VENEZIA, CON LA 55ESIMA EDIZIONE DELLA ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE D'ARTE DELLA BIENNALE, DIVENTERÀ UN "PALAZZO ENCICLOPEDICO" (Venezia 1 giugno - 24 novembre 2013)

In laguna da quando è iniziato a vedersi un po' di sole e meno acqua alta oltre che un tempo più clemente non si fa che parlare della 55.a Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia che a stare a quanto esposto dal suo giovane curatore Massimiliano Gioni, sarà qualcosa da lasciare a bocca aperta chiunque perché vorrà testimoniare e sintetizzare l'infinita varietà e la ricchezza del mondo attraverso l'arte. Infatti , i nomi dei partecipanti alla 55esima edizione della Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia, sono circa centocinquanta , tra cui quattordici italiani. Inoltre vi sono 48 gli Eventi Collaterali che arricchiranno il Palazzo Enciclopedico allestiti nei palazzi e nei luoghi più belli della città, per proporre un'ampia offerta di contributi e partecipazioni che incrementano il pluralismo di voci che caratterizza la Mostra di Venezia.

Perché la Mostra assume il nome di Il Palazzo Enciclopedico?

Massimiliano Gioni ha scelto tale tema evocando l'artista auto-didatta italo-americano Marino Auriti che "il 16 novembre 1955 depositava presso l'ufficio brevetti statunitense i progetti per il suo Palazzo Enciclopedico, un museo immaginario che avrebbe dovuto ospitare tutto il sapere dell'umanità, collezionando le più grandi scoperte del genere umano, dalla ruota al satellite. L'impresa di Auriti rimase naturalmente incompiuta, ma il sogno di una conoscenza universale e totalizzante attraversa la storia dell'arte e dell'umanità e accumuna personaggi eccentrici come Auriti a molti artisti, scrittori, scienziati e profeti visionari che hanno cercato - spesso invano - di costruire un'immagine del mondo capace di sintetizzarne l'infinita varietà e ricchezza. Queste cosmologie personali, questi deliri di conoscenza mettono in scena la sfida costante di conciliare il sé con l'universo, il soggettivo con il collettivo, il particolare con il generale, l'individuo con la cultura del suo tempo."( cfr.: Massimiliano Gioni nella presentazione della 55.ma Biennale d'arte).

La mostra si apre al Padiglione Centrale ai Giardini con una presentazione del Libro Rosso di Carl Gustav Jung, un manoscritto illustrato al quale il celebre psicologo lavorò per più di sedici anni. Raccolta di visioni e fantasie, il Libro Rosso di Jung introduce una riflessione sulle immagini interiori e sui sogni che attraversa l'intera mostra.

L'esposizione raccoglie numerosi esempi di opere ed espressioni figurative che illustrano diverse modalità di visualizzare la conoscenza attraverso rappresentazioni di concetti astratti e manifestazioni di fenomeni sopranaturali. Nelle sale del Padiglione Centrale i quadri astratti di Hilma af Klimt, le interpretazioni simboliche dell'universo di Augustine Lesage, le divinazioni di Alistar Crowley e le premonizioni apocalittiche di Fredrich Schröder-Sonnenstern si intrecciano alle opere di artisti contemporanei. I disegni estatici delle comunità Shaker trascrivono messaggi divini, mentre quelli degli sciamani delle Isole Salomone sono popolati da demoni e divinità in lotta con pescecani e creature marine. La rappresentazione dell'invisibile è uno dei temi centrali della mostra e ritorna nelle cosmografie di Guo Fengyi e in quelle di Emma Kunz, nelle icone religiose e nelle danze macabre di Jean-Frédéric Schnyder e nel video di Artur Zmijewski che filma un gruppo di non vedenti che dipingono il mondo a occhi chiusi.

Un simile senso di stupore cosmico pervade molte altre opere in mostra, dai film di Melvin Moti alle riflessioni sulla natura di Laurent Montaron, fino alle sublimi vedute di Thierry De Cordier. Le piccole ceramiche di Ron Nagle, le intricate geometrie floreali di Anna Zemánková, le mappe immaginarie di Geta Bratescu e i palinsesti dipinti di Varda Caivano descrivono un mondo interiore dove forme naturali e presenze immaginarie si sovrappongono. Queste corrispondenze segrete tra micro e macrocosmo ritornano nelle figure ieratiche di Marisa Merz e in quelle assai più carnali di Maria Lassnig: entrambe trasformano autoritratti e corpi in cifre dell'universo.

L'esercizio dell'immaginazione attraverso la scrittura e il disegno è uno dei temi ricorrenti nell'esposizione. Christiana Soulou illustra gli esseri inventati da Jorge Luis Borges, mentre José Antonio Suárez Londoño traduce in immagini i diari di Franz Kafka. La collezione di pietre dello scrittore francese Roger Caillois combina geologia e misticismo, mentre le lavagne disegnate dal pedagogo Rudolf Steiner tracciano diagrammi impazziti che inseguono il desiderio impossibile di descrivere e comprendere l'intero universo.

"Il Palazzo Enciclopedico" è una mostra sulle ossessioni e sul potere trasformativo dell'immaginazione. I mondi alternativi sognati da artisti assai diversi quali Morton Bartlett, James Castle, Peter Fritz e Achilles Rizzoli sono esposti accanto agli accumuli di immagini di Shinro Ohtake e a un'autobiografia visiva di Carl Andre. La tensione tra interno ed esterno, tra inclusione ed esclusione è il soggetto di una serie di opere che indagano il ruolo dell'immaginazione nelle carceri (Rossella Biscotti) e negli ospedali psichiatrici (Eva Kotaktova). Altri spazi di reclusione - più o meno fantastici - sono quelli disegnati da Walter Pichler che per tutta la vita - tristemente interrotta nel 2012 - ha progettato abitazioni e case per le sue sculture, quasi fossero creature viventi provenienti da un altro pianeta.

Nei vasti spazi dell'Arsenale, l'esposizione è organizzata secondo una progressione dalle forme naturali a quelle artificiali, seguendo lo schema tipico delle wunderkammer cinquecentesche e seicentesche. In questi musei delle origini - non dissimili dal Palazzo sognato da Auriti - curiosità e meraviglia si mescolavano per comporre nuove immagini del mondo fondate su affinità elettive e simpatie magiche. Questa scienza combinatoria - basata sull'organizzazione di oggetti e immagini eterogenee - non è poi dissimile dalla cultura dell'iper-connettività contemporanea.

A volte riesce molto complicato esporre cose di cui sarebbe meglio avere l'impatto visivo. L'entusiasmo- invece- è sincero per la scelta di voler confrontare il mondo spirituale con quello immaginario e religioso. Sarà per noi tutti, un bel vedere e "meravigliarci".

Chi è Massimiliano Gioni

Nato a Busto Arsizio nel 1973, è curatore e critico di arte contemporanea.

Direttore artistico della Fondazione Nicola Trussardi di Milano, Gioni è Associate Director e Director of Exhibitions del New Museum of Contemporary Art di New York.

Nel 2010 ha diretto la 8. Biennale di Gwangiu essendone il più giovane direttore nonché il primo europeo. Nel 2003 ha curato la mostra "La Zona" per la 50. Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia; nel 2004 è stato il co- curatore della biennale di arte contemporanea itinerante Manifesta 5 e nel 2006 ha curato la 4. Biennale di Berlino in collaborazione con l'artista Maurizio Cattelan e la curatrice Ali Subotnick. Con Cattelan e Subotnick ha fondato la rivista Charley e lo spazio no profit The Wrong Gallery, inizialmente allestita nel 2002 a New York e ospitata nel 2005 alla Tate Modern di Londra.

Gioni ha curato innumerevoli mostre collettive - tra cui si ricordano "Ghosts in the Machine", "Ostalgia" e "After Nature" al New Museum - e mostre personali di, tra gli altri, Pawel Althamer, Tacita Dean, Urs Fischer, Fischli e Weiss, Paul McCarthy, Pipilotti Rist, Anri Sala, Tino Sehgal, Paola Pivi.

Caporedattore della rivista Flash Art a New York dal 2000 al 2003, Gioni ha collaborato con importanti riviste d'arte contemporanea tra cui Artforum, Art Press, Frieze, Parkett e pubblicato saggi e cataloghi con Charta, Mondadori, Phaidon, Les Presses du Reel e Rizzoli( cfr. Press stampa della Biennale d'arte di Venezia).

Maria de falco Marotta & Team (Enrico, Antonio, Elisa)

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