Vera Drake, un Leone d’oro dolente e tristissimo
 Leone d'Oro
 IL Leone d’oro della sessantunesima Mostra del cinema di Venezia 
 è stato assegnato al film inglese «Vera Drake» di Mike Leigh, la 
 cui protagonista Imelda Staunton ha vinto la Coppa Volpi per la 
 migliore attrice, una 48enne attrice nota in Inghilterra 
 soprattutto per le sue interpretazioni teatrali e televisive 
 sconosciuta nel mondo fino alla consacrazione del suo 
 personaggio strepitoso di una domestica che a Londra, nel 1950, 
 sorridente, serena e altruista cerca di dare soccorso a chi ha 
 bisogno, aiutando pure ad abortire ragazze rimaste incinte. il 
 film vincitore, «Vera Drake», è una descrizione di quale fonte 
 di sofferenza, paura, rischio e punizione sia stato e possa 
 essere l’aborto quando non è legale, nella clandestinità, al di 
 là di ogni considerazione etica e religiosa.
 Anche in Italia ogni tanto un vescovo, un ministro, 
 un'associazione, propongono la revisione della legge che 
 consente l'interruzione di gravidanza: sono passati 26 anni da 
 quando da noi è stata approvata, cancellando la piaga 
 dell'aborto clandestino, e ancora in tanti non si danno pace, 
 per ragioni di vario genere, e si dibatte di embrione e di feto, 
 di vita e di morte, di Bene e di Male, di peccato e di reato, di 
 scelta e di colpa. Un film come Il segreto di Vera Drake 
 dell'inglese Mike Leigh, (Palma d'oro per "Segreti e bugie" nel 
 1996 a Cannes) ripropone senza acredine questi discorsi, 
 riportandoci in quell'antico, doloroso e muto mondo femminile in 
 cui milioni di donne sfidavano la legge per liberarsi di un 
 concepimento indesiderato, a rischio della loro vita ricorrendo 
 a quelle che da noi si chiamavano mammane o praticone, e sui 
 giornali, dove la parola aborto non poteva comparire, 
 "fabbricanti d'angeli". 
 Naturalmente, senza dimenticare che, parallelamente, vi erano (e vi sono, qualche tempo fa è stata condannata un “famiglia” di 
 grandi praticoni di aborti clandestini, proprio a Roma, dove 
 godevano di molte altolocate amicizie non solo nel campo 
 sociale) cliniche private e stimati chirurghi che si 
 arricchivano con la clientela benestante. Ogni tanto c'era 
 qualche irruzione della polizia che interrompeva per un po' una 
 fiorente industria impossibile da eliminare. Prima che fosse 
 approvata la legge, la donna che effettuava l’aborto era una 
 potenziale criminale assassina. 
 In genere, nel mondo, in tempi di riflusso ideologico, quando si 
 ha più paura del futuro e si cerca un capro espiatorio 
 all'insicurezza diffusa, si riapre il dilemma sulla liceità 
 legislativa dell'aborto, al di là del giudizio morale che 
 riguarda l'individuo. Anche in Inghilterra, dove non è più reato 
 dal 1967, c'è una minoranza, come nel resto dell'Europa, come 
 negli Stati Uniti, che ciclicamente mette in dubbio questo 
 diritto, un impossibile ritorno al passato.
 Il film di Mike Leigh rievoca quel passato. 
 Egli ha avuto il coraggio di riportare alla ribalta il delicato 
 e spinosissimo tema dell'aborto(il film fu rifiutato 
 precipitosamente a Cannes l’anno scorso), in un modo così lieve, 
 pensoso, disperante, tristissimo da meritare il Leone d’oro 
 2004.
 Il film Vera Drake
 Protagonista del film 'Il segreto di Vera Drake', nei cinema da 
 novembre, è una donna inglese che vive nella Londra degli anni 
 '50. 
 La sua è una famiglia povera, lei è una donna delle pulizie, il 
 marito è meccanico nel garage di suo fratello, il figlio Sid 
 lavora da un sarto ed Ethel, la figlia, testa lampadine in una 
 fabbrica. Ma Vera ha anche un'altra disinteressata occupazione, 
 che conserva segreta a tutti coloro che le stanno attorno: senza 
 accettare denaro aiuta giovani donne a interrompere gravidanze 
 indesiderate. La storia si svolge in un quartiere proletario 
 alla periferia di Londra nel 1950: Vera Drake, una donna di 
 mezza età dalla giornata piena: fa la domestica a ore in case 
 borghesi piene di specchi e ottoni da lucidare, dove signore ben 
 pettinate sprofondate nei divani leggono i loro fumetti. Dà una 
 mano al vicino paralitico, soccorre la vecchia madre che non si 
 muove dal letto, fa la spesa, quando torna nel suo piccolo 
 appartamento, rigoverna e prepara la cena. Non c'è povertà ma ci 
 sono le ristrettezze del dopoguerra, c'è serenità e amore 
 attorno a lei che svelta , sempre sorridente, perfino 
 canticchiando, passa la vita a preparare, offrire, bere tazze di 
 tè. Però Vera ha un'esistenza parallela che la famiglia non 
 conosce: con un pezzo di sapone, una grattugia da formaggio che 
 le serve per sminuzzarlo, una pompa di gomma e una siringa, 
 pratica aborti clandestini a domicilio. Con bravura e tenerezza. 
 A lei ricorrono ragazze violentate, donne già cariche di figli, 
 un'umanità femminile di cui gli uomini non vogliono sapere, 
 spaventata, disperata, piena di vergogna, di sensi di colpa, in 
 solitudine amara, eppure decisa, tutto ma non quel figlio, non 
 quella rovina. La legge consentiva una scappatoia, (anche in 
 Italia) se si dimostrava che la gravidanza era mentalmente e 
 fisicamente pericolosa, ma convincere uno psichiatra era molto 
 costoso, solo le donne borghesi potevano ricorrervi. 150 
 sterline paga nel film la ragazza di buona famiglia violentata 
 dal boy friend, 2 ghinee pagano le ragazze alla mezzana, che 
 risarcirà Vera solo facendole lo sconto sullo zucchero e il tè 
 del mercato nero. Vera non pronuncia mai quella parola, aborto. 
 Quando una ragazza rischia di morire e l'arrestano dice: "aiuto 
 le ragazze in difficoltà. Se non ce la fanno ad andare avanti. 
 Perché nessuno gli dà una mano. Per farle tornare a sanguinare". 
 Davvero per generosità, per altruismo, per solidarietà 
 femminile. In prigione incontrerà altre tre "colleghe": usavano 
 il ferro da calza, qualche volta gli è andata male e le donne 
 sono morte. Negli anni Cinquanta erano centinaia le donne che 
 come Vera praticavano aborti, in una società che si rifiutava di 
 prenderne atto, e in cui gli uomini, i padri, i mariti, gli 
 amanti, se ne lavavano le mani. Era solo un affare, criminoso, 
 di donne. 
 Infatti, "Un affare di donne" è il titolo di un film di Claude 
 Chabrol dato alla Mostra di Venezia del 1988, che premiò come 
 migliore attrice la protagonista Isabelle Huppert. Raccontava 
 con fredda passione la storia di Marie Latour, che nella Francia 
 occupata dai nazisti nel luglio del 1943 finì sulla ghigliottina 
 per aver praticato aborti clandestini. Imelda Staunton, 
 un'attrice televisiva a noi sconosciuta, è Vera, che, 
 invecchiata, col suo dignitoso cappellino, la sporta della 
 spesa, il grembiule da casa, i gesti dell'amore e della 
 laboriosità, sa spezzare il cuore quando la sua vita e quella 
 della sua famiglia va in pezzi perché la legge è legge.
 Domande & Risposte di Mike Leigh
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 Il film racconta degli anni Cinquanta. Le leggi da allora sono 
 molto cambiate in tema di aborto... 
 L'atteggiamento è molto cambiato. La morale nel 2004 è 
 sicuramente diversa da quella degli anni Cinquanta ma nel 
 ventunesimo secolo continuano ad esserci dibattiti sull'aborto. 
 Per esempio, la posizione del Vaticano non è cambiata. C'è molta 
 diversità fra le idee personali e la posizione ufficiale. C'è 
 una seria minaccia che in molti paesi le leggi possano essere 
 cambiate e si torni alla situazione precedente, quando l'aborto 
 non era legale. 
 Si tratta di un tema particolarmente delicato perché si parla 
 della distruzione di una vita, eppure c'è da chiedersi: vogliamo 
 tornare ad avere la società dell'epoca di Vera Drake? Questo è 
 un problema con cui si dovrà sempre fare i conti. 
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 Qual è l'attualità del film? 
 Se negli anni Cinquanta avessimo ipotizzato come sarebbe stato 
 il mondo nel 2004, magari lo avremmo immaginato come un luogo 
 illuminato dove tutti questi problemi non sarebbero più 
 esistiti. 
 Negli anni Sessanta, si ipotizzava il mondo in prospettiva, 
 immaginandolo pacifico e tranquillo cosa che invece oggi non è. 
 Il problema è rimasto lo stesso, solo in certi paesi occidentali 
 abbiamo delle leggi che lo regolano ma il problema è sempre 
 attuale. 
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 Nel film lei non assume una posizione decisa contro l’aborto. 
 Come mai?
 Non mi piace vedere il bianco e il nero nelle cose, non mi 
 piacciono i film con tesi manichee. Spero di sollevare un 
 dilemma morale. ''Vera Drake e' un personaggio di pura finzione, 
 non e' mai esistita nella realtà, però migliaia di donne nel 
 Regno Unito hanno fatto quello che ha fatto lei e la sua storia 
 e' tratta da quel che accade ancora in molte parti del mondo. Il 
 problema dell'aborto e' sempre stato ed e' ancora 
 importantissimo, in parte perché il mondo e' sempre lo stesso ed 
 e' aumentata la popolazione globalmente. Per tale motivo mi e' 
 sembrato giusto dedicarmi a questo problema. E, anche se non si 
 vedono nel film manifestazioni contro o pro aborto, credo 
 comunque di aver fatto un film politico. 
 Infatti Vera conosce la situazione, legge i giornali, sa quali 
 sono le difficoltà delle ragazze. E ritiene di fare quello che 
 e' giusto e per questo non accetta compensi. 
 Certo Il problema dell'aborto e' complesso: ha connotazioni 
 sociali visto che esistono ancora oggi differenze tra i ricchi e 
 poveri. Il nostro pianeta , ha una dimensione finita, mentre la 
 popolazione aumenta velocemente. Viviamo in un periodo 
 difficile, caotico, c'è molta inquietudine. Ma dobbiamo 
 prenderci la responsabilità del mondo che prepariamo per le 
 generazioni future. 
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 Qual è il suo obiettivo, cosa spera che faccia Vera Drake?
 Ho voluto narrare la storia di Vera Drake, per mettere il 
 pubblico di fronte a un dilemma. Non in modo manicheo, con il 
 bene da una parte e il male dall'altra, perché rispetto ai paesi 
 dove l'aborto non è ancora legalizzato, ci sono sempre e ci 
 saranno persone come Vera Drake, che credono che vada fatto. 
 Inoltre, mi propongo di far discutere la gente. Cerco sempre di 
 fare film in cui presento conflitti e dubbi in modo che le 
 persone siano obbligate a pensare, confrontandosi con problemi 
 reali. Il cinema deve essere intrattenimento, ma anche i film 
 divertenti hanno bisogno di un contenuto. 
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 Pare che, specie in Inghilterra, si voglia modificare la legge 
 sull’aborto. Lei cosa ne pensa?
 L'ipotesi di consentire di abbassare l'età per interrompere le 
 gravidanze dipende dallo stato di sviluppo di una società, è una 
 discussione accademica che non entra nel film. La diminuzione 
 dell'età può avere una sua logica ma dipende da molti fattori. 
 È innegabile che 50 anni fa gli uomini non si accollavano alcuna 
 responsabilità di quanto succedeva alla compagna. Oggi se ne 
 prendono di più, anche se l'aborto rimane un problema 
 sostanzialmente che pesa sulle spalle delle donne.
 Maria & Elisa Marotta - A. De Falco
 GdS 20 IX 2004 - www.gazzettadisondrio.it
