ELEZIONI USA: SI PARLA ESPAÑOL

"Credo che determineremo l'esito dell'elezione presidenziale del 2008". Ecco come Adolfo Carrion, presidente della NALEO, l'organizzazione nazionale di legislatori latinos, ha caratterizzato l'impatto del voto ispanico.

La recente storia ci indica che a volte un'elezione presidenziale negli Stati Uniti può essere determinata da poche centinaia di voti. Quindi il voto dei Latinos potrebbe essere cruciale soprattutto in alcuni Stati in bilico come il New Mexico, la Florida, il Nevada e il Colorado. In questi Stati dove nel 2004 George Bush uscì vittorioso, il margine di differenza era solo del 5%. Con l'aumento della popolazione latina ci sono buone possibilità che il voto ispanico potrà fare la differenza.

Ecco perché John McCain e Barack Obama, i due candidati del Partito Repubblicano e Democratico rispettivamente, hanno ambedue tenuto un discorso al recente Congresso di NALEO. Entrambi candidati riconoscono che i latinos sono un gruppo importante che potrebbe essere decisivo.

Tradizionalmente il 70% degli elettori ispanici vota per il Partito Democratico mentre il Partito Repubblicano riceve meno del 30% dei consensi. George Bush, il quale ha raggiunto la cifra del 40% del voto latino, è un'eccezione. Bush ha fatto uso della lingua spagnola benché la conosca in modo limitato per conquistarsi i voti dei latinos. Inoltre, i suoi legami familiari con il mondo ispanico hanno agevolato le sue iniziative. Come si sa, il fratello Jeb Bush, ex governatore della Florida, ha sposato Columba Garnica Gallo, una messicana.

John McCain, il candidato repubblicano, senatore dell'Arizona, uno Stato dove lo spagnolo e i latinos continuano a crescere, non avrà lo stesso successo di Bush con gli ispanici. In un certo senso dovrebbe essere facile per lui conquistarsi una "buona fetta" dell'elettorato latino. Da una parte c'è il fatto che nelle primarie democratiche Hillary Clinton ha sconfitto sonoramente Obama con questo gruppo etnico. McCain ha cercato di corteggiare questi amareggiati sostenitori dell'ex first lady i quali hanno "minacciato" di lasciare il Partito Democratico invece di votare per Obama nell'elezione generale. Inoltre la politica di immigrazione di McCain è molto moderata e dovrebbe fare piacere agli ispanici.

Nonostante i suoi problemi con gli ispanici Obama sembra avere dato una svolta adesso che Hillary Clinton ha abbandonato la corsa. Gli ultimissimi sondaggi della Gallup rivelano che il candidato democratico sconfigge quello repubblicano con il voto ispanico (67% Obama, 32% McCain). Sembra dunque che lo spiraglio offerto a McCain dalla "vittoria" di Hillary Clinton con gli ispanici sia scomparso e Obama ha fatto molti progressi con questo gruppo etnico.

Ciò non è da sottovalutare minimamente perché il numero degli elettori latinos crescerà fino a 9,2 milioni di elettori nel 2008, un incremento del 21% dal 2004. Quindi sia Obama che McCain cercheranno di raggiungere questi elettori. Nonostante le loro particolari esigenze come la questione dell'immigrazione, agli elettori latinos importano le altre questioni che preoccupano l'americano medio: la guerra in Iraq e l'economia. Non a caso McCain è stato parecchie volte interrotto durante il suo discorso al gruppo NALEO con gridi e cartelli di McCain è uguale alla guerra. Come si sa le forze armate americane sono formate da volontari ed una buona percentuale sono latinos i quali si arruolano cercando opportunità economiche.

Nonostante l'incertezza degli elettori ispanici verso Obama a causa della questione razziale, il candidato democratico potrebbe usare le sue radici bianche e nere per comunicare. Molti ispanici ricordano il loro passato di immigrati e Obama potrebbe facilmente identificarsi con loro dato che suo padre era nato nel Kenya. C'è poi il fattore di essere membro di un gruppo minoritario e come ha detto Obama al Congresso di NALEO forse la prossima volta toccherà a un latino divenire candidato presidenziale del Partito Democratico. Una sua sconfitta, invece, potrebbe reiterare che solo i bianchi possono divenire Presidente degli Stati Uniti.

Domenico Maceri (x)

(x) dmaceri@gmail.com), PhD della Università della California a

Santa Barbara, è docente di lingue a Allan Hancock College, Santa Maria, California, USA. I suoi contributi sono stati pubblicati da molti giornali (International Herald Tribune, Los Angeles Times, Washington Times, San Francisco Chronicle, Montreal Gazette, Japan Times, La Opinión, Korea Times, ecc.) ed alcuni hanno vinto premi dalla National Association of Hispanic Publications.

Domenico Maceri (x)
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