ma EDIZIONE DEL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL CINEMA DI BERLINO
E' terminata da poco la 61esima edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino( Berlinale 2011), la manifestazione più nota nel calendario degli eventi culturali della città, e a vincere l'Orso d'Oro, è stato "Nader and Simin, A Separation", film sullo sgretolamento di una famiglia iraniana, diretto da Asghar Farhadi.
A premiare il film, è stata la giuria presieduta da Isabella Rossellini. Si tratta di una vincita sia simbolica che meritata, un segno molto forte contro le costrizioni, tuttora in vigore in Iran. Nel commentare la sua vittoria, il regista Farhadi ha dichiarato: "Spero che questo riconoscimento sia utile a fare pensare al mio Paese, e al mio popolo, che è grandioso e molto paziente". Davvero molto paziente e sottomesso, fino a quando i giovani che costituiscono la maggioranza del territorio, non riprenderanno in mano la voglia di liberarsi definitivamente dal potere oppressivo e proibitivo di ogni libertà ed aspirare alla democrazia che significa innanzitutto- il rispetto dei Diritti umani-, come stanno facendo giorno dopo giorno(Egitto, Algeria, Tunisia, Barhein, Yemen, Libia…)piuttosto ostili agli sciiti iraniani, essendo sunniti. Occorre precisare- che sempre tutti i paesi islamici, dominati dalla teocrazia, sono assimilati nella comune fede in Allah e nel Corano. Ed è necessario informare che L'islam è nato 500 anni circa dopo il cristianesimo e che- al suo interno, cioè tra i letterati, i poeti, i capi, non è nata una Riforma per modificare la Sharia che è rimasta immutata come Maometto e i suoi "quattro successori illuminati" , l'hanno ratificata. Quindi un solo Dio, un solo Corano, una sola Umma(comunità), una sola Legge. E tutti questi popoli , si "sono fritti" nello stesso brodo, senza avere mai il desiderio di aspirare ad un maggiore potere decisionale e personale. Ma poi, più dei secoli e della paura di opporsi al regime dominante, ha potuto la grande rivoluzione informatica che ha lasciato circolare in ogni dove l'idea che tutti gli uomini e le donne di questo pianeta sono uguali e godono degli stessi diritti, sicché la ribellione contro lo sfruttamento e lo strapotere di pochi, è iniziata a circolare. Nessuno la fermerà più. Altro che Riforma!
E torniamo alla Berlinale 2011.
In apertura della manifestazione, il direttore della manifestazione, Dieter Kosslick, aveva portato sul palco una sedia vuota con il cartello con su scritto il nome del regista iraniano Jafar Panahi, assente al Festival. Sei anni di carcere e il divieto di realizzare film e lasciare l'Iran per i prossimi 20 anni: questa è la condanna con cui il regime iraniano ha imprigionato Panahi, il regista vincitore del Leone d'Oro a Venezia nel 2000 con "Il cerchio".Più volte abbiamo scritto dei registi iraniani che hanno un "modo" particolare di raccontare storie del loro Paese senza farsi attrarre dai bagliori dell'occidente, una forma che però non piace affatto alle alte gerarchie sciite che governano il Paese con "mano di ferro" e non desiderano alcuna commistione con i popoli dominati da "Satana"(sesso, denaro, corruzione, droga, omosessualità…). Figuriamoci,poi, nell'incendio totale che sta serpeggiando nelle nazioni sunnite che- contagiati dagli incontrollabili mezzi di comunicazione(Internet, Facebook, Twitter e gli altri infernali marchingegni creati giorno dopo giorno dal genio umano per fare di tutta l'umanità un unicum) stanno lottando anche contro i feroci eccidi da parte dei "sultani", decisi a "perpetuare" la teocrazia voluta strettamente dalla Sharia( la legge di Maometto e tutte le regolette da lui dettate per tenere il popolo sotto il tallone di ferro perché così vuole il Corano e Dio: già Dio, non certo quello con la spada). Il cinema- noi pensiamo- è un forte mezzo, un medium che trasmette valori e significati per la vita, perciò senza alterare l'assegnazione dell'Orso d'Oro al film del regista iraniano, che attraverso la storia di questo matrimonio in crisi descrive le difficoltà, non solo iraniane, ma di tutto il mondo contemporaneo, di ridefinire i limiti dell'etica e di far convivere il rispetto per il passato con le spinte verso la modernità, non possiamo che applaudire- ancora una volta- al bisogno essenziale che l'umanità nutre per la libertà che- secondo il Vangelo- rende l'uomo( e la donna) liberi. Checché ne dicano i dominatori del mondo, in nome del potere economico- soprattutto-
Maria de Falco Marotta & Team