WARREN BUFFETT: TASSE PIÙ ALTE AI MILIARDARI 11 8 30 7
"Mentre i poveri e la classe media combattono per noi in Afghanistan e la maggioranza degli americani stenta ad arrivare a fine mese, noi, gli ultraricchi continuiamo a ricevere straordinari sgravi fiscali". Così ha scritto recentemente in un articolo sul New York Times Warren Buffett, il terzo uomo più ricco al mondo dopo il messicano Carlos Slim e l'altro americano Bill Gates.
Buffett, il leader del gruppo di investimenti Berkshire Hathaway, spiega che l'anno scorso ha pagato quasi sette milioni di tasse, ossia il 17% del suo reddito, mentre le venti persone che lavorano nel suo ufficio hanno sborsato il 36%. Qualcosa non quadra per Buffett il quale crede che il "sacrifico condiviso" di tutti gli americani esclude i benestanti.
La soluzione è facile per Buffett. Coloro i quali guadagnano più di un milione dovrebbero essere tassati di più. Non ha nessun torto. La cifra massima delle tasse in America è il 35%, la più bassa degli ultimi 60 anni. Nel 1950 era il 91%. Anche dal punto di vista comparativo con altri Paesi industriali le tasse in America sono basse.
Si sa già che negli ultimi anni i ricchi hanno prosperato mentre la classe media ha perso terreno. Quindi sarebbe giusto che in periodi di crisi economica i ricchi pagassero di più per non ridurre i servizi ai poveri e alla classe media.
Ovviamente i repubblicani non la vedono come Buffett. Alcuni hanno detto che se Buffett crede che le sue tasse siano troppo basse lui potrebbe scrivere un assegno al governo. Altri hanno ripetuto il solito mito che gli aumenti alle tasse riducono l'attività economica e uccidono i posti di lavoro. I benestanti, che i repubblicani hanno cominciato a chiamare "creatori di posti di lavoro", non devono essere puniti con tasse più alte.
Che le tasse negli Usa dovrebbero essere aumentate lo ha anche sostenuto l'agenzia di rating S&P nel suo rapporto che ha incluso il ribasso di rating da AAA a AA+.
Buffett continua a ribadire che fra il 1980 ed il 2000 le tasse erano più alte e quasi 40 milioni di posti di lavoro furono creati.
L'idea che le tasse basse aumentano l'occupazione è dimostrata, secondo alcuni, dal Texas dove il governatore Rick Perry e neocandidato alla nomination repubblicana per presidente, dice di avere creato 250.000 posti di lavoro. Infatti, i posti di lavoro nel Texas aumentavano anche con i due predecessori di Perry. Il governatore del Lone Star non spiega però che dal 2007 al 2010 il 47% dei posti di lavoro non sono originati dall'iniziativa privata ma bensì dal governo in buona parte dallo stimolo all'economia approvato da Barack Obama. Bisogna notare anche che molti di questi posti di lavoro pagano poco più della soglia del salario minimo.
Il Texas con le sue tasse basse spende pochissimo per la pubblica istruzione (quarantaquattresimo posto fra tutti gli Stati dell'unione). Inoltre il Lone Star si trova all'ultimo posto di tutti gli Stati in quanto al numero di persone con assicurazione medica. La disoccupazione del Texas al momento è 8,2%, inferiore alla media nazionale (9,1%), ma superiore a quella di altri Stati come New York e Massachusetts. Questi sono considerati Stati con tasse relativamente alte ma la disoccupazione scende al 7,6%. Nel Massachusetts quasi tutti i residenti usufruiscono di assicurazione medica che è stata approvata da Mitt Romney, altro candidato alla nomination repubblicana, quando era governatore dello Stato.
Le tasse più basse dunque non significano un'economia più forte ma infatti si traducono in un livello di servizi inferiori.
In un'intervista alla rete televisiva Pbs Buffett ha chiarito che il suo articolo nel New York Times era indirizzato alla supercommissione dei dodici parlamentari e senatori che dovranno preparare un piano per fare quadrare il deficit tra tagli e forse anche aumenti alle tasse. Stanno a sentire i sei repubblicani di questa commissione che hanno fatto la promessa solenne di mai e poi mai aumentare le tasse?
"I miei amici ed io siamo stati coccolati abbastanza da un Congresso amico ai miliardari. È ora che il nostro governo prenda sul serio il concetto di sacrificio condiviso". Ecco come ha concluso il suo articolo Buffett.
Domenico Maceri (x)
(x) dmaceri@gmail.com), PhD della Università della (x) dmaceri@gmail.com), PhD della Università della California a Santa Barbara, è docente di lingue a Allan Hancock College, Santa Maria, California, USA. I suoi contributi sono stati pubblicati da molti giornali (International Herald Tribune, Los Angeles Times, Washington Times, San Francisco Chronicle, Montreal Gazette, Japan Times, La Opinión, Korea Times, ecc.) ed alcuni hanno vinto premi dalla National Association of Hispanic Publications.