E' DAVVERO "TUTTA COLPA DI GIUDA"?
"Tutta colpa di Giuda" è un film sul carcere, sul teatro, sulla libertà, sulla fede ma soprattutto sulla voglia di vivere e di confrontarsi. Il carcere negli ultimi anni ha aperto spesso le porte a progetti di rieducazione attraverso l'uso dei laboratori teatrali o delle produzioni audio-visive, pratici mezzi esperienziali attraverso i quali i detenuti possono esprimere la loro creatività ma anche creare delle dinamiche di gruppo che il carcere altrimenti non potrebbe offrire. Guardando questo film di Davide Ferrario, viene alla memoria la commedia inglese Lucky Break, dove un gruppo di carcerati vedono nel laboratorio di teatro un'occasione per mettere in piedi un piano di fuga ma che poi scelgono di rimanere per la rappresentazione per cui hanno tanto lavorato. Nel caso di Peter Cattaneo il film utilizzava il carcere come location per la messa in scena di una fiction, Davide Ferrario invece riesce a creare una perfetta fusione di realtà e di finzione offrendo ai detenuti un ruolo nel film dove solo apparentemente devono interpretare loro stessi e in secondo luogo il ruolo che gli viene affidato all'interno della Passione di Cristo, non quella di Mel Gibson, piuttosto più vicino a Pier Paolo Pasolini. "Tutta colpa di Giuda" è una riflessione penetrante sul ruolo dell'attore, sul concetto di libertà e sulla necessità di capire quale sia il vero significato delle cose che, spesso, vengono date per scontate. Per esempio, la Messa della domenica e la messa in scena del teatro nascono dalla stessa origine? La passione è sofferenza o amore sconfinato: Ferrario comunica che spesso è entrambe le cose. Ciò che conta sembra essere la fede, sia quella religiosa che quella nelle idee in cui ciascuno crede, e chi lo racconta è un ateo che si dichiara convinto e sereno, tanto arguto però da mettere in bocca ai suoi personaggi alcune riflessioni e considerazioni che potrebbero aprire un dibattito con un teologo. In questo spaccato del mondo carcerario però quello che conta realmente è che nessuno sia disposto a prendere il ruolo di Giuda e che il primo pensiero di ciascuno sia rivolto alla libertà. Il cast di attori protagonisti è guidato da Kasia Smutniak che dimostra buone doti nel ruolo dell'aspirante regista teatrale. Nel ruolo di una suora irreprensibile Luciana Littizzetto riesce a divertire senza alcun gesto o battuta che sia minimamente comica. "Tutta colpa di Giuda" è in circolazione nei cinema italiani dal 10 aprile 2009.
Scheda del film "Tutta colpa di Giuda"
Titolo originale: Tutta colpa di Giuda
Nazione: Italia
Anno: 2009
Genere: commedia
Durata: 102'
Regia: Davide Ferrario
Sito ufficiale: www.mymovies.it/tuttacolpadigiuda
Cast: Kasia Smutniak, Luciana Littizzetto, Fabio Troiano, Gianluca Gobbi, Cristiano Godano, Francesco Signa, Paolo Ciarchi
Produzione: Rossofuoco
Distribuzione: Warner Bros. Pictures
Data di uscita: 10 Aprile 2009 (cinema)
Trama:
Una regista teatrale d'avanguardia.
Un direttore di carcere.
Un cappellano che vuole mettere in scena una Passione.
Venti detenuti che aspettano solo che il tempo passi...
Quando Irena Mirkovic (Kasia Smutniak) accetta di collaborare con don Iridio (Gianluca Gobbi) per la messa in scena in un istituto penitenziario di una paradossale "Passione Pasquale" non sa che quell'esperienza le cambierà la vita. Non solo perché l'incontro con il direttore del carcere Libero Tarsitano (Fabio Troiano) la spingerà a chiudere definitivamente la relazione con il suo fidanzato-attore Cristiano (Cristiano Godano), ma perché presto si troverà di fronte a un problema insolubile. Dopo aver conquistato la fiducia dei detenuti, Irena si rende conto che "dentro" nessuno è intenzionato a fare la parte di Giuda, per motivi che in un carcere sono chiari a tutti. Nonostante le sue insistenze, i "ragazzi" restano fermi nel loro rifiuto e inoltre c'è anche chi rema contro lo spettacolo: suor Bonaria (Luciana Littizzetto), una religiosa inflessibile ma dotata anche di spirito molto pratico. La situazione si sblocca quando Irena ha un'illuminazione: se Giuda non si trova, perché non pensare alla storia di Gesù in un altro modo? Una storia che non preveda tradimento, condanna, punizione e morte? Una storia che finisca bene? I detenuti, pur non afferrando le implicazioni filosofiche, apprezzano la scelta: purché sia contro la galera...
Note a margine
Su poco più di duecento istituti penitenziari italiani, più della metà ha un laboratorio teatrale attivo. Si tratta di una realtà molto vivace e interessante che sempre più spesso travalica i muri grigi dei carceri per sconfinare nei teatri dei "liberi", con proposte sempre molto interessanti. La terapia del teatro è forse uno degli strumenti di rieducazione più avanzati presenti in Italia, teso a far acquistare al detenuto una nuova consapevolezza di sé e delle sue possibilità espressive.
La realtà carceraria è solo lo sfondo per "Tutta colpa di Giuda", ma è frutto dell'esperienza che Davide Ferrario ha maturato lungo quasi dieci anni di lavoro in carcere. Egli, infatti,aveva tenuto dei corsi di formazione professionale sul montaggio video, che nel tempo si è trasformato in un laboratorio di audiovisivi e ha portato il regista a conoscere prima la realtà di San Vittore e poi il carcere Le Vallette di Torino. Dove Tutta colpa di Giuda è ambientato.
Il regista, grazie anche alla sua esperienza come documentarista, applica una sorta di tecnica mista nella realizzazione di questo film. Vengono usati attori non professionisti, e cioè i detenuti e il personale del carcere di Torino, sezione VI, blocco A.
Il tema è la libertà e la passione: è uno spunto per una discussione sulla figura di Cristo che potrà essere apprezzata in ambienti laici ma è prevedibile che provochi irritazione in ambienti religiosi ed ecclesiastici.
Domande & Risposte
Al regista del film "Tutta colpa di Giuda" sono state poste le seguenti domande cui ha risposto così
- Questo film è il risultato del suo lavoro in carcere?
Non avrei mai pensato di fare un film del genere senza una storia di frequentazione di carcere alle spalle. Non è che puoi andare in un posto del genere, fare un film e andare via. Soprattutto non è un film sul carcere. In maniera paradossale credo che qui il carcere svolga la stessa funzione che svolgeva la Mole Antonelliana in Dopo mezzanotte(altro film di Ferrario) è un posto che determina la storia. Il carcere non è la storia, direi che la storia è questo excursus sulla religione, la carne, le facce dei detenuti e dei qui presenti. Nel 2000 mi è stato chiesto di fare delle lezioni in un corso di formazione professionale di video montatori che c'era a San Vittore. Sono arrivato lì senza sapere cosa aspettarmi e nel giro di due lezioni ci siamo trovati molto simpatici con una ventina di detenuti del penale che erano lì. Poi mi hanno chiesto di andare avanti a far qualcosa e così abbiamo fatto fino a questo film. Ma questo era a Milano, era un gruppo molto diverso dal gruppo di Torino, erano detenuti con lunghe pene, ergastolani oppure con trent'anni, quindi criminalmente "più convinti". Invece qui a Torino, come racconta Gianluca Gobbi nel film, questi detenuti sono "poca roba", ladri di farmacie, legati a reati di tossicodipendenza però con un paio di cosiddetti "socializzanti" e cioè un ergastolano, un altro con una lunga condanna, quindi criminali più strutturati di cui l'amministrazione penitenziaria si serve di più come elemento di coesione in un ambiente che altrimenti si sfalderebbe presto. Ed è proprio da qui che è iniziato il progetto.
- Partendo dalla religione come si arriva a un cinema così contaminato?
Dipende molto da cosa vuol dire pensare un film. Questo che stiamo dicendo non vuol dire che uno arriva la mattina e dice ora vediamo che succede. Cercherei solo di ribellarmi alla tirannia della sceneggiatura, cioè l'idea che sia questa a dare lo scheletro di un film. Secondo me la sceneggiatura è uno strumento; per me ad esempio è più importante la musica. C'è un lavoro molto complesso prima e poi durante il montaggio che credo che sia la vera natura del cinema... ma qui andiamo sulla teoria.
- Lei però è ateo …
Io non credo ma penso che le religioni abbiano una funzione importante nella vita, nella cultura e nella storia. Credo nei miti. I miti ci rivelano cose delle società. Se tu alla religione cambi nome e la chiami mito, allora la religione cristiana è molto affascinante perché è il mito fondante della nostra cultura, che si basa sull'idea del peccato, dell'espiazione e del salvarsi attraverso il dolore. Quale miglior posto per spiegare questo di una galera che si chiama, guarda caso, "penitenziario"? Perché i penitenziari nascono con quell'idea lì, alla fine del settecento secondo un'idea religiosa la gente veniva presa e messa nelle celle come i monaci, doveva stare lì a lavorare e pregare e veniva fuori "mondata". Due secoli dopo potremmo pensare che forse non è proprio andata così, che le galere non fanno questo. Parlando di religione ho comunque fatto una cosa che non molti fanno: ho letto il Vangelo. Da cattolico i Vangeli si danno molto spesso per scontati. Se si leggono vengono in mente una serie di dubbi come quelli esposti da Kasia al prete nel film. Viene fuori un Gesù diverso, più affascinante, uno con un problema enorme: deve salvare il mondo e tutto quello che fa non lo fa per il bene. Le nozze di Cana: il miracolo non lo fa con convinzione ma su insistenze della Madonna e tutti i lebbrosi vengono salvati proprio per insistenza da parte loro. L'unico momento in cui si rilassa, ed è singolare, è quello che mette in moto Giuda, è una signorina che gli lava i capelli con l'olio e tutti si arrabbiano perché con quell'olio si potevano salvare altri poveri. Allora Gesù si arrabbia e dice questa si salva e voi no. E lì a Giuda gira il boccino e lo denuncia. Quindi è un Gesù "schizzato" e quindi moderno, molto affascinante, però lontano da quello raccontato dai preti.
- Perché ha scelto Giuda?
Prima di tutto, lasciatemi dire che sono un ateo convinto e sereno. Dio (o il suo silenzio) è un problema che non mi angoscia minimamente. Ma capisco il senso della religione come risposta alle grandi domande della vita, anche se sono totalmente contrario a qualsiasi forma di religione organizzata e, in generale, a chiunque decide di parlare, senza controprova, a nome di Dio. Per esempio, mi son sempre chiesto cosa sarebbe successo se Giuda, invece di cedere al famoso bacio, si fosse semplicemente rifiutato di collaborare all'autodistruzione di Gesù. Ci saremmo trovati di fronte al paradosso di un piano divino messo in mora dalla ribellione di un uomo. Se Gesù non fosse stato tradito e condannato, se non fosse morto e risorto - insomma, se non avesse potuto salvare il mondo, come credono i cristiani, che cosa sarebbe successo? Ripeto, tutto questo è pensiero, non storia. Ma all'improvviso mi è balenato in mente un luogo in cui nessuno farebbe il Giuda (in pubblico, naturalmente - perchè poi dentro gli infami ci sono, eccome): il carcere. E in particolare la recita di una Passione in cui nessuno vuole fare quel ruolo. Ho provato a pensare a cosa avrebbe fatto il regista… E da lì si è messo in moto tutto.
Già, ma voi che ne pensate di Giuda? Credete davvero che abbia agito di sua spontanea volontà o come racconta "Il Vangelo di Giuda" che la gerarchia cattolica sconfessa, sia stata una "pedina" nell'insieme del Piano di salvezza" voluto da Dio???
Maria de Falco Marotta