erano alla pesca ). Fu l’unico fra i tanti episodi
del genere in Vietnam a giungere di dominio pubblico, avendo
anche una grande eco all’estero, perché il coscritto Ronald Lee
Ridenhour appena terminata la ferma denunciò il fatto ad un
parlamentare contrario alla guerra e questi riuscì a far
celebrare un processo ( l’unico fra le decine di casi analoghi :
il Senatore Bob Kerrey, 57 anni, solo ora è accusato ora di aver
compiuto la sua strage di civili, di 21 donne e bambini, quando
era tenente in Vietnam ). Che si concluse comunque in questo
modo : tutti assolti tranne il tenente Calley, un uomo che
operando una mitragliatrice aveva ucciso 62 o 63 di quei civili.
Per questo Calley scontò ben 3 ( tre ) anni in un carcere
militare ( di minima sicurezza, cioè di massimo comfort ). Ora
fa il gioielliere a Columbus, Georgia. Kerrey al tempo ricevette
una medaglia di bronzo, perché disse di aver fatto fuori coi
suoi uomini 21 Viet Cong. L’aver denominato in quel modo, nel
film, la Compagnia dei protagonisti costituisce una
riabilitazione surrettizia degli autori della strage di My Lai :
il subconscio fa l’associazione e conclude che anche gli autori
della strage erano dopotutto solo dei poveri soldati
benintenzionati sotto stress. Bravo Malick, sei un benemerito
dell’umanità.


I messaggi di sintesi

I MESSAGGI DI SINTESI sono dei concetti convogliati sotto forma
di impressioni generali tramite il tono del film, alcuni
dialoghi, alcuni particolari. Mirano ad essere recepiti dal
subconscio degli spettatori scavalcando il loro stato vigile e
cioè la loro capacità di critica ; appartengono quindi al campo
della comunicazione subliminale. Sono premeditati, studiati a
tavolino. Ho individuato i seguenti :


a) C’è una riabilitazione della condotta di guerra americana nel
Pacifico. Le efferatezze furono compiute da soldati normalmente
brave persone ma sottoposte a stress e non dettate da una
filosofia di guerra precisa. Questa riabilitazione, anche
compiuta da Salvate il soldato Ryan per il teatro europeo, a mio
parere è stata ritenuta opportuna per i contraccolpi di immagine
dovuti alla Guerra del Golfo ed altri episodi precedenti il
film, ad esempio a Panama e in Somalia : il pubblico
internazionale ha notato la ferocia inaudita di queste azioni (
300.000 morti in Iraq ; rastrellamenti e fucilazioni in strada
in Somalia ; bombardamento del quartiere popolare di El
Chorrillo a Panama City, con 2.000 o 4.000 morti, solo a
generico scopo punitivo ) ed ha cominciato a riflettere su tanti
episodi poco chiari della Seconda Guerra Mondiale. Il coperchio
posto sinora dall’USIA sulla vera prassi di guerra americana
nell’ultimo conflitto sta cominciando a perdere e Hollywood
sottopone al pubblico una nuova ottica, con piccole ammissioni
che vorrebbero nascondere la grande verità : Si, abbiamo ucciso
prigionieri, o compiuto comunque efferatezze, ma nella foga
della battaglia ; allo stesso modo magari ci sarà capitato di
uccidere qualche civile. L’USIA non vuole a nessun costo che il
mondo realizzi quella che è la filosofia di guerra americana di
sempre : accettare il combattimento solo quando in superiorità
schiacciante ; fare niente o pochi prigionieri ; fare stragi di
civili. Ciò perché così il mondo temerebbe TROPPO gli americani
e comincerebbe a isolarli e a prendere provvedimenti.


b) Ma UN PO’ di timore gli USA al mondo lo vogliono infondere.
Ricordiamoci in che momento siamo. Il Muro di Berlino è caduto
nel 1989. Gli americani pensano che la Russia è alle corde e in
attesa che scompaia si preparano al dominio di fatto del mondo
intero, per sfruttarlo. Per farsi obbedire dai vari paesi già
sin da ora possono minacciare l’intervento armato e la minaccia
è più efficace se si instilla nel mondo la cognizione che -
MAGARI NON VOLENDO - gli americani quando intervengono fanno
sempre carneficine. Il messaggio è : Pensateci bene prima di
dire di no all’America.


c) Il mondo va ABITUATO dunque alla VIOLENZA AMERICANA, ci si
deve rassegnare. I soliloqui di Witt instillano appunto l’idea
che il mondo deve convivere con la violenza, con le guerre e
guerricciole, perché il Male è immanente. Non è colpa di nessuno
in particolare ; che nessuno si fissi nel dare la colpa
all’America, anche se è lei ad uccidere. Messaggio molto
sofisticato. Infatti c’è Malick. Il convogliamento di un
messaggio del genere non si esaurisce certo con un film. Si
tratta di creare con la dovuta gradualità e con la solita
molteplicità di mezzi in sinergia fra di loro un’atmosfera nella
psiche internazionale, così come fatto ad esempio per la Guerra
Fredda o il Consumismo, e come si sta facendo con la
Globalizzazione. Ci saranno altri film e naturalmente i prodotti
di altri mezzi mediali come i romanzi e la musica.


d) Chiaro tema fra le righe del film è l’avanzata del Progresso
: a penetrare in una natura incontaminata e abitata da genti
arretrate, respingendo le sue forze ostili e oscurantiste ( i
giapponesi-indiani ), non è in realtà l’esercito americano ma il
Progresso. Questo è il motivo per cui non ci sono soldati neri
nel film : non è un esercito reale ma il Progresso, che è
bianco. E’ un tema propagandistico pro America, visto come è
trattato. Questo Progresso né dialoga né cerca di convincere ma
semplicemente si impone con la forza : è la prassi statunitense
nel Terzo Mondo, con le sue sovversioni politiche, le sue
minacce, i suoi bombardamenti. Il film ci dice che tale prassi
non è condannabile, perché è ineluttabile, connaturata nel modo
di camminare della Storia. Il fatto che il soldato Witt
circondato da un nugolo di giapponesi non si arrenda sottolinea
l’impossibilità di compromessi e di concessioni.


e) Notiamo ulteriormente che gli unici due soldati bianchi non
esattamente all’altezza del compito sono il capitano Staros e il
fante in crisi di panico : il primo è di origine greca
dichiarata e il secondo con tratti latini, forse di origine
italiana ( è anche possibile che nelle versioni del film non per
l’Italia le sue origini italiane risultino con più chiarezza ).
Sarebbe strano che ciò fosse per caso in un film studiato come
questo ( di nuovo il romanzo di ispirazione non conta ) e
parrebbe allora che si faccia una ulteriore distinzione
nell’ambito del Progresso bianco : esso è nella sua essenza
anglosassone. Ci troveremmo così anche in presenza di una
sintesi di Malick sulla storia dell’Occidente attraverso la
composizione del manipolo, che sarebbe una allegoria del suo
prodotto finale : prima i Greci, poi i Romani, ed ora gli
Anglosassoni, che inglobano i resti dei due precedenti in
posizione subordinata. Messaggio molto sofisticato anche questo.


In conclusione

In conclusione, La sottile linea rossa è un film di propaganda
congegnato con molta intellettualità e realizzato con padronanza
delle tecniche subliminali. Non è stato facile decodificarlo.
Per quanto riguarda la validità filmica dell’opera non sono un
esperto. Come semplice spettatore posso dire che si tratta di un
film lungo ( due ore e mezza ) e globalmente noioso. Si possono
apprezzare i paesaggi : grandiosa la collina con l’erba alta e
fitta mossa dal vento, un’inquadratura ripetuta due o tre volte
che mi sembra copiata da Van Gogh ( fra le altre cose Malick è
un esperto d’arte ). C’è una grande cura dei dettagli : ogni
mezzo e ogni arma, comprese quelle leggere giapponesi, sono
originali. A mio avviso è particolarmente buona, dal punto di
vista filmico, la scena dell’attacco finale al campo base
giapponese. Ma all’ultimo si tratta sempre di un prodotto di
propaganda, di un manifesto pubblicitario come un altro, di
carta straccia. Da buttare nella mondezza, come tutti
indistintamente i film di Hollywood prodotti dopo il 1953.

John Kleeves


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Enrico Galoppini
Politica