I crocifissi di Adel Abdessemed (Punta della Dogana- Venezia dal 28 maggio

A Venezia , a partire da oggi martedì 28 maggio, in occasione della 55. Biennale internazionale di Arti Visive, a Punta della Dogana è stata aperta alla Press l'esposizione Prima Materia, curata da Caroline Bourgeois e Michael Govan, che godono della fiducia di quell'amante speciale dell'arte contemporanea che è F. Pineault.

L'esposizione raccoglie un insieme di circa 80 opere, dal 1960 a oggi, realizzate da artisti della Collezione Pinault. Prima Materia propone un dialogo tra importanti movimenti storici - come il Mono-Ha e l'Arte Povera - e monografici, con i lavori di Llyn Foulkes, Mark Grotjahn e Marlene Dumas. Vi sono inclusi anche una selezione di apprezzabili installazioni di artisti come Diana Thater e Ryan Trecartin & Lizzie Fitch, oltre a nuove opere commissionate appositamente per la sede espositiva, realizzate da Loris Gréaud, Philippe Parreno, Theaster Gates. Più

della metà degli artisti e la maggior parte delle opere esposte sono presentate per la prima volta nell'ambito di un'esposizione della Collezione Pinault. Tra gli artisti in mostra: Adel Abdessemed, Robert Barry, Alighiero Boetti, James Lee Byars, Marlene Dumas, Ryan Fitch & Lizzie Trecartin, Lucio Fontana, Llyn Foulkes, Theaster Gates, Dominique Gonzalez Foerster, Loris Gréaud, Mark Grotjahn, David Hammons, Roni Horn, Kishio Suga, Koji Enokura, Lee Ufan, Sherrie Levine, Mario Merz, Bruce Nauman, Nobuo Sekine, Roman Opalka, Giulio Paolini, Philippe Parreno, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Bridget Riley, Thomas Schütte, Shusaku Arakawa, Susumu Koshimizu e Diana Thater.

Con Prima Materia, Punta della Dogana inaugura un nuovo ciclo di commissioni specifiche per il "Cubo", spazio centrale dell'edificio, di cui è baricentro architettonico e cuore simbolico. Ogni anno, un artista sarà invitato a concepire un progetto specifico per questo luogo. Per la prima edizione del programma, Punta della Dogana ha accolto l'artista cinese Zeng Fanzhi. Parallelamente all'esposizione, il Teatrino di Palazzo Grassi, il nuovo auditorium da 225 posti, interamente restaurato da Tadao Ando, presenterà un programma di film d'artista della Collezione Pinault, con opere di Philippe Parreno, Loris Gréaud e Anri Sala. Sinteticamente, questa è Prima Materia, però il nostro sguardo è stato fulminato dagli stupendi, straordinari Crocifissi di Adel Abdessemed che Pineault ha acquistato per una cifra che- dicono- supera il milione di euro e di cui dice: Per me è una delle creazioni più importanti di questo primo decennio del XXI secolo. Ci vuole un pazzo come me che, appena l'ha vista, ha subito detto: la compro, senza neppure chiedere il prezzo. Imprudente, ma avevo la sensazione che si trattasse di un capolavoro. E una volta accostata a quella di Grünewald a Colmar, la mia intuizione è stata confermata. In questo lavoro c'è il concentrato di tutte le violenze fatte dall'uomo sull'uomo. Che dalla preistoria a oggi non è profondamente cambiato. Ma che nel nostro tempo ha adottato degli strumenti di violenza molto più efficaci, che non lasciano scampo. Condividiamo appieno il suo giudizio e pensiamo che molti visitatori rimarranno "fulminati" dalla potenza dolorosa dei quattro Crocifissi, che nell'esposizione di Punta della Dogana hanno il nome "Decor", fatta con filo spinato proveniente da Guantanamo, una delle ultime opere dell'artista di origine tunisina Adel Abdessemed (Costantine, 1971 che vive e lavora a New York). L'opera si ispira al famoso altare di Isenheim, capolavoro di Mathias Grünewald, un vertice della pietas religiosa. È Gesù che urla «Dio mio perché mi hai abbandonato?» e si chiede, senza potere darsi una risposta, il senso del suo sacrificio. Abdessemed scolpisce, servendosi del filo spinato, materiale ricorrente nelle sue opere, quattro Gesù crocefissi. Perché quattro? Lo ha spiegato nell'incontro che si è svolto a Punta della Dogana, dove all'artista è riservata un'intera sala, con Caroline Bourgeois, «Tre potevano significare la santissima trinità o le tre religioni monoteiste, ma è il quarto a dare il titolo dell'opera. Non è un espediente scenografico, ma un modo di dare dignità all'uomo. Attraverso una forma. Del resto in me coesistono la pancia (il mio lato mediterraneo) e la testa (Beckett, Joyce, Wilde, tre grandi irlandesi). Io sono un artista dell'urlo che grida nel silenzio. Un artista ossessionato dalla realtà, malata di violenza. Tutti sono terrorizzati, ma l'arte offre una via d'uscita. Occorre che l'artista sia responsabile e per far questo deve caricarsi del senso di colpa. Del resto Dostoevskij sostiene ne I fratelli Karamazov che tutti sono colpevoli».

Inevitabile il riferimento ai suoi video sulla mattanza degli animali, censurati per la crudeltà delle immagini. Il video «Don't trust me» alla Fondazione Sandretto Rebaudengo fu ritirato per le proteste degli animalisti. «Che spesso esagerano nelle loro proteste. Come spesso la violenza contro gli animali suscita reazioni maggiori che non quella contro l'uomo. Per me gli animali costituiscono una presenza. Come per Derrida, come per Beuys che si chiedeva: "Come posso spiegare un sacrificio a un animale?". Non ho una risposta a questi interrogativi, ma penso che le immagini possano migliorare la nostra esistenza. Del resto i miei sono animali disegnati, non appesi alle pareti della cucina».

Artista della provocazione: l'ultima in ordine di tempo la statua, in marmo nero, che immortala la famosa zuccata data da Zidane a Materazzi nel mondiale del 2006. Pena l'espulsione, o per dirla con Abdessemed, la cacciata dal Paradiso e cita Masaccio. «È un gesto contro la massa, liberatorio, che si presta a molte interpretazioni. È un monumento classico, come nell'antica Grecia». Certamente, i suoi crocifissi, faranno pensare e discutere molti, anche sempre per la famosa faccenda che bisogna toglierli dalle scuole. Oh, Gesù, non vedete come anche nell'arte si rinnova: da Matthias Grünewald (1512-1516) a Adel Abdessemed 2013)?

. La Crocifissione di Matthias Grünewald costituisce uno dei pannelli centrali dell'Altare di Isenheim conservato nel Musée d'Unterlinden a Colmar.

La croce di legno ottenuta da un albero rozzamente tagliato, esibisce il suo braccio orizzontale che si flette per reggere il corpo imponente di un uomo martoriato in ogni brandello di carne; un uomo ritratto nell'estremo spasimo che precede la morte. Le mani inchiodate alla croce, sembrano ancora contorcersi convulsamente, le braccia si stendono disarticolate ben al di sopra del capo reclinato sul petto, coperto da un'impressionante corona di spine; la bocca sfatta dal dolore pare ormai aver tratto l'ultimo respiro.

Tutto il corpo è livido per le infinite percosse subite, mentre le carni ferite paiono già assalite da una putredine cadaverica; le ginocchia si torcono assieme ai polpacci; i piedi si accavallano trafitti da enorme chiodo che ha tratto dal corpo gli ultimi rivoli di sangue. Ad un lato della croce c'é una Madonna, con il velo ed una bianca veste monacale, dal viso che appare bellissimo nel pallore dello sfinimento. Ha ancora ha la forza di torcersi le mani, quasi a farsi male, mentre un San Giovanni vestito in rosso- che nei taglio dei capelli e nei tratti del volto ha l'aria di un giovane studente tedesco - la sorregge pietosamente.

Una Maddalena, nel suo ampio manto color rosa, si contorce nella pena tendendo le mani giunte verso la croce. Deposto ogni segno di avvenenza, invecchiata, anzi, dallo strazio, Maddalena si tende come un arco, con il corpo e con le braccia, e guarda angosciata, attraverso il velo che le cala sugli occhi, il corpo martoriato di Cristo. Sull'altro lato della croce, con singolare iconografia, troviamo la figura del Battista nella sua rozza veste di pelo di cammello; ha statura elevata, i capelli a zazzera ed una barba incolta; tiene in mano le Scritture e, con un indice smisurato, addita didatticamente la figura del Cristo. Ai suoi piedi l'Agnello di Dio (simbolo di quel Gesù che egli ha battezzato) ha il petto ferito ed una coppa raccoglie il fiotto di sangue che ne esce. Alle spalle del Battista, nel buio della penombra che avvolge l'angosciante silenzio della scena, leggiamo la scritta Illum oportet crescere, me autem minui ("Egli deve crescere e io invece diminuire": Giovanni 3, 30), ove il Battista dichiara di essere stato mandato ad annunciare il Cristo. Il paesaggio, che si dispiega oltre il patibolo in un crepuscolo di morte, lascia scorgere le acque stagnanti di un fiume, come se anche la natura si fosse raggrumata e divenuta marcescente assieme al sangue ed alla carne dell'Uomo-Dio. Verrebbe da dire che la raffigurazione del martirio tocchi in quest'opera di Grünewald il suo apice esistenziale. Osserva lo scrittore francese Joris-Karl Huysmans che: "Quel Cristo spaventoso, morente sull'altare dell'ospizio d'Isenheim sembra fatto a immagine dei colpiti dal fuoco sacro che lo pregavano, e si consolavano al pensiero che il Dio che imploravano avesse provato i loro stessi tormenti, e che si fosse incarnato in una forma ripugnante quanto la loro, e si sentivano meno sventurati e meno spregevoli"(Cfr:Wikipedia)

E i Crocifissi di Adel, indicano tutti gli sventurati del mondo, oppressi non solo dalle malattie, dalla fame e dalla violenza, ma soprattutto, dal disinteresse umano.

Maria de falco Marotta &Team

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