ALL'OMBRA DEGLI ULIVI SUL LAGO DI LUGANO
Una lama di luce tra cristalli iridescenti al sole di una tarda estate sullo specchio d'argento del lago. E in fondo, Lugano. Palazzi sontuosi e opulenti che si elevavano al cielo, protetti dall'erta che da Paradiso menava fino in cima al San Salvatore. Segni ovunque di un'eterna edilizia che sventra vestigia degli antichi padri per farne alcove svestite, distese come morbide amache sul pelo dell'acqua.
Il "Sentiero degli Ulivi", di terra e di sasso, si snudava silenzioso e selvaggio tra placide conche e rapidi pendii. Fichidindia amaranto inchiodati a rocce scistose e malmesse di balze a strapiombo sull'abisso schiumoso di pece e cobalto. Un nero stormo di cormorani veleggiava planando sul pelo dell'acqua, mentre, acquattati nell'angolo bigio del fitto canneto, germani reali iridescenti nel collo richiamavano a frotte gli anatroccoli imbelli che indugiavano pigri e indolenti pattinando leggeri sulla lama lacustre. Discreto e sontuoso un airone cenerino, appollaiato su un alto pino, si crogiolava all'ultimo sole mostrando il suo lato migliore. Poche case arroccate sul poggio tra cui svettava l'antica torre di San Vigilio sulla darsena solitaria. Barche in disarmo di quieto pastello corroso dal tempo. Su in alto, a pochi passi soltanto, la barriera fittizia dei popoli, per sdoganare mercanti e poeti, sogni e illusioni.
Alla fine, la terrazza inondata di sole sul lago di Gandria, sospesa sull'acqua appena increspata, come una zattera galleggiante di pensieri che invitavano alla meditazione. Tra amici che parlano al cuore. Profumi di zagare e spezie, sapori d'oriente e di bosco, un tripudio di gusti, tra aromi d'erbe novelle e intensi profluvi di basilico, origano e capsaicina, sapori che deliziavano mente e palato, arrossando le gote già satolle d'un vino gagliardo d'ambra e di miele screziato. E poi lui, il grande chef, un Caruso dell'alta gastronomia del Regno delle Due Sicilie, dal grande cuore. Un "caruso" che ancora fanciullo aveva abbandonato il suo regno d'affetti e di gioco, annodando sul cuore valigie ed un sogno ribelle salendo sul "Treno del Sole" che inesorabilmente lo avrebbe sradicato alla sua terra per condurlo nelle fredde lande del Nord. E poi ancora più su, oltre l'italico suolo, per far dell'Elvezia la sua nuova terra. Nel suo abbraccio commosso, nell'amaro sorriso, la stessa emozione e il ricordo di una patria lontana che gli umidivano gli occhi sull'eco di una dolce canzone…"Ah, Lazzarella cumme sì…!".
Un nostalgico canto, un saluto ed un caro ricordo legato ad amici sinceri che, prima dei domestici alloggi, ti aprono il cuore.
Nello Colombo