DALLA TERRA DI GESÙ

""Vi narro con cuore di padre e sacerdote, la morte di una figlia della nostra scuola della Santa Famiglia, la cara, Christine Wadi al-Turk, la prima cristiana a morire in guerra. Christine, alla 3° media nella nostra scuola, è morta questa mattina, venerdì 2 gennaio 2009 a causa della paura e del freddo. Le finestre di casa sua sono state aperte per proteggere i bambini dai frammenti di vetro e dai missili che passano sopra. Il bombardamento che ha colpito la casa del suo vicino le ha causato uno shock che ha scosso orrendamente tutto il suo corpo. Lei non ha sopportato tutto questo, così è andata a lamentarsi dal suo Creatore……"" Così racconta Padre Manuel Musallam Parroco di Gaza, in una lettera pervenutaci alcuni giorni addietro, datata 20 gennaio 2009. Padre Manuel continua la sua missiva raccontando vari episodi raccapriccianti attinenti a quei giorni di guerra e la termina, oltre che a chiedere aiuti materiali, con un appello: "La pace è possibile solo se si abbraccia la giustizia. Se il mondo concede al popolo Palestinese i diritti umani ci sarà sicuramente la pace in Medio Oriente e diciamo al mondo: d'ora in poi nessuno mi causi problemi perché io reco sul mio corpo i segni di Gesù".

Questo accorato, dignitoso e drammatico grido di dolore di un prete Cristiano, che condivide con i suoi parrocchiani arabi i disagi e le paure della guerra, ci fa venire in mente tante situazioni analoghe presenti nello scacchiere Afro-Asiatico, dove i nostri missionari sono presenti con le loro opere di misericordia e di carità cristiana. In tutti quei posti le guerre sono scatenate da forti interessi e da logiche di potere (petrolio, metalli rari, giacimenti diamantiferi, legno pregiato, eccetera), ma in Israele, o in Palestina che dir si voglia, la guerra assume tutta un'altra connotazione. In quel luogo la guerra permanente tra i due popoli è un residuato di conflitti e di guasti antichi rinfocolati periodicamente dalla stupidità umana. Così era ai tempi di Gesù, tra i romani e i palestinesi (tra Cesare ed Erode), così è oggi alla luce degli obrobrii causati dalla occupazione da parte dei Paesi belligeranti della seconda guerra mondiale. Ma andiamo per ordine.

La definitiva sconfitta dell'Impero Ottomano, a conclusione della prima guerra mondiale, vide i due paesi vincitori (e colonialisti per eccellenza): Francia e Gran Bretagna, spartirsi il territorio Medio Orientale. L'Inghilterra ottenne il mandato sulla Palestina e sull'Iraq, mentre alla Francia venne assegnata la Siria e il Libano. L'idea di creare in Palestina un progetto sionista dove collocare il milione di ebrei fuggiti dalla Russia era nei progetti iniziali della Gran Bretagna fin da allora. Compromessi e intrighi tra inglesi e arabi, tra francesi e turchi, hanno sconvolto quei territori, disegnato e imposto con la forza nuovi confini.

Tutto ciò per rispondere a logiche di potere colonialista, senza la minima preoccupazione dei guasti e dei conflitti che si sarebbero creati con, e tra, le popolazioni locali, mano a mano scacciate dai loro territori.

Sotto il dominio inglese, a partire dal 1939 gli ebrei in Palestina rappresentavano solo il 28% della popolazione, ma ormai si incominciava a parlare di uno stato arabo-ebraico. Durante i primi anni '40 ci fu un'esplosione di attività terroristica ebraica contro gli inglesi, colpevoli di aver posto limiti alla all'immigrazione. In seguito al genocidio perpetrato dai nazisti tedeschi (nel contempo alleatisi con i turchi), contro gli ebrei d'Europa e le pressioni politiche nel paese e fuori, insieme all'azione terroristica, spinsero la Gran Bretagna ad investire l'ONU della responsabilità del futuro Stato. Il 29 novembre 1947 l'ONU votò un piano di spartizione tra uno stato ebraico e uno arabo, proponendo uno statuto speciale per Gerusalemme. Il 14 maggio 1948 la Gran Bretagna lascia la Palestina e Ben Gurion (primo capo di stato ebreo) proclama immediatamente la nascita dello stato di Israele. Le truppe arabe dei paesi confinanti organizzano una avanzata militare in territorio palestinese. Israele risponde cominciando sistematicamente una campagna di terrore contro la popolazione locale costretta a fuggire dai villaggi attaccati e riesce ad occupare alcuni luoghi importanti e ad integrarli nel suo territorio. I nuovi confini vengono accettati (dall'ONU) come fatto compiuto e la parte palestinese rimasta in mano araba viene annessa al regno di Giordania, mentre la striscia di Gaza viene assegnata all'Egitto. L'esodo palestinese è cominciato e la parola Palestina esce dal vocabolario politico e storico della regione.

Ho volutamente ricordato con questi cenni storici, che la situazione di quel Paese e di quei popoli non è assolutamente facile da capire, nè da accettare, tantomeno da condannare, come spesso è uso fare nelle discussioni da bar. Da ambo le parti ci sono forti torti e altrettanto forti ragioni. Quello che noi popoli occidentali possiamo fare è costringere i nostri governi a non schierarsi per l'una o per l'altra parte ma, attraverso i canali diplomatici lavorare alacremente e all'unisono per ristabilire una pace duratura e giusta capace di spegnere quel focolaio di rancori e di odio che alla lunga potrebbe incendiare il mondo intero.

In fondo, col suo grido di dolore, non è altro ciò che chiede Padre Manuel Musallam e noi possiamo aiutarlo, per il suo e anche per il nostro bene.

Valerio Dalle Grave

Valerio Dalle Grave
Politica