Violenza sui vivi: qualcuno si «vergogna»?



Riceviamo e
pubblichiamo non senza dire la nostra.

La profanazione nel cimitero del Verano è un atto barbarico
indipendentemente dal fatto che quelle fossero tombe di ebrei.


Il fatto che lo siano si presta ovviamente ad altre
considerazioni ma di portata enormemente minore rispetto
all'atto in sé (che comunque speriamo di vedere riparato con
intervento diretto del Comune di Roma non lasciando alle
famiglie oltre la ferita morale anche il conto da pagare). E se
poi fosse davvero il racket del caro estinto protagonista di
questa schifezza non ci si limiti a perseguire i reati "normali"
connessi, ma si faccia pagare a questa gentaglia anche la
turbativa dell'ordine pubblico e ogni reato che sia possibile
rubricare.

Altro discorso per la misura israeliana contro le famiglie dei
Palestinesi. E' a tutti evidente che si tratta di una misura
"disperata", quasi "nazista", del Governo Sharon che pensava, annullando Arafat e
occupando i territori, di venire a capo dei kamikaze, di quella
barbarie terribile che é l'andare a farsi dilaniare dalla bomba
addosso pur di "far fuori" inermi civili, donne, bambini. E' un
tentare di tutto per venire a capo del problema. Chissà che là
non si capisca che queste barbarie vanno combattute con l'arma
del negoziato e, sul piano militare, non scaricando tutto sulle
spalle di Arafat ma prendendosela unja volta per tutti con Hamas
e soci, oltranzisti dichiarati, che però sinora sono stati
lasciati abbastanza in pace. Fa politicamente comodo, come lo fa
scaricare su Arafat (NdD)..
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Roma: nella notte tra il 17 e il 18 luglio 2002, al cimitero del
Verano vengono distrutte dalle trenta alle cinquanta tombe
ebraiche, senza che si registri tuttavia alcuna violenza sui
cadaveri.


Cisgiordania: nella notte tra il 18 e il 19 luglio 2002, unità
dell’esercito occupante israeliano rastrellano abitazioni
private e prelevano ventuno uomini, parenti degli autori degli
«attacchi suicidi» dei giorni scorsi, i quali - mentre si
distruggono le loro case - verranno deportati a Gaza.


Cominciamo col primo
fatto. C’era da aspettarselo, si dice. E c’è anche di che
preoccuparsi, perché è già successo che sull’onda emotiva
suscitata dalle profanazioni di cimiteri ebraici, qualcuno
prende la palla al balzo e, in quattro e quattr’otto, impone ad
una pletora di parlamentari irrigiditi dal ricatto morale di
votare provvedimenti liberticidi che nulla hanno a che vedere
con quanto accaduto. Per usare un noto argomento, ci sarebbe da
dire che bisognerà tenere alta la «vigilanza», e l’auspicio del
portavoce della Comunità, Riccardo Pacifici, per cui “bisognerà
capire quali provvedimenti saranno presi dalle istituzioni”,
induce a appunto a preoccuparsi. Anche perché la lista «Per
Israele» nella quale si è candidato con successo alle elezioni
della Comunità si è presentata con parole che in altri contesti
fanno gridare allo scandalo: “Siamo per Israele. Senza alcun
distinguo. Difendere Israele significa difendere noi stessi:
questo è il nostro programma” (“speciale elezioni” allegato a
«Shalom», n. 5/2002).


Le indagini è bene che facciano il loro corso, ci mancherebbe
altro. Si cerca tra i giri degli estremisti «neonazisti» (di
norma infiltrati da agenti provocatori) e «islamici»
(indicazione quanto mai vaga), oppure può darsi che si tratti
dell’opera del racket dei cimiteri o di qualche scellerato.
Vicende analoghe ci hanno comunque preparati al finale a
sorpresa. Ma al presidente Amos Luzzatto interessa per ora
capitalizzare l’accaduto e ribadire che “ora più che mai c’è
bisogno di intervenire con una campagna che sensibilizzi le
coscienze per ricordare la storia e il passato”.


La tomba di un parente fatta a pezzi è certo una scena che
addolora chiunque. Ma in seguito alla vera e propria
smobilitazione registratasi nei ranghi di quelle forze politiche
di sinistra che in vario modo avevano speso la loro immagine
dalla parte dei palestinesi - prima di essere raggelate da quel
“ce ne ricorderemo quando andremo a votare” sentenziato mesi fa
dal rabbino Di Segni -, non sorprende che adesso i politici
facciano a gara nel mostrarsi sconvolti da quello che è sì un
fatto grave, ma certo non di più rispetto a quanto è stabilito
dalle leggi dello Stato, che sono per fortuna un’altra cosa
rispetto alle leggi del coinvolgimento emotivo.


La parola più gettonata in queste ore è «vergogna». “Una
vergogna”, ha affermato Pera; “vergogna a cui reagire con
severità”, gli fa eco Casini; Fini tiene a distinguersi e parla
di “un’infamia che suscita orrore”. Intanto, il telefono del
rabbino Di Segni s’ingolfa di parole di convenienza, tra il
dovuto e l’interessato.


Lo so, trattando la questione in questo modo sono sicuro di
irritare parecchia gente. Ma non è colpa mia. Il problema è che
irritante mi ci hanno fatto diventare quasi tutti i politici e
molti giornalisti, con quel loro peloso pietismo a senso unico,
sempre dimostrato a chi garantisce onori e prebende. I
palestinesi, invece, di questi tempi garantiscono solo rogne.


Pensando a quei disgraziati che in un secolo hanno perso tutto
tranne una ferma volontà di resistere, credo proprio che “ora
più che mai c’è bisogno di intervenire con una campagna che
sensibilizzi le coscienze per ricordare la storia e il passato”.


Una «memoria» che funziona invece come le lucine dell’albero di
Natale ha imposto agli italiani una «Giornata della memoria»
esclusivista, da Vip del genere umano. Se questo è quello che
riesce a produrre la cosiddetta «cultura della memoria», voglio
vivere da smemorato, a Collegno. E poi, lo dicono anche gli
psicologi che non fa bene stare sempre a rimuginare sul passato:
quelli che stanno meglio sono quelli che metabolizzano le
esperienze passate, e finiscono anche per stare bene con gli
altri.


“Violenza sui morti, vergogna per l’Italia”, hanno scritto
alcuni della Comunità ebraica romana all’ingresso del cimitero
del Verano.

Perché mai un Paese intero dovrebbe vergognarsi? Piuttosto, si
vergognino quelli che hanno distrutto quelle tombe («nazisti»,
«islamici», abusivi, mitomani o quant’altro), li si acciuffi e
li si punisca, ripeto, secondo le leggi dello Stato italiano. E
si vergognino pure coloro che non hanno osato provare «vergogna»
quando la lapide che commemorava Raffaele Ciriello, il
fotoreporter italiano freddato a Ramallah da soldati israeliani
mentre cercava di farci sapere qualcosa su un’ingiustizia
colossale, è stata fatta a pezzi senza tante scuse dagli stessi
militari israeliani (forse perché recava la scritta «martire
dell’informazione»).

«Vergogna» bandita anche quando la statua della Madonna che
domina la chiesa della Sacra Famiglia a Betlemme è stata
crivellata dal fuoco israeliano. E dov’è la «vergogna» quando si
smembrano famiglie e gruppi interi di parenti vengono deportati
per colpe che non hanno?


Una delle differenze tra la libertà e il totalitarismo sta
appunto nella capacità di saper distinguere, di attribuire
meriti e responsabilità con discernimento, e non facendo di
tutta un’erba un fascio con la storia che elogi e biasimi,
benedizioni e maledizioni ricadrebbero sempre su intere
collettività. E’ uno schema, questo, che va per la maggiore nel
cosiddetto «mondo libero». A questo punto mi chiedo da che cosa:
forse dal non provare «vergogna» mentre ventuno palestinesi
innocenti saranno deportati in applicazione del barbaro concetto
di colpa collettiva.


Sposando la logica totalitaria di chi ha scritto quello lo
striscione, si potrebbe ribattere: “Violenza sui vivi, vergogna
per Israele”. Ma non c’è bisogno di imbarbarirsi fino a questo
punto. Come invece fa chi prova «vergogna» per l’oltraggio alle
‘case dei morti’ e se ne frega della distruzione di quelle dei
vivi
Enrico Galoppini


GdS 18 VII 01

OC-GdS5: Attenzione alle persone anziane. C'è anche qualcuno che attraversa all'improvviso, magari dopo aver guardato verso di noi e visto che l'auto arrivava.


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Enrico Galoppini
Politica