MICHAEL "DESNUDO" (COPPA VOLPI PER L'INTERPRETAZIONE MASCHILE ALLA MOSTRA DI VENEZIA 2011) 11 9 20 5

Domande ai protagonisti e loro risposte

I cinefili sono usciti frastornati dalla proiezione di Shame (Vergogna!) di S. Mc Queen, regista britannico,nero e grasso che non è non quello dei nostri ricordi, per la spaventosa messa in scena di nudi maschili, amplessi sadomaso, frenetica masturbazione, un degrado morale di ogni senso dello stare insieme. Tante schifezze non le conoscevamo. Ma si sa si impara, no? E le parole, poi! Sussurrate durante gli amplessi, c'è da farsi venire i capelli dritti in testa Eppure la Giuria internazionale l'ha premiato , assegnandogli la Coppa Volpi, per la paranoica interpretazione maschile, afflitto dal complesso del sesso ad ogni costo. Perché?

Cosa c'è dietro

Molte delle indagini, compreso il Censis, informa che 85% di italiani afferma di essere giudice dei propri istinti; il 65%, pur dichiarandosi cattolica, afferma di non seguire i dettami della Chiesa. E che stanno sperimentando nuove vie di fuga dalle regole dei comportamenti sessuali. Quasi sempre avviene su sollecitazione di una comunità di praticanti che in Internet si aggrega, cresce, acquisisce proseliti, si diffonde e tracima rapidamente, dal mondo dell'impalpabile a quello dei rapporti concreti. Non si può più parlare di «sesso virtuale» come se fosse un'attività unicamente onirica e staccata dalla pratica reale. Nel bene o nel male il digital divide, scende al minimo proprio laddove internet permette veloci scambi di emozioni; non a caso siamo indicati nelle classifiche mondiali tra i più grandi consumatori di social network e sempre più disponibili alla sperimentazione di nuove sollecitazioni dei sensi.

Questo lo confermano gli indicatori più titolati a farci la radiografia: il Censis ci dice che tra le tante oscillazioni cui è sottoposto il nostro Paese, un fenomeno di cui dobbiamo farci carico è «La crescente sregolazione delle pulsioni». Con questo titolo è stata presentata, nemmeno tre mesi fa, una ricerca, dove si leggeva che l'85,5% degli italiani fosse arrivato alla conclusione di essere l'unico giudice dei propri istinti. I più giovani ammettono il trasgredire ludico (il 44,8%); soprattutto si è diventati maestri nel compromesso tra istinto e tradizione morale, per cui sembra possibile essere buoni cattolici anche senza tener conto della morale della Chiesa cattolica in materia di sessualità (63,5%, con punte dell'80% per i più giovani). E' immediato che la tendenza osservata dal Censis aiuti a comprendere meglio un'infinità di micro fenomeni, ancora abbastanza sommersi.

Spesso imperversa il pregiudizio che vorrebbe i frequentatori di Internet come un popolo a parte, ma non è più così: in Italia il web è il maggior ispiratore di sessualità alternativa, anche per le categorie fino ad ora insospettabili. Non ci si meravigli se prossime mutazioni del costume confermeranno la profezia che già vede trentamila iscritti in pochissimo tempo alla comunità «Cougar Italia». Le coguare italiane sono le donne mature desiderose di conoscere uomini più giovani di loro, il fenomeno viene dagli Stati Uniti, ma nel paese più mammone che ci sia è ora esploso il fenomeno di giovani maschi che vogliono incontrare una donna cougar, forse più rassicurante delle coetanee. Le Cougar di casa nostra, come si legge nella pagina d'entrata del loro sito, sono donne «fiere della loro età, indipendenti, che possono finalmente sedurre e frequentare uomini più giovani senza tabù e senza pregiudizi».

Dallo stesso punto di osservazione è pure possibile avvertire sintomi di radicale mutazione delle strutture affettive tradizionali nella pratica sempre più diffusa del «tradimento consensuale», o ancor più di quello «partecipato».

E' facile gettare sui giovani l'anatema di chi è ancora viva nel recinto delle regole. Non sono certo dei ragazzini le migliaia d'italiani che si affidano in coppia alle pagine gialle dell'ammucchiata last minute, siti e siti che suddividono la penisola in accurati data-base, regione per regione, città per città, dove è possibile trovare indicazioni per soddisfare ogni desiderio di promiscuità.

Sarebbero poi da mostrare come monito a chi vuol toccare le pensioni le facce allucinate di tanti anziani che, nudi come vermi, si offrono sulle tante versioni nostrane di «Chat roulette». Signori pelosi in canottiera, matrone in vestaglietta, ovunque trionfi di cellulite, ipertricosi e cascame vario, tutti sballottati dal gioco di casuale accoppiamento in video chat.

Dal tipico cucinino, alle camere con comò e specchiera delle nostre province baluginano tra la penombra davanti alle web cam. A volte si intravedono solo occhiali, crani con riporto e alopecia, ipertricosi e dentature sconnesse, ma anche loro hanno imparato come si entra nel grande gioco del «famolo strano» nazional popolare (Cfr. blog di G. NICOLETTI )

Il film: Shame

Brandon è un uomo di circa trent'anni che vive a New York e che non è in grado di gestire la propria vita sessuale. Quando la ribelle sorella minore si trasferisce a vivere nel suo appartamento, gli equilibri del mondo di Brandon vanno fuori controllo. Però, alla fine, Sissi rimane l'unica ancora di salvezza per questo svitato del sesso.

USCITA CINEMA: Prossimamente

REGIA: Steve Mcqueen (II)

SCENEGGIATURA: Abi Morgan, Steve Mcqueen (II)

ATTORI: Michael Fassbender, Carey Mulligan, James Badge Dale, Nicole Beharie, Hannah Ware, Elizabeth Masucci, Lucy Walters, Robert Montano

Ruoli ed Interpreti

FOTOGRAFIA: Sean Bobbitt

MONTAGGIO: Joe Walker

MUSICHE: Harry Escott

PRODUZIONE: See-Saw Films, See Saw Films, Film4

DISTRIBUZIONE: BIM

PAESE: Gran Bretagna 2011

GENERE: Drammatico

FORMATO: Colore

NOTE:

Presentato in concorso al Festival di Venezia 2011, è diverso dal precedente Hunger per storia e tematiche, Shame presenta però numerosi punti di continuità, sia nella struttura formale che per l'essere incentrato su ossessioni, ancorate tanto nel presente quanto nel passato, che risultano devastanti per la mente ed il corpo. In un bad place, appunto.

Ma il Brandon interpretato da Fassbender - virtualmente presente in ogni singola scena del film senza apparire gravato dalla responsabilità - si sente una bad person, anche se non lo vuole ammettere, perché troppa è la vergogna.

Brandon è uno che si volta in preda al panico, ma con un pizzico di sollievo, quando qualcuno nel suo ufficio, scherzando, dice "siete disgustosi", terrorizzato che qualcuno scopra la quantità di filmati porno nel suo computer, ma che annega ogni pensiero (questo pensiero) nell'oblio del sesso da cui è patologicamente dipendente, e che lo fa sentire prima sporco e poi bene. O viceversa.

La ciclica routine di Brandon s'interrompe però quando nella sua vita ripiomba la sorella, danneggiata quanto lui, cui è legato ossessivamente e conflittualmente, pare suggerire (ma, fortunatamente, senza esplicitare) McQueen. E quando la sua ennesima conquista lo mette in crisi (persino fisicamente) perché capace di smuovere sentimenti che lo hanno sempre terrorizzato e che nega categoricamente. Perché è per lui più facile essere una bad person, piuttosto che ammettere di provenire da un bad place, che affrontare il proprio passato.

Ma il tema di una ricerca edonistica e ossessiva del piacere per mascherare vuoti e dolori esistenziali, il suo trasformarsi in patologia e perversione, non è di grande novità (si pensi solo, ad esempio, alla letteratura di Bret Easton Ellis) e Steve McQueen non pare in grado di illuminarlo da angoli insoliti o di mostrarne risvolti inesplorati.

E allora, il valore di un film come Shame si ritrova altrove.

Nella caratterizzazione di una New York elegante e disperata, scintillante e degradata come l'uomo che gli si muove attraverso.

Nell'equilibrio della rappresentazione del sesso, oggettivizzato, sempre privo di erotismo ma al tempo stesso anche di ostentato squallore (peccato per una scena finale dove troppo sfacciato è l'accavallarsi tra piacere e dolore nel volto del protagonista). Nella qualità formale e in quegli statici piani sequenza di dialogo che son già diventi un trademark del regista.

Soprattutto, nella costruzione del legame complesso e appassionato tra fratello e sorella, grazie anche alle performance di un bravo Fassbender e di una straordinaria Mulligan.

I due titoli dei film di Steve MacQueen, sono abbastanza collegati tra loro: lì dove un prigioniero usava il suo corpo come mezzo politico per ottenere libertà, qui c'è un uomo in teoria completamente libero ma in realtà in gabbia. Brandon vive a braccetto con il sesso tutto il giorno. Si tratta di un'ossessione al limite del patologico, di un istinto incontrollabile che dev'essere soddisfatto.

Il fatto è che l'uomo è anche il perfetto newyorchese: bello, in carriera, benestante. E nella "città che non dorme mai", piena di occhi che guardano, Brandon vive nel terrore di essere scoperto e di venire giudicato per ciò che è. Un incubo che diventa ancora più forte dal momento in cui Sissy si trasferisce a casa sua, visto che ora vivrà con lui tra quelle mura, e che porta la sua mania verso un abisso sempre più profondo. Dopotutto il sesso viene visto come un atto vergognoso: il problema è capire bene da "chi". Le opzioni sono due: è visto come vergognoso da Brandon stesso, ed è visto come vergognoso dalla società. Quindi da noi - c'è una scena in particolare che è interessante, quella in cui il capo e amico del protagonista scopre che nel pc di Brandon c'è materiale pornografico, ma crede che sia stato scaricato da altri, disgustosi erotomani: e a sentire quella parole il protagonista volta la faccia, ferito -.

Per fortuna a McQueen non interessa un percorso "curativo", soprattutto se si tratta di sesso. Shame racconta invece di un tentativo di salvataggio. Forse addirittura di un doppio tentavo di salvataggio. Ma è un percorso difficilissimo, in quanto comunicare con gli altri ed esprimersi sembra sempre più complicato. Qui sta tutto il cuore di Shame: Brandon e Sissy si capiscono forse alla perfezione, ma non riescono a far niente per aiutare l'altro con i propri problemi perché non si riesce a concludere un discorso serio, e si finisce a litigare, spesso attaccandosi velenosamente.

In questa ottica, tutto ciò che vediamo di Shame è filtrato attraverso gli occhi del protagonista. Con uno stile potente, in cui nulla viene lasciato al caso, McQueen affresca il ritratto di un uomo non solo convincente, ma sempre più entusiasmante man mano che il film procede per la sua strada. E attenzione che non c'è nulla di compiaciuto nel film, e neanche le scene di sesso e i nudi sono mai gratuiti. Tutto è preciso, elegantissimo, curato e "freddo" come una lama, e viene quasi da pensare che Shame sia una perfetta trasposizione variata di American Psycho.

Shame tuttavia è un film che perde pian piano la sua perfetta freddezza e si scalda dolorosamente, fino a diventare devastante. L'impossibilità del protagonista di reprimere i suoi istinti e la sua natura all'interno di una città impeccabile e glaciale (New York raramente è stata così bella in un film ultimamente) cattura e non lascia via d'uscita, fino a diventare quasi soffocante. Se tutto questo è possibile è però soprattutto grazie alla straordinaria interpretazione di Fassbender, coraggioso e toccante.

Chi è il regista

Da dove viene questo personaggio? Nel mondo di oggi, è facile avere delle ossessioni. Dei comportamenti compulsivi, dipendenze da droga, alcol, gioco. O sesso. Abbiamo la libertà, oggi. Ma è facile che tanta libertà diventi una prigione. Questo personaggio è così: un esempio di come tanta libertà possa diventare una prigione.

Si chiama Steve McQueen, e giusto per quelli che possono sobbalzare a questo nome, è un artista visuale, ha quarant'anni, è nato in Inghilterra, è di colore. Insomma, niente a che vedere con l' "altro" Steve McQueen. Questo è un autore di videoinstallazioni, un fotografo e scultore, un re delle gallerie d'arte. Uno che ha anche fatto film minimalisti, nello stile di Andy Warhol, per poi esordire nel cinema vero e proprio due anni fa, con Hunger. E vincere subito la Caméra d'or a Cannes.

In Shame, presentato a Venezia in concorso, racconta con lunghi piani sequenza assorti, quasi alla Antonioni, la vicenda di un trentenne newyorkese ossessionato dal sesso. Prostitute, masturbazioni nella doccia, pornografia sul computer, webcam erotiche, donne guardate per un attimo in un locale o in metropolitana e spesso "consumate" subito dopo; persino sesso omosessuale con sconosciuti. Però, quando trova una a cui vuole bene, non riesce a farci l'amore.

Domande &Risposte

McQueen, ha scelto Michael Fassbender per interpretare questo personaggio. Ed è la seconda volta che lavora con lui. Come si è sviluppata la vostra collaborazione?

Semplice. Un colpo di fulmine, e poi un amore a lungo termine.

Fassbender, ci sono molte scene di sesso nel film. Alcune sono state imbarazzanti da interpretare?

Sì, alcune erano proprio difficili da fare. La cosa più importante era cercare di fare in modo che ognuna delle persone coinvolte si sentisse a suo agio. E poi farla, cercando di non dover fare molti ciak…

Fassbender, come considera il suo personaggio?

Lo amo. È un personaggio difficile, ma non è così lontano da molti di noi, in definitiva. Non è una persona cattiva, e penso che non sia del tutto disprezzabile. Penso che molte persone vi si possano riconoscere.

McQueen, come mai il titolo "Shame"?

È nato dalle molte interviste che abbiamo fatto con dei drogati del sesso. La parola 'vergogna', shame, ricorreva di frequente nei loro racconti.

Che differenza c'è fra essere un fotografo, o uno scultore, e tentare l'avventura della regia?

Per me, nessuna. Non ci sono barriere tra le tre cose. Certo, nel cinema devi cercare di essere un po' più narrativo, ma il processo è lo stesso. Si tratta di lavorare e di fare emergere le tue idee.

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Brandon è un uomo sulla trentina che vive a New York ed è incapace di gestire la propria vita sessuale. Quando la sorellina ribelle si stabilisce nel suo appartamento, Brandon perde sempre più il controllo del proprio mondo. Shame è un'analisi stringente e attuale della natura del bisogno, del nostro modo di vivere e delle esperienze che plasmano la nostra esistenza.

Con Hunger nel 2008 si era immediatamente posto all'attenzione della critica internazionale fino ad conquistare la Camera d'Or per il miglior esordio al Festival di Cannes e decine di altri premi in tutto il mondo; con questo Shame il britannico Steve McQueen supera il difficile scoglio della seconda opera e si conferma come uno dei più interessanti filmaker in circolazione: per capacità tecniche e virtuosismi, per colpo d'occhio, per direzione degli attori, in particolare quel Michael Fassbender che proprio con Hunger si era fatto notare dal mondo intero e aveva iniziato la sua prestigiosa carriera internazionale.

Nell'interpretare Brandon, infatti, un businessman newyorkese ossessionato dal sesso in tutte le sue manifestazioni, Fassbender si spoglia di ogni pudore e si affida corpo e anima al suo regista che, da par suo, non abbandona nemmeno per un secondo il suo protagonista ma anzi lo cerca insistentemente con primi piani e lunghissimi piani sequenza, come quello già cult in cui Brandon fa jogging per le strade di New York che sembrano fotografate quasi dal Kubrick di Eyes Wide Shut. Ma se nell'ultimo film del Maestro era il tradimento a trascinare il suo protagonista nella notte per le strade della città che non dorme mai, qui è esclusivamente quel senso di vergogna richiamato dal titolo, vergogna per la propria ossessione e per l'incapacità di controllarsi, ma vergogna soprattutto per l'impossibilità di relazionarsi con gli altri se non attraverso un sesso fine a se stesso, senza alcuna traccia di intimità, tenerezza o sentimento.

La similitudine tra i due film di McQueen sono proprio nell'interpretazione di Fassbender molto fisica in entrambe le pellicole: ma se in Hunger il corpo rappresentava l'unica arma su cui poteva contare il Bobby Sands chiuso in carcere per liberare le proprie idee, in Shame è proprio il corpo e l'impossibilità di controllare le proprie pulsioni a relegare Brandon in una situazione apparentemente senza via di uscita, una vera e propria prigione metaforica. Ed è sempre un corpo, quello nudo della sorella Sissy, ospite del suo appartamento per qualche giorno. a provocare un vortice incontrollabile di tentazioni prima, un'ultima possibilità di redenzione dopo.

Il sesso è presente nella pellicola dall'inizio alla fine, attraverso nudi integrali dei protagonisti e scene di amplesso esplicite che soltanto grazie al rigoroso tocco del regista non sforano nella pornografia; ma non è questo l'argomento centrale del film ma piuttosto la difficoltà di questa persona di cambiare e di relazionarsi con qualcuno al di là del sesso. Per questo ancor più importanti delle bellissime sequenze con camera a mano, molto spesso senza dialogo ma impreziosite da una colonna sonora classica, sono i momenti in cui i protagonisti si parlano, si spiegano, si urlano addosso. McQueen da regista esperto seppur giovane sa come rendere al meglio questi momenti, come far emergere ed esplodere le interpretazioni (e se Fassbender è fantastico a soffocare le proprie emozioni dietro una maschera di apparente freddezza, Carey Mulligan è bravissima a tenergli testa nel ruolo della sorella) e sceglie di farlo con lunghe sequenze ad inquadratura fissa, puntata direttamente sui volti dei suoi attori che anche in questo caso non possono nascondersi o tirarsi indietro in alcun modo, ma sono ancora una volta costretti a mettersi a nudo, senza vergogna.

Si può vivere sul bordo e Brandon lo fa. Al limite di quella che viene definita "normalità", ammettendo che essa esista, egli cela, dietro una parvenza di invidiabile benessere, un profondo, devastante disagio. Steve McQueen, al suo secondo lungometraggio (dopo Hunger interpretato dallo stesso Michael Fassbender) esplora la tragica inquietudine di un uomo che tenta di riempire un vuoto che lo attanaglia. Il sesso diviene così il territorio dove Brandon afferma e, al tempo stesso, (an)nega se stesso. Incontri fugaci, storie occasionali, orgasmi a pagamento… Il gioco della seduzione, non è più tale se si fa ossessione e compulsione. Un ritmo nevrotico in cui l'eros, sia virtuale sia reale, sfocia in una mania che scandisce un ritmo di vita istericamente perverso.

Shame ci porta nel labirinto di Brandon di cui, come lui stesso, non si conosce la via di fuga. McQueen segue il suo protagonista nell'inquieta scansione di un'esistenza dove il piacere non ha nulla a che fare con un'edonistica, sana e liberatoria soddisfazione carnale ma, al contrario, si fa morso estremo di sopravvivenza.

Oltre la "piccola morte" batailleana l'orgasmo è una ricerca della fine, un suicidio costante ma, tutto questo, diventa consuetudine e, forse, l'unico modo di esistere. Fino a quando la presenza della sorella, giovane donna alla deriva di se stessa, non costringe Brandon a fermarsi, anche se solo per un attimo. Ciò da cui entrambi fuggono ("Noi non siamo brutte persone ma veniamo da un brutto posto" dice Sissy al fratello che continua a negarle dialogo, affetto e presenza) non è dato sapere ma non è necessario conoscere l'inferno da cui essi provengono per capire in quale altro si sono andati a cacciare.

McQueen non gioca con l'ambiguità ma, al contrario, rende tutto estremamente esplicito nella narrazione - in costante crescendo tragico - degli eventi e nelle immagini - nitide fino alla crudeltà - di un sesso mai morboso quanto piuttosto plumbeo e mortifero.

La raffinata regia del videoartista inglese porta sulla scena il corpo e la carne, cattura sospiri e lacrime rilasciando, in ogni fotogramma, la cruda irrequietezza di Brandon che lo ferisce, giorno dopo giorno, come una lama affilata e fredda come quei colori che McQueen sceglie per fotografare, magnificamente, le scene.

Fassbender fa del suo personaggio l'emblema di una solitudine affilata e pericolosa, molto più vicina a noi di quanto si creda e si cimenta in un ruolo complesso al quale si dona con sorprendente generosità espressiva. Shame è un atto estremo di sincerità e, in quanto tale, potrà non risultar facile da accettare. Come tutto ciò che è disturbante, urticante e, desolatamente, vero o come scoprire, al pari di Baudelaire, il fascino e la bellezza nelle cose più ripugnanti(Cfr. © CultFrame 09/2011)

Consigli

se siete delicati di stomaco e amate il sesso romantico, scordatevi di vedere SHame. Il regista rimesta nel truogolo alla ricerca del più sporco. Ma dicono che oggi i giovani vogliono fare sesso estremo fino a morirne. Mah!

Maria Elisa Enrico Francesco Marotta & Antonio de Falco

Maria Elisa Enrico Francesco Marotta & Antonio de Falco
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