4 24 (Aggiornamento del 24.4) L'ARTE È UN LUOGO POSSIBILE DELL'UTOPIA (PEGGY GUGGENHEIM, VENEZIA 1° MAGGIO- 25 LUGLIO

L'utopia è un modello politico, sociale o religioso che non trova effettivo riscontro nella realtà ma che viene proposto come ideale Oggi com'è il mondo, pare che essa sia un ideale irrealizzabile, un progetto che non può avere un'attuazione pratica, una chimera, un'illusione. Forse è possibile nel campo artistico. Infatti, dal Peggy Guggenheim, la Collezione Peggy Guggenheim presenta Utopia Matters: dalle confraternite al Bauhaus, a cura di Vivien Greene, Curator of 19th- and Early 20th-Century Art al Guggenheim Museum di New York. La mostra annovera prestiti dai più importanti musei del mondo, dal Metropolitan al Solomon R. Guggenheim, dal Moma al Brooklyn Museum di New York, dalla Tate Britain al Victoria and Albert Museum di Londra.

Il percorso espositivo ha inizio a cavallo tra Sette e Ottocento quando sorgono gruppi di artisti con fini utopistici articolati, che si autodefiniscono confraternite e compiono uno sforzo consapevole per formare comunità ideali. Esse sono spesso caratterizzate da un'opposizione al modernismo, dall'assenza di un progetto politico definito, da tentativi di riforme di tipo idealistico e individualistico. Aspirano a vivere un'esistenza pura, talvolta monastica, e a rimanere intangibili dai mali esterni. In alcuni casi il loro appartarsi è provocato da sentimenti religiosi nati in opposizione alla crescente secolarizzazione della Chiesa cristiana nel corso dell'Ottocento, in altri dalla ricerca del "primitivo", dell'immergersi nella natura, del ritornare a uno stato di armonia incontaminata. È questo il caso dei Primitifs francesi, la cui arte si ottimizza guardando il primitivismo dell'arte greca arcaica, etrusca e al Quattrocento italiano, con soggetti che richiamano scene intensamente emotive desunte dai racconti di Omero, dai poemi di Ossian e dall'Antico Testamento. Similmente realizzano i Nazareni tedeschi, con artisti come Friedrich Overbeck e Franz Pforr (Il Conte d'Asburgo e il prete, 1809 1810), che si ispirano al primo Rinascimento, dipingono scene religiose allo scopo di risvegliare la fede attraverso l'arte, e subiscono il fascino delle forme rinascimentali plastiche di Raffaello. Come i Primitivi e i Nazareni, anche i Preraffaelliti esaminano il passato, affermando la propria fedeltà all'arte e alla filosofia dell'epoca che precede Raffaello, in cui dominavano le corporazioni. Annoverano artisti come William Holman Hunt, John Everett Millais e Dante Gabriel Rossetti, la cui produzione privilegia le nitide narrazioni pittoriche nello stile del Quattrocento italiano, scegliendo soggetti tratti dalla storia e dalla letteratura medievali, dalle opere di William Shakespeare e dalle storie religiose, per evocare epoche in cui cavalleria, purezza d'animo e moralità regnavano sovrane. Con l'avanzare del progresso ottocentesco si verifica, in reazione alla sempre maggiore meccanizzazione e disumanizzazione causata dal lavoro industriale, un ritorno all'artigianato. Tale recupero si accompagna alla concomitante consapevolezza che arte, architettura e design possono rivestire un ruolo nel riformulare il modo in cui la gente vive, e dunque possono servire a migliorare la società. Tra i maggiori promotori di questa filosofia c'è William Morris, artista legato, insieme a Edward Burne-Jones (Elaine, 1870), ai Preraffaelliti: ispirandosi ampiamente alle teorie di John Ruskin, diviene progenitore del movimento Arts and Crafts, delle arti e mestieri, proponendo un sistema che segua il modello della produzione collettiva sull'esempio delle corporazioni medievali.

Col finire del secolo, in seguito all'avvento di ideali di sinistra, molti movimenti, tra cui in Francia i neoimpressionisti, adottano ambizioni utopistiche di natura politica, rendendo la propria arte strumento di difesa dei diritti dei lavoratori e di critica nei confronti del capitalismo. Nelle proprie opere, i neoimpressionisti descrivono un mondo idealizzato, di stampo progressista, in cui lavoro, arti e attività ricreative si fondono in una società unificata, e utilizzano una tecnica pittorica divisionista, vagamente basata su teorie scientifiche, fondendo metodi contemporanei e descrizioni idealiste. Mentre Camille Pissarro dipinge paesaggi bucolici e cicli pastorali di vita contadina, che ritraggono i lavoratori armonicamente inseriti nel ritmo della vita di campagna, con un linguaggio più impressionista, Paul Signac ed Henri-Edmond Cross (Gita, 1895) dipingono nello stile ispirato alle teorie divisioniste, prendendo spunto per le proprie immagini, dal vocabolario visivo pastorale classicheggiante.


All'inizio del Novecento si osserva un cambiamento nelle finalità dei gruppi utopistici in via di formazione. Con l'avvento dell'astrazione e specialmente dopo gli orrori della Grande guerra, si verifica una svolta verso un'idea di verità incarnata in pure forme astratte che vengono equiparate all'armonia.

I fondatori di De Stijl, un piccolo gruppo di artisti, architetti e poeti olandesi capitanati da Theo van Doesburg (Contro-composizione XIII, 1925-26) credono che le proprietà formali di architettura, arte e design possano contribuire a creare un senso di armonia negli e tra gli individui. Per dare vita a un linguaggio visivo di livello universale, gli artisti De Stijl creano dipinti basati su forme geometriche bidimensionali, diversi per dimensioni e gamma di colori. La speranza del De Stijl di rivoluzionare le relazioni sociali e la cultura mediante un linguaggio artistico di forme "ridotte" è riscontrabile nei movimenti che nascono in quel periodo, specie nel Bauhaus, scuola pubblica d'arte, architettura e design, fondato a Weimar nel 1919, dall'architetto Walter Gropius. In essa si riuniscono i principali artisti e designers dell'avanguardia in un gruppo di lavoro che si propone di ricostruire la società del dopoguerra grazie all'arte e al design. Tra i maestri del Bauhaus, in mostra a Venezia, spiccano Vasily Kandinsky (Dipinto blu, 1924) e Joseph Albers (Concatenato, 1927).

Anche Lenin e i bolscevichi, che assumono il potere in Russia dopo la rivoluzione del 1917, inseguono una visione utopica, sebbene incentrata sulla ridefinizione dei rapporti tra le classi sociali. Tuttavia, in campo artistico, Lenin sostiene gusti estremamente conservatori e preferisce la cultura borghese dell'Ottocento europeo alle poetiche radicali dell'arte non-oggettiva dei costruttivisti. A differenza di Kazimir Malevich ed El Lissitzky, idealisti convinti che la forma possa rappresentare visioni grandiose, Vladimir Tatlin, Alexander Rodchenko (Parti di automobile AMO, 1929), e altri artisti, che si definiscono costruttivisti, sono più interessati ai materiali tangibili come portatori di valore. Agli inizi degli anni '20, la visione del partito comunista e dell'avanguardia costruttivista si incontrano, e gli ideali utopistici insieme alla produzione culturale cominciano così ad essere messi al servizio di programmi politici che finiscono, tuttavia, per limitare questi gruppi evidenziando i problemi inerenti ai loro progetti.

Il percorso espositivo termina proprio con gli inizi degli anni '30 del Novecento, quando l'ascesa del fascismo portò alla chiusura, nel 1933, del Bauhaus a Berlino e lo stalinismo ridisegnò i progetti del costruttivismo russo in Unione Sovietica. Tuttavia gli esperimenti utopistici persistono, dalle colonie e dai collettivi di artisti fino alle comunità ecologicamente autosufficienti, dando vita ai numerosi capitoli di una storia che ci conduce fino ai giorni nostri.

Notizie tecniche

La mostra Utopia Matters: dalle confraternite al Bauhaus, è accompagnata da un esauriente catalogo illustrato, edito da Guggenheim Museum Publications (New York) con saggi della curatrice Vivien Greene, del noto studioso Russell Jacoby e del celebre storico del design Victor Margolin.

La mostra gode del sostegno della Regione del Veneto e delle Intrapresae Collezione Guggenheim. Hangar Design Group ha curato l'immagine coordinata per la comunicazione. Clear Channel, Radio Italia e Corriere della Sera sono media partner.

1 maggio - 25 luglio, 2010

info@guggenheim-venice.it - www.guggenheim-venice.it/peggyg.mobi

orario d'apertura: 10.00-18.00; chiuso il martedì

ingresso: euro 12; euro 10 senior oltre i 65 anni; euro 7 studenti; gratuito 0-10 anni

Maria & Elisa Marotta, Diana Barrows, Antonio de Falco

Società