Via le Province. E ora via le Camere di Commercio? Giù le mani!
La Treccani, il Gotha dell'enciclopedismo, dà questa definizione di 'spanna': “La distanza che intercorre tra la punta del pollice e quella del mignolo della mano distesa e con le dita allargate quanto più possibile”. Wikipedia invece: “La spanna è un'unità di misura antica, che si basa sulla distanza tra le punte del pollice e del mignolo in una mano di adulto aperta, equivalendo a circa 20 cm.". Queste definizioni sono ampiamente superate dalla realtà romana come abbiamo visto nella vicenda della progettata eliminazione delle Province che se non fosse per la serietà del problema e per la negativa incidenza sul quotidiano di circa 25 milioni di famiglie andrebbe definita carnascialesca. I fatti e la loro successione dimostrano come si sia partiti dalla copertina del libro ma senza nessuna delle pagine interne in una sarabanda che ha coinvolto tutti, giornalisti compresi che hanno trovato un facile slogan per i loro titoli. Dilettantismo della peggior specie perchè ha assunto come base la 'spanna' ma purtroppo non quella della Treccani o di Wikipedia, spanne cioè di 20 centimetri. Qui si va altro che a centimetri, qui la distanza intercorre tra la punta del pollice e quella del mignolo della mano distesa e con le dita allargate ma non di una persona bensì di un gigante tipo Briareo, spanna cioè di parecchi metri.
Dopo quello che è stato detto e scritto sulle Province, via via correggendo le fesserie precedenti portiamo l'ultimo esempio di spannometria alla Briareo. Fra le vittime sacrificali conseguenti alla decapitazione delle Province è stata autorevolmente preannunciata, con gli altri soggetti, quella delle Camere di Commercio. Le cantonate in sequenza della prima vicenda hanno consigliato di cambiare registro. E così per le Province s'è trovata la soluzione: nelle more dell'iter costituzionale per la loro sparizione, visto che era spannometrica al cubo l'idea di passare le funzioni a Comuni e Regioni lasciamo qualcosa ma svuotiamole sia di competenze che di autorevolezza, togliendo la fonte dell'autorevolezza ovvero l'elezione diretta.
Via il diritto camerale, per le imprese risparmio colossale: 63 € l'anno!
Analogamente, primo colpo alle Camere di Commercio, togliendo loro ossigeno. Via soldi statali ma soprattutto via il diritto camerale che le imprese oggi pagano. Quanto spannometrica, alla Briareo, sia questa trovata lo dimostrano i conti che evidentemente a Roma si erano ben guardati di fare: mediamente le imprese risparmieranno ogni anno 63 euro, pari a poco più di 5 euro al mese; per le ditte individuali, che rappresentano il 60% delle imprese italiane, il risparmio effettivo non supererà i 32 euro l’anno, ovvero 2,6 euro al mese.
Il contraccolpo
A fronte di questo modesto risparmio, la norma produrrà rilevanti effetti negativi:
- o sulle economie dei territori, in termini di minori investimenti realizzati: si stimano 2.500 milioni di euro in meno, corrispondenti ad una perdita di due decimi di punto percentuale di valore aggiunto;
- o sull’occupazione: sia sul fronte degli occupati del sistema camerale, per cui si stimano oltre 2.500 unità di personale potenzialmente in esubero, che lo Stato dovrebbe riallocare; sia sul fronte degli occupati delle imprese, a seguito dell’impatto recessivo per le economie territoriali conseguente alla riduzione del diritto camerale;
- o direttamente sul bilancio dello Stato, per il quale l’aggravio complessivo è stimabile in circa 167 milioni di euro: di cui 89 per i costi del personale camerale in esubero, 56 milioni per minori versamenti obbligatori che le CCIAA non potranno più effettuare e per minori imposte e tasse e 22 milioni per gli oneri previdenziali attualmente a carico del sistema camerale siciliano.
Innovare comunque bisogna e lo sanno anch le Camere di Commercio “pronte ad un percorso di riforma che preveda, fra l’altro, accorpamenti di Camere di commercio ed aziende speciali, l’introduzione di costi standard (in grado da soli di portare risparmi a regime pari a 300 milioni di euro), la riduzione del numero dei consiglieri”. Questa in sintesi la proposta avanzata dal Presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, in occasione dell’audizione svoltasi davanti alla I Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati..
“Lo Stato” ha ricordato Dardanello “assegna alle Camere di commercio una serie crescente di compiti che vanno dalla tenuta del Registro delle imprese a quelli dei protesti e dei gestori ambientali, al rilascio di firma digitale e delle carte tachigrafiche, alla gestione di oltre 3200 Suap (Sportello unico per le attività produttive) su delega dei comuni, alla gestione delle Borse merci, alla metrologia, alla sicurezza dei prodotti, alla ricezione delle domande per marchi e brevetti, allo sviluppo delle infrastrutture locali, al supporto per l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese ed altro ancora. Senza contare che la legge di stabilità per il 2014 impegna le Camere di commercio a finanziare i Confidi per almeno 70 milioni l’anno per il prossimo triennio. A ciò va aggiunto che le Camere versano al bilancio dello Stato circa 80 milioni annui fra risparmi di spesa ed imposte e che sostengono direttamente le spese delle attività sanzionatorie delegate dallo Stato (circa 15 milioni di euro annui)”.
Tra il dire e il fare...
Questa volta abbiamo l'impressione che non sarà facile visto che fra il dire e il fare ce ne passa. Il fronte delle opposizioni è amplissimo comprendendo anche i sindacati che avendo loro rappresentanti negli organismi direttivi sanno bene, contrariamente a qualcuno a Roma, che le Camere di Commercio sono indispensabili, sia pure con le innovazioni che il mutare della società richiede. Problema particolarmente sentito in Lombardia, regione ovviamente in primissima posizione dal punto di vista economico. Deciso quindi l'intervento a Milano dove la spanna non esiste, neppure quella di 20 centimetri.
Maroni: in Giunta
(Ln) "Vogliamo sostenere il nostro Sistema camerale qui in Lombardia. La rete delle Camere di commercio non è un costo inutile da tagliare, ma rappresenta un'opportunità e uno strumento di intervento nelle politiche di sostegno al mondo delle imprese, per questo in Giunta porterò una delibera per istituire il Tavolo lombardo del Sistema camerale, a cui inviterò i presidenti regionali delle associazioni di categoria rappresentate nel Sistema camerale, i vertici di UnionCamere e i presidenti delle Camere di commercio". Lo ha spiegato il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni al suo arrivo a Ville Ponti, a Varese, per partecipare al Consiglio camerale della locale Camera di Commercio. "Il decreto che dimezza i contributi alle Camere? Il sistema camerale qui in Lombardia funziona bene - ha rilevato Maroni - e c'è il mio impegno, attuando la decisione del Consiglio regionale, di intervenire, sollecitando anche i parlamentari lombardi, perché modifichino il decreto con un emendamento soppressivo della parte che dimezza il contributo alle Camere di Commercio".
In provincia
In provincia, dove si tocca con mano come vanno le cose, se un Ente spreca o invece viaggia 'alla valtellinese', come per il problema Provincia la posizione è una sola, e lo diciamo con lessico sindacale: 'giù le mani dalla Camera di Commercio' così come 'giù le mani' per gli altri soggetti sui quali nella capitale, sempre spannometricamente alla Briareo, si allungano bavosi tentacoli. Un quadro che, preso nel suo insieme – la spariamo grossa ma siamo pronti a produrre pezze giustificative di questa provocazione – rischia, ferma ovviamente la posizione di fondo circa democrazia e diritti fondamentali del cittadino, di trovare qualche similitudine con quel tratto di XX° secolo compreso fra gli anni '25 e gli anni '40 quando alla guida della Provincia furono ben in sei e ben 10 media un anno e mezzo per uno!!! - alla guida del Comune di Sondrio con due elezioni con un sistema tipo il deprecato 'Porcellum.'. Il Gran Consiglio del Fascismo infatti predisponeva la lista dei futuri deputati sottoponendola ad una specie di referendum. Votarono nel 1929 in 8.661.820 su 9.460.737 con 8.517.838 a favore e contro in 135.773 (nulle 8.209): nel 1934, votanti 10.041.997 su 10.433, a favore 10.026.513 contro 15.265 (nulle 219 ) . Le preferenze non le vogliono, in tanti o addirittura quasi tutti al di là delle posizioni ufficiali. Il Senato non lo eleggiamo più noi cittadini-paria. Le Province non le eleggiamo più noi cittadini-paria. Le diverse articolazioni statali vengono accorpate a noi restando, di fatto, uffici di serie B con la sede decisionale altrove. Prescindendo da ogni considerazione di politica-partitica, non ci sembra di poter dire che il nuovo che avanza sia una conquista di democrazia.
a.f.