3 30 NUOVA PUBBLICAZIONE DEL CENTRO STUDI STORICI ALTA VALTELLINA: I RITI, DI MARCELLO CANCLINI
È stato pubblicato il volume conclusivo della collana Il ciclo della vita. Questa volta l'autore si è concentrato sui riti funebri. L'ambito della ricerca è sempre circoscritto al territorio dell'antico contado di Bormio, ma le più antiche tradizioni poco si discostano dal resto della valle dell'Adda.
Questa la presentazione al volume curata da Remo Bracchi:
Le testimonianze di Marcello Canclini sulla morte raccolgono da sole una spi¬golatura uguale a quella che riguarda insieme l'infanzia, il fidanzamento e il ma¬trimonio. Il motivo è che la morte, anche quella degli altri, non passa mai attra¬verso i vicoli nei quali noi soggiorniamo da pellegrini, senza bussare ogni volta alla nostra porta. Ospite invisibile, non mai invitata, la ritroviamo ogni giorno, ogni notte, seduta in qualche angolo meno frequentato, ammantata di oscurità e di silenzio. Dovrebbe costituire la presenza più familiare tra quelle che compon¬gono la ghirlanda della parentela, perché è stata quella che ha accompagnato, lungo la distesa degli anni, ciascuno di coloro che già sono andati oltre la soglia di casa, è quella che attende da crepuscolo a crepuscolo chi si agita fra le sue mura, quella che resterà ad accogliere quanti sono per via e ancora non hanno visto il pennacchio di fumo levarsi sopra il camino. E resta invece la penombra più misteriosa e inquietante, quella di cui si teme perfino di pronunciare il nome, perché se ne vorrebbe cancellare del tutto la memoria.
La morte è come una fiera portata ad aggirarsi entro i recinti domestici. Si in¬neva in essa, almeno apparentemente, una natura selvaggia, che si rifiuta a ogni addomesticazione. O forse questa presunta renitenza è frutto piuttosto della no¬stra incapacità di tentare con una prima carezza di stabilire con essa un contatto, perché a poco a poco si convinca ad assuefarsi alla nostra mano. Si sono viste belve lambire bambini, come annientate nella loro ferocia, per non turbare l'in¬nocenza dei piccoli anche soltanto col balenare dello sguardo o col sussulto di un qualche muscolo non completamente domato.
Nella sua riflessione autobiografica intitolata Il cuore dell'inverno, Luigi San¬tucci descrive, nel capitolo I compagni della buona attesa, il suo primo incontro con la morte e la sua inaspettata riconciliazione con essa, che sempre prima aveva evitata.
Ci rivela, nella sua testimonianza dagli echi sconfinatamente profondi: «Ma non è sempre stato così mansueto e risolto il mio rapporto con la morte. La mia "sto¬ria" con lei si scandisce in due tempi; e a spezzarla c'è il transito di mia madre. Prima di quell'evento, che segnò per me più che adulto la fine dell'infanzia, la morte era stata un'improbabile leggenda da cui la viva presenza di lei mi faceva come un fiabesco scudo.
Una nevosa notte invernale la sua bianca salma mi precipitò in uno smarrimento atroce dove - per un periodo che non saprei calcolare perché lo vissi fuori di ogni stagione e di ogni fede - il Maligno mi schiacciò nella tentazione più per¬versa; l'odio della vita e il rancoroso abominio della morte.
Ma infine fu ancora mia mamma, in una lotta che dovette svolgersi entro procel¬lose nubi fra le due massime potenze che si contrastano nel creato - Satana e le madri -, a trarmi in salvo; a ripartorirmi nella savia culla del necessario morire. Potevo io essere tanto vile e rinnegato di indietreggiare di fronte a quel varco che lei aveva attraversato, da aborrire quella patria che adesso la ospitava?
Così ella vinse e m'infuse, giorno dopo giorno, l'affratellato amore per la vita e per la morte. Fu dunque come se lei provvidamente con la morte s'identifi¬casse, sostituendo al suo macabro ghigno il proprio dolce ovale, quel sorriso ora immobile che tuttavia mi esortavano a vivere, ancora, in quella nuova pace equidistante dal nostro pur affascinante purgatorio e dal salvo paradiso donde lei mi assicurava salvaguardia e attesa».
Una pace che ha cambiato ogni prospettiva, che ha trasformato la landa di ulu¬lati solitari nel paese verde.
Al termine dell'intero arco della vita, si colgono su uno scenario più vasto anche i due altri spicchi di orizzonte che precedono. È il sigillo posto sul fondo che dà valore all'intero incartamento. Ha vissuto bene chi muore bene. Tutto l'errare del passato raggiungerà finalmente il proprio riposo se troverà il guado giusto al suo concludersi. Rimane dunque questo il punto più panoramico per rivisitare a distanza tutta la trilogia. Con le sezioni precedenti, quest'ultima compone un trittico entro il quale tutto si tiene e ogni dettaglio riceve il proprio significato più pieno da ciascuna sfumatura degli altri. Si devono cogliere le ragioni del nascere da là dove la nostra gravitazione ci risucchia. È dalla forza di attrazione che saranno definite le nostre orbite. Se il nostro peso è l'amore, tutto sarà deter¬minato dalla sua ricaduta verso il suo centro.
Il volume è disponibile presso la Segreteria dell'Associazione. Sarà inoltre distribuito alla principali librerie dell'Alta Valle e della Provincia. Per informazioni: cssav@valtline.it, 0342 912305.
Dario Cossi (x)
(x) Segretario del Centro Studi Storici Alta Valtellina