XIa BIENNALE ARCHITETTURA 2008 A VENEZIA DAL 14 SETTEMBRE AL 23 NOVEMBRE
James Snyder è il direttore dell'Israel Museum di Gerusalemme. Parlando ultimamente dell'importanza dell' architettura ha detto: " è un elemento fondamentale. Il museo è disegnato da un grande architetto nato in Russia educato dal Bahaus, che venne poi in Palestina dove ha creato un vocabolario mediterraneo. Il giardino, invece, è stato creato da Isamu Noguchi un famoso architetto giapponese, mentre lo spazio dove sono esposti i Rotoli del Mar Morto è stato disegnato da Kiesler un austriaco emigrato a New York. Sono tre modi diversi di interpretare l'architettura».
E di architettura si parla senza posa a Torino( 23 giugno- 3 luglio 2008), dove per
quattro giorni di seminari, incontri, workshop e tavole rotonde si approfondisce il rapporto tra architettura e società, coinvolgendo architetti provenienti da tutto il mondo: Lo slogan del congresso è 'Transmitting architecture', ovvero riattivare il canale di comunicazione tra l'architettura e il suo diretto interlocutore, la società. Un tema, quello scelto, indicativo anche della riflessione nel mondo dell'architettura sul rapporto tra libertà e significato della progettazione e la necessità di scelte condivise nei tessuti urbani nei quali i professionisti della progettazione incidono in profondità. Artefice dell'evento, per la prima volta assegnato ad una città italiana, l'Unione Internazionale degli Architetti (Uia), che quest'anno celebra i suoi sessant'anni.
Più di 600 i relatori, tra cui molti nomi conosciuti a livello internazionale, da Gary Chang a Odile Decq, da Peter Eisenman a Hani Rashid e il premio Nobel per la Pace 2006 Muhammad Yunus. Tra i padroni di casa, Massimiliano Fuksas, Gae Aulenti, Mario Bellini, Michele de Lucchi e il torinese Paolo Soleri e tantissimi altri.
La domanda principale, dopo le critiche che sono state mosse al degrado di molte metropoli, dovuto- in parte- alle pessime costruzioni disegnate dagli architetti, è : chi decide cosa è il bello e il brutto in architettura?
«Ci sono critici e storici di questo settore, i primi sono sovente in disaccordo, per gli altri ci vuole tempo. In realtà direi che conta molto il giudizio di chi con un certo edificio si trova a contatto o perché ci vive dentro o perché lo vede tutti i giorni. Sono belli gli edifici che riescono a farsi amare». Ma cosa fare quando un edificio o un quartiere sono degradati, come le nostre periferie? «In primo luogo credo che quando c'è il degrado l'architettura sia solo una parte del problema, in genere quei quartieri sono stati costruiti come alveari, penso al Corviale: case per tanti individui ma senza servizi o spazi pubblici. Si tratta allora di dare un'identità a quei luoghi, che non l'hanno o l'hanno perduta»(Arch. Mario Bellini).
Ma come farlo? «Rimettendo al centro le idee» è la risposta di Andrea Boschetti, giovane architetto che si è fatto le ossa con Koolhas e con Metrogramma sta lavorando a ridisegnare la Milano del futuro. «La capitale lombarda - prosegue - secondo un luogo comune è grigia, triste e nebbiosa. Si può renderla verde e ricca di spazi pubblici. Ci vogliono visioni per rovesciare la negatività. Milano può diventare l'AntiDubai, una città dove i grandi architetti non firmano i grattacieli ma gli spazi pubblici». E sulla bellezza? «Un edificio è bello quando sa dialogare con quello che ha intorno, pensa al Pirellone. E poi non esiste un bello che non abbia anche una dimensione etica». E proprio sull'intreccio tra etica ed estetica si sofferma Luca Paschini, fra gli animatori del coordinamento nazionale dei giovani architetti italiani. «Guarda come abbiamo realizzato il nostro stand per il congresso. Tutto in materiale riciclato e riciclabile, questo oggi ha a che vedere con l'etica. Così ad esempio ti potrei parlare di Don Tang la città cinese dove l'80 per cento dell'energia consumata è prodotta dalla città stessa, con tecnologie che usano le biomasse del riso». E sulla bellezza, per lui, è da capovolgere l'approccio: «Oggi bello non è più un concetto estetico: è bello un edificio o un quartiere se per le persone che lo utilizzano la qualità ambientale è positiva». Ma il ministro Bondi non ha tutti i torti: «In Italia si è costruito negli ultimi anni in maniera mediocre, ma non è colpa nostra, una costruzione è il frutto di un architetto, di un committente e di un costruttore. E i buoni committenti da noi sono rari: è difficile trovare una committenza consapevole. «Ho progettato di recente - conclude - degli uffici e mi sono stupito, che gli stessi impiegati-committenti, disposti a spendere per avere l'ultimo ipertecnologico telefonino, preferissero lavorare in una sorta di capannone purché costasse poco».
«Non puoi avere qualcosa di bello senza pagarlo» sottolinea Aaron Bersky, direttore della Biennale di Architettura, che aprirà i battenti a Venezia nel settembre prossimo. È americano, si è formato in Olanda, e ha scelto come titolo per la manifestazione lagunare «Out There: Architecture Beyond Building», l'architettura oltre le costruzioni: «È sbagliato limitarsi a considerare l'architettura come edifici, brutti o belli che siano», sostiene. «Perché gli edifici sono in realtà la prigione o la tomba dell'architettura. Quello che conta sono i rapporti che le persone hanno con i luoghi in cui vivono». Per questo bello e brutto sono concetti relativi: «C'erano orribili edifici fascisti, penso alle stazioni di Firenze o di Roma che pure avevano una grande forza, e invece belle costruzioni come quelle di Gregotti che sono terribilmente noiose»(Cfr. La Stampa, 2 luglio 2008). La bellezza, la dialettica tra bello e brutto, e, per estensione, tra buono e cattivo, l'idea del bello come qualcosa di utile e positivo contrapposto alle tenebre, pur così umane: è questo che interessa ai giovani o meno giovani architetti che ora sono a Torino e fra non molto tempo si ritroveranno( non tutti) ad esporre le loro idee sulla bellezza e praticità dell'architettura alla Biennale di Venezia che aprirà dopo la Mostra del Cinema, negli splendidi ambienti dell'Arsenale e dei Giardini. Qui, come al solito, vi sarà anche il Padiglione o lo spazio del Centro Internazionale Città d'Acqua, che a Venezia ha la sua sede(S. Polo, 2605 30125 VENEZIA tel +39/041/5230428 fax +39/041/5286103 e-mail citiesonwater@iuav.it www.citiesonwater.com e , che, attualmente, è impegnata in un corso di studio a Saragozza con il grande architetto Rinio Bruttomesso.
Intanto bisogna sapere che la giuria dell'XIa Mostra Internazionale di Architettura ha assegnato il Leone d'oro a Frank Gehry
Chi é
nato a Toronto (Canada) nel 1929, si è formato negli Stati Uniti, laureandosi nel 1954 all'University of Southern California. Per lui : "L'architettura è un'arte". Influenzato dall'avanguardia figurativa, ha adottato l'assemblaggio dei materiali costruttivi per sconvolgere il tradizionale modo di percepire le forme e occupare lo spazio.
Agli inizi, negli anni '50, ha collaborato con lo studio Victor Gruen Associates, specializzandosi in pianificazione urbanistica all'Harvard Graduate School of Design. Nel 1961 lavora a Parigi nello studio di Andre Remondet, studiando i progetti di Le Corbusier e Balthasar Neumann. I suoi primi lavori sono legati al movimento modernista, ma la frequentazione con gli artisti della West Coast (Ed Moses, Billy Al Bengston) lo portano a sperimentare l'uso di materiali quali il compensato non dipinto, il cemento grezzo e il metallo corrugato, elementi che normalmente vengono celati quando una costruzione risulta ultimata. Negli anni '70 Gehry realizza case private ed edifici pubblici soprattutto in California. La sua opera più significativa diventa la sua villa a Santa Monica (1978). Circonda l'edificio preesistente con un nuova struttura, una sorta di conchiglia costituita da materiali poveri e di recupero. Compaiono i tratti del suo stile sperimentale: l'impiego di componenti industriali, il riutilizzo di elementi derivanti dal paesaggio metropolitano e la ricerca di una commistione tra architettura, pittura e scultura.
Nel 1982 realizza per il Los Angeles Museum of Contemporary Art (MOCA), che si relaziona in maniera "artistica" con lo spazio urbano circostante. Negli anni successivi, riceve commissioni sempre più importanti in tutto il mondo, tra cui il Fishdance Restaurant a Kobe, in Giappone; il California Aerospace Museum (1984) a Los Angeles e il Vitra Design Museum a Weil am Rhein (1989). Nel frattempo riceve l'attenzione della critica, e viene realizzata la prima mostra sul suo lavoro nel 1987, al Walker Art Center di Minneapolis. Dalla fine degli anni '80, le nuove tecnologie acquistano particolare rilevanza nei suoi progetti, consentendogli di disegnare e realizzare edifici dalle strutture complesse e fantasiose. Nel 1989 gli viene conferito il prestigioso Pritzker Prize. Tra gli altri riconoscimenti internazionali: l'Arnold W. Brunner Memorial Prize in Architecture, il Wolf Prize in Art (Architecture), il Praemium Imperiale Award, il Dorothy and Lillian Gish Award, il National Medal of Arts, il Friedrich Kiesler Prize, l'American Institute of Architects Gold Medal e il Royal Institute of British Architects Gold Medal. Negli anni '90 progetta alcune tra le architetture contemporanee più note a livello mondiale, tra cui l'Art and Teaching Museum (1992), l'edificio-scultura Il Peix (Il Pesce, 1992) a Barcellona, il Frederick R. Weisman Art Museum (1994) a Minneapolis, The American Center (1994) a Parigi, e soprattutto il Museo Guggenheim di Bilbao (1998) e il Walt Disney Concert Hall (2005) a Los Angeles che, grazie alla loro forza immaginativa e alla loro portata sperimentale, hanno trasformato in profondità il panorama urbano in cui sono inserite e il modo di intendere e realizzare l'architettura.
Nel 2002 Gehry ha progettato Venice Gateway, porta d'acqua per la città lagunare, che collegherà l'isola all'aeroporto, con un centro congressuale, commerciale e alberghiero
La motivazione del Leone d'oro
Aaron Betsky così ha motivato il Leone d'oro alla carriera dell'11. Mostra di Architettura a Gehry:
"Nessun altro architetto vivente ci ha mostrato più chiaramente di Frank Owen Gehry, quanto meravigliosa e produttiva può essere la sperimentazione. Oggi, nella sua quinta decade di attività, Gehry è uno dei più famosi architetti al mondo, grazie agli esuberanti design per strutture quali il Guggenheim di Bilbao (1998) o la Walt Disney Concert Hall (2005). Ciò che non possono comprendere tutti coloro che ammirano le sue forme sinuose, e l'abbraccio pieno di luce del suo spazio, è che alla base di queste forme non c'è la pura intuizione, ma anni di sperimentazione.
Dopo aver avviato un'attività di successo nella Los Angeles degli anni '60, Gehry ha abbandonato la ricerca delle commissioni su larga scala, per il design di strutture su piccola scala, in cui ha visto la possibilità di ridurre l'architettura alle sue figure più elementari. Ha poi destabilizzato le relazioni fra queste ultime, e le ha ricomposte liberamente. E' andato anche più oltre nel design della sua stessa abitazione a Santa Monica, in California (1978), nella quale ha spogliato la costruzione fino ai suoi nudi materiali, e ha incorporato i frammenti di strutture esistenti, una corsia d'asfalto e un recinto, ridefinendola in una costruzione (non) finita.
Avendo ridotto l'architettura ai suoi blocchi primari, Gehry l'ha poi ricostruita nuovamente in un villaggio senza forma, fatto di forme che lui ha ricomposto come blocchi danzanti e forme spinte. La penetrazione nelle strutture che l'ha reso famoso, deriva non dal risultato di una commissione, ma dal ritorno a elementi extra-architettonici che ha ricavato dall'arte, oppure - nel caso del pesce che è diventato il suo mantra formale - dalle sue stesse memorie.
Frank Gehry è stato anche fra i primi grandi architetti a modificare il design con l'aiuto del computer. Per lui, questa non è stata una via per creare edifici con più efficienza, ma per liberare l'architetto da una posizione dipendente da ciò che lei (o lui) vede, in una nuova posizione in cui tutto ciò che l'architetto può immaginare, può anche costruire.
Frank Gehry ha trasformato l'architettura moderna. L'ha liberata dai confini della 'scatola' e dalle costrizioni delle comuni pratiche del costruire. Ha dimostrato che le soluzioni tecniche che l'architettura offre, non servono altro che a realizzare strumenti culturali che ci liberano verso una nuova comprensione del nostro mondo. Sgusciante come il suo pesce, aperta come le sue costruzioni spoglie, e tanto sperimentale quanto le attività artistiche che sono state la sua ispirazione, l'architettura di Frank Gehry rappresenta il vero modello moderno per un'architettura 'oltre il costruire'."
Maria de Falco Marotta & Team