Lo scandalo dell'indifferenza

Quando Papa Francesco a Lampedusa, tra le tante costatazioni fatte contro l'indifferenza del mondo verso i migranti, ha detto che questa è "globalizzata", ha scosso un po' le coscienze di chi lo stava seguendo nel suo pellegrinaggio (8 luglio 2013) per chiedere perdono della nostra impassibilità di fronte alla morte di tanti innocenti che cercano una "via" anche pericolosa per sfuggire ai disastri delle loro terre ed avventurarsi verso lidi che pensano amici, solidali, fraterni. Invece… La nostra società è indifferente e l'indifferenza si effonde in tutti i campi e i settori della nostra collettività, come l'onda che si infrange sugli scogli, e prende con se tutto ciò che incontra sul suo cammino.

Oggi si è indifferenti al dolore degli individui, alla sofferenza, a tutto ciò che fa star male, a tutto ciò che viviamo con angoscia. Si è indifferenti alle guerre, alla pace, alla collaborazione fraterna tra i popoli, alla violenza, al sangue. Nella nostra società, gli individui sembrano perdere la loro individualità di uomini, uccisi da quell'indifferenza che colpisce tutto e tutti, che centra ogni settore del popolo, che ferisce la maggior parte degli uomini.

E l'uomo, indifeso, trafitto dall'indifferenza, rimane impassibile di fronte a scene di violenza meschina, di fronte alle ingiustizie. Sembra addirittura che la superficialità sia d'obbligo nella nostra società.

Le situazioni vengono prese con una disarmante superficialità, che rende la nostra nazione il punto perfetto di unione tra l'indifferenza, la superficialità e l'impassibilità degli uomini. Il discorso diventa invece assolutamente insostenibile se dal privato ci spostiamo sul versante "sociale" della vita perché qui l'indifferenza credo sia davvero un sentimento da considerare come "infame" decisione all'esclusione programmata e potremmo tentare anche una raccolta di firme tanto di moda adesso (non so con quali pratici risultati però) per metterla al bando definitivamente, o per lo meno per additarla come una dannazione, la"peggior" peste della contemporaneità civilizzata troppo egoista per pensare e interessarsi positivamente persino a qualcosa che si colloca "al di là del proprio naso", figurarsi a problematiche e sofferenze distanti mille miglia anche semplicemente per "colore di pelle" e provenienza geografica. Potrei rimuoverla semplicemente parlando di Moravia che ha scritto un libro intero, o citando Platone (la pena che i buoni devono scontare per l'indifferenza alla cosa pubblica è quella di essere governati da uomini malvagi) e il filosofo americano Robert M. Hutching (La morte della democrazia non sarà opera di un assassino in agguato. Più probabilmente sarà una lenta estinzione causata da apatia, indifferenza e denutrizione), o magari utilizzando invece le osservazioni poco accomodanti di uno scrittore sagace come George Bernard Shaw (Il peggior peccato contro i nostri simili non è l'odio, ma l'indifferenza: questa è l'essenza della disumanità) o quelle altrettanto desolate di Iris Murdoch (Forse persino le passioni morali fuorviate sono migliori della confusa indifferenza che ci circonda) che stigmatizzano abbastanza un negativo essere "socialmente indifferenti" per tutto il male, le sperequazioni, le sofferenze, i soprusi, le guerre, le dittature, i disagi esistenziali delle popolazioni, le discriminazioni e tutto il resto che vilmente ignoriamo (o tolleriamo con indifferenza) morti comprese, ma non sarebbe sufficiente per completare il quadro. Forse le parole più forti contro l'indifferenza le ha scritte Gramsci e che riporto affinché qualcuno scuota la sua apatia verso i dolori di tanti nostri simili che hanno necessità di sentire la nostra solidarietà umana, niente di più: "Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L'indifferenza è il peso morto della storia. L'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l'intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l'assenteismo e l'indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un'eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch'io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?

Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c'è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti". (Antonio Gramsci, 11 febbraio 1917) che chiude il cerchio come meglio non sarebbe stato possibile fare, (magari completandolo per chi vorrà, con la lettura delle sue lettere dal carcere). E tali parole vanno a pennello per quanto di ignominioso sta accadendo tra i politici della nostra povera Italia.

Maria de falco Marotta

Maria de falco Marotta
Società