L'IMMIGRAZIONE CLANDESTINA FRATTURA IL PARTITO REPUBBLICANO

"L'immigrazione clandestina minaccia la sicurezza delle famiglie" ha detto recentemente Matt Blunt, il governatore dello Stato del Missouri. Blunt era contento di potere firmare un decreto di legge statale che attacca l'immigrazione clandestina. Secondo il governatore la nuova legge è una delle più forti degli Stati Uniti per combattere la presenza degli indocumentati. Lo Stato dell'Arizona ha approvato simili leggi l'anno scorso ma adesso esse vengono sfidate dai datori di lavoro. La severità di queste nuove leggi impedisce alle ditte di trovare abbastanza lavoratori. Inoltre includono multe e persino severe punizioni per ditte che assumono impiegati privi di permessi di lavoro regolare.

Queste leggi locali o statali per affrontare la questione dell'immigrazione sono divenute necessarie perché il governo federale non ha agito nonostante il fatto che l'immigrazione appartiene esclusivamente al governo di Washington. Quindi i cittadini si sono rivolti ai loro legislatori locali e statali cercando di risolvere il problema. Sembra però che l'ideologia abbia esagerato e sia andata a sbattere contro la realpolitik del business.

Se il governo federale non è riuscito ad agire mediante nuove leggi il potere esecutivo ha cominciato ad applicare le leggi già in esistenza. Una di queste risorse per ridurre l'immigrazione clandestina è stata di richiedere che le ditte americane usino un sistema elettronico per verificare che i lavoratori assunti abbiano il permesso di residenza legale. Il programma si chiama E-verify e consiste di una lista creata dal governo. Se i dati che un lavoratore presenta a una ditta non corrispondono a quelli della Social Security Administration il datore di lavoro ha 90 giorni per risolvere il caso o licenziare l'impiegato. Sfortunatamente alcuni cittadini americani sono andati a finire in questa lista e gli ha fatto perdere il lavoro. Ma dal punto di vista dei datori di lavoro E-verify è un grosso grattacapo perché loro sostengono di non avere il tempo per controllare in modo dettagliato che le persone assunte si trovino nel Paese legalmente.

Reagendo contro alcune di queste leggi troppo aspre i datori di lavoro hanno cominciato a spingere per nuove leggi più amichevoli al business. In Arizona un gruppo di ditte ha raccolto quasi 300.000 firme per un nuovo referendum onde modificare la legge anti-clandestini del 2007 e renderla più "pratica" per il commercio. L'iniziativa chiamata "Stop Illegal Hiring Initiative" cerca di correggere quella dell'anno scorso dominata dall'ideologia degli elettori dell'Arizona. La nuova iniziativa continuerebbe la sanzioni contro i datori di lavoro che assumono impiegati illegalmente facendogli perdere la licenza dopo la terza offesa. Attaccherebbe i piccoli datori di lavoro che assumono clandestini e li pagano in nero. Toglierebbe però la necessità "dell'infame" E-verify. Nonostante il voto bipartisan che ha approvato la legge l'anno scorso la stragrande maggioranza erano membri del Partito Repubblicano. Lo stesso partito in grande maggioranza dei datori di lavoro che adesso vuole addolcire l'ideologia per renderla più amichevole al business.

Le ditte vogliono un "guest worker program", un sistema che gli permette di assumere lavoratori stranieri legalmente a tempo determinato. La realtà è che questo programma già esiste ma secondo i datori di lavoro è troppo burocratico e non permette alle aziende di ottenere in modo tempestivo la manodopera necessaria. Dato che il governo federale non ha combinato nulla il business cerca ora di usare il sistema legislativo Statale ma in ciò dovrà fare i conti con Washington che soffre di inerzia.

Nel frattempo gli elettori dominati dall'ideologia di ciò che è legale e le ditte che hanno bisogno di lavoratori si fanno la guerra. Chi la vincerà? In Arizona due nuove iniziative dominate dagli stessi gruppi ideologici che volevano spingere ancora di più contro le aziende che assumono lavoratori clandestini non hanno ottenuto abbastanza firme. Un presagio che il business vincerà questa battaglia?

Domenico Maceri (x)

(x) dmaceri@gmail.com), PhD della Università della California a Santa Barbara, è docente di lingue a Allan Hancock College, Santa Maria, California, USA. I suoi contributi sono stati pubblicati da molti giornali (International Herald Tribune, Los Angeles Times, Washington Times, San Francisco Chronicle, Montreal Gazette, Japan Times, La Opinión, Korea Times, ecc.) ed alcuni hanno vinto premi dalla National Association of Hispanic Publications.

Domenico Maceri (x)
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