RECENSIONI: La bellezza e gli oppressi Edizioni Feltrinelli. 169 pagine, € 13

Edizioni Feltrinelli. 169 pagine, ? 13 di Massimo Bardea



Questo libro non è il classico libro estivo, quello, per
intenderci, da leggere sotto l’ombrellone. Non è che l’autore
utilizzi una prosa complicata o tanti paroloni difficili, anzi
bisogna riconoscere ed apprezzare lo sforzo di Veca (filosofo e
preside della facoltà di scienze politiche dell’università di
Pavia) di esprimere pensieri, teorie e concetti nel modo più
piano possibile. La bellezza e gli oppressi si inserisce nel
complesso dibattito filosofico-politico circa lo studio dei
cambiamenti che la nostra società sta attraversando e di quale
sarebbe il modo migliore per affrontare questi cambiamenti,
evitando di lasciare che processi politici ingiusti travolgano
ed opprimano gli abitanti più deboli del pianeta. Questo libro
prosegue la ricerca filosofica di Veca circa l’idea di giustizia
e trae spunto ed ispirazione dalle opere di altri studiosi
contemporanei di queste problematiche: soprattutto J. Rawls e il
premio nobel per l’economia A. Sen. A differenza di molti altri
titoli che da qualche anno a questa parte vengono pubblicati sul
tema “globalizzazione”, questo volume affronta la questione in
modo approfondito ed onesto, fornendo un contributo determinante
al dibattito politico in materia. Veca sostiene che i poteri
politici locali stanno progressivamente perdendo la loro
autorità, a vantaggio di ristretti gruppi che decidono le sorti
dell’intero pianeta e di lobbies socio-economiche che, da luoghi
nascosti ed inaccessibili, sono in grado di determinare le sorti
di individui che vivono a migliaia di chilometri di distanza. La
teoria dell’autore si basa su tre idee fondamentali che vengono
discusse e sviluppate nel corso delle dieci lezioni di cui è
composto il libro. La prima è quella che riconosce nella libertà
il criterio principale per valutare il grado di sviluppo umano
(su questo aspetto è fondamentale il contributo di A. Sen con il
suo saggio Sviluppo è Libertà). La seconda è invece il concetto
filosofico (già abbozzato da J. Rawls) di giustizia procedurale
minima, ovvero di quelle condizioni fondamentali di giustizia
universalmente accettate e necessarie: una sorta di condizione
sine qua non può cominciare nessun processo di sviluppo della
condizione umana. La terza idea è quella dell’utopia ragionevole
ovvero della necessità di non scadere nel cinismo, nel non
fermarsi a dire: tanto è così e nessuno può cambiare le cose.
Utopia ragionevole significa prendere atto con coscienza ed
onestà intellettuale di come stanno realmente le cose, cercando
poi di discutere su come invece potrebbero essere. Scopo della
filosofia politica è, infatti, l’elaborare teorie normative di
come dovrebbe essere organizzata una società giusta e ben
ordinata, tenendo in considerazione la realtà dei fatti.
Massimo Bardea

GdS 28 VI 2002

Massimo Bardea
Società