IL VERO COSTO DELLA GUERRA IN IRAQ

"C'è voluto un Clinton per far pulizia dopo il primo Bush e penso che ce ne vorrà un altro per far pulizia dopo il secondo". Ecco come Hillary Clinton ha spiegato l'importanza del suo ritorno alla Casa Bianca.

Le pulizie necessarie includono naturalmente il costo della guerra in Iraq. Difficile calcolare esattamente ma secondo alcune cifre del governo statunitense 800 miliardi di dollari saranno spesi nella guerra in Iraq e Afghanistan poco prima che Bush vada via dalla Casa Bianca. Inoltre bisogna considerare i costi futuri come diretta conseguenza del conflitto. Questi includono le necessarie cure per i veterani come pure gli interessi da pagare per i soldi che si sono prestati per finanziare la guerra. La professoressa Linda J. Bilmes (Harvard University) e il professor Joseph Stglitz (Columbia University) hanno calcolato che il costo totale sarà di 3.000 miliardi di dollari. Questa stima assume che dopo l'elezione di novembre i soldati americani cominceranno a ritornare a casa.

Naturalmente vi sono spese collaterali alla guerra come per esempio il costo del petrolio. Si crede che fra 5 e 10 dollari dell'aumento del costo del petrolio siano dovuti alla guerra. C'è poi la mancanza di produttività di tute le persone che sono state coinvolte nella guerra che è impossibile calcolare.

Si tratta di cifre inconcepibili che non parlano chiaro. Una buona maniera di renderle concrete è di vedere che cosa si sarebbe potuto fare con tutti quei soldi spesi in una guerra che la stragrande maggioranza degli americani adesso considera uno sbaglio. Si calcola che con 200 miliardi di dollari (costo annuale della guerra in Iraq) si potrebbe eliminare l'estrema povertà dal mondo (135 miliardi). Il resto del bilancio annuale si potrebbe usare per eliminare l'analfabetismo dal mondo, fornire soldi ai paesi in via di sviluppo e combattere l'Aids (22 miliardi).

Il costo di sanità del programma di Hillary Clinton per coprire i 47 milioni di americani che al momento devono farne senza sarebbe 100 miliardi. Quello di Obama, meno inclusivo, si aggira sui 60 miliardi. Cifre ambedue abbordabili quando si pensa ai numeri del costo della guerra in Iraq.

I soldi spesi nella guerra si potrebbero usare in altri modi. Per esempio, si potrebbe ridurre il bilancio annuale americano che per il 2008 si stima di aggirarsi sui 320 miliardi di dollari. I risparmi della guerra potrebbero fare molto per diminuire il deficit totale degli Stati Uniti che il numero degli zeri rende la cifra inconcepibile eccetto agli economi più specializzati.

Questo è il costo in dollari. Naturalmente il costo umano per quanto riguarda gli americani ha oltrepassato 4.000 morti nel conflitto. Bisogna naturalmente aggiungere il costo umano iracheno. Secondo alcuni analisti quasi 100.000 iracheni fra soldati e civili sono morti nei cinque anni di guerra.

Il presidente George Bush all'inizio della guerra aveva detto che il costo totale sarebbe stato di 20 miliardi di dollari e che i soldi sarebbero stati recuperati mediante il petrolio dell'Iraq. È chiaro che si è sbagliato di grosso. John McCain, il candidato repubblicano alla presidenza, non sembra avere nessuna idea del costo della guerra e crede che forse gli Stati Uniti dovranno mantenere truppe in Iraq per parecchi decenni come hanno fatto in altri Paesi del mondo.

Hillary Clinton e Barack Obama, i due candidati democratici alla nomina, hanno detto che da presidenti ritirerebbero le truppe dall'Iraq. Ciò che non hanno sottolineato nella loro campagna è il costo e tutto ciò che si sarebbe potuto fare con i soldi spesi in Iraq. Gli elettori americani hanno bisogno di opzioni facili da capire. Sfortunatamente nessuno dei due candidati ha presentato scelte chiare.

Hillary Clinton ha ragione che bisogna fare le pulizie alla Casa Bianca. Sfortunatamente le sue mani sono macchiate dal suo voto per appoggiare la guerra in Iraq. Ci vogliono mani pulite. Barack Obama?

Domenico Maceri (x)

(x) dmaceri@gmail.com, PhD della Università della California a

Santa Barbara, è docente di lingue a Allan Hancock College, Santa Maria, California, USA. I suoi contributi sono stati pubblicati da molti giornali (International Herald Tribune, Los Angeles

Times, Washington Times, San Francisco Chronicle, Montreal Gazette, Japan Times, La Opinión, Korea Times, ecc.) ed alcuni hanno vinto premi dalla National Association of Hispanic Publications.

Domenico Maceri (x)
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