MARIA ALESSANDRA AGOSTINI: LA POESIA CHE DIVENTA PREGHIERA 11 2 20 37

La semplicità implume di una voce che diventa poesia inseguendo i sussulti dell'anima ancorata al silenzio ancestrale di un colloquio con la deità multiforme immanente nell'uomo ("Scrivere una poesia è come scattare una foto alla tua anima: quell'attimo di sentimento profondo che emerge all'improvviso e ti rivela te stessa mettendo a nudo il tuo intimo").

Forse il bisogno corrivo di perdersi nel labirinto d'inganni di una vita pronta a barattare un cespo di felicità per l'insidioso canto delle sirene che incatenano al fondo ("Cos'è l'uomo? Un'avventura, un intrico incredibile di pensieri, un insieme di sentimenti, una sorpresa, mille sorprese, una tensione verso il piacere, un'ingarbugliata, ma curiosa, indefinibile tela di gioie e dolori, tessuta nell'attimo che passa").

O soltanto l' inespressa gaiezza di una muta preghiera che dà fiato alla voce in un flebile afflato che traduce sull'altare dei sensi il sacrificio di un'esistenza proclive al quieto assenzio dei poveri ("Ho delle catene e vorrei volare. Sono legata a delle speranze e vorrei che non fossero illusioni. ..Sono di fronte ad una porta chiusa e vorrei aprirla").

Messaggi pacati dal mare tempestoso della vita, i versi di Maria Alessandra Agostini, poetessa della porta accanto, che si snocciolano a volte come grani di un Rosario doloroso intessuto di lacrime amare, altre come volute gaudiose di fumo sottile, al cielo gradito. ("Il Rosario ci rannoda tutti perché il perno centrale è Maria, Madre di tutti").

Voci narranti che incidono di stilo perfetto i nudi pensieri nel libro sbiancato di cera, annotando il riflesso soltanto intuito di luci lontane nello scorrere incessante di una meridiana senza sole. Sin dal primo vagito in viaggio verso l'ignoto ("Un attimo: la vita. Un attimo: la morte. Sono compagne; camminano una a fianco dell'altra, mentre noi le guardiamo, come a distanza, eppure siamo noi").

Nell'ombra covata raggela il ragno delle inquietudini che si stemperano alla luce abbagliante della Rivelazione. L'annunciazione della morte scacciata coi demoni della disperazione, per fare spazio all'umile passo dell'uomo che parla con Dio come un uomo con un altro uomo, fedele compagno di via verso l'immoto tramonto ( "L'aldilà fa sempre parte dei miei pensieri").

Per mano, con l'accettazione serena del giusto sotto l'ala tutrice dei santi, dei cari passati, presenze incessanti, barbaglio accecante nel grigiore autunnale dei giorni. Per lasciarsi tradurre in catene, schiavi d'amore, oltre barriere invisibili ("Il Signore ha preso la mia vita e la riempie col suo amore").

Ecco allora che i versi di Agostini si fanno preghiera, inno di ringraziamento di tutte le creature terrene, dal timido uccellino votato alle aeree dimore, all'umile ancella, Virgo Virginum prescelta dal cielo, dalla tenera bimba svezzata dal tempo da mozzi desideri come aste spuntate nella notte ("Avrei voluto…poi mi rendo conto che la vita è una continua rinuncia, un continuo cedere all'evidenza, un'accettazione, seppur dolorosa, della Volontà di Dio") , alla donna diserta che annaspa disperatamente cercando di "amare per non essere un'isola. Non essere più un punto invisibile disperso del cosmo". Attaccandosi alla madre terra per stare con gli altri, immergendosi nel potere ipnotico e salvifico dell'armonia musica della natura o ritornando alle proprie radici come sempre si torna in seno al mare o nel grembo della terra materna "per tornare dove rimane il cuore della tua anima". E scoprire che "è inutile viaggiare, cercare; la tua quiete è là nella terra dove sei nato".

E nutrirsi di ancora speranze ("Un castello di sabbia che cerco di difendere dalla pioggia e dai flutti di mare") nella certezza assoluta che ("Qualcuno ti amerà per sempre insieme a coloro che ti hanno amato in vita"), ma se l'amore è ormai domo, se muore l'amore "senti che hai bisogno disperatamente della sola certezza, della sola speranza che sempre esiste: Dio".

Nello Colombo

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