Covid-19, chi ha il gene dei Neanderthal si ammala di meno

Incredibile la notizia che viene da Stoccolma e Lipsia. Comunque positiva

(Maria de falco Marotta)  Tra le tante ricerche eseguite sul Covid-19, ce n’è una che ha svelato un aspetto interessante: chi ha il gene dei Neanderthal si ammala di meno. È questa la teoria dei ricercatori Hugo Zeberg del Karolinska Institutet di Stoccolma e Svante Pääbo del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia.
-   Gene dei Neanderthal contro il Covid: lo studio
I due scienziati stanno studiando da mesi le implicazioni della malattia che ha generato la pandemia globale, collegata ai geni dei Neanderthal. Qualche mese fa, Hugo Zeberg e Svante Pääbo avevano scoperto che il gene del cromosoma 3, tramandato dai nostri antenati, aumentava le probabilità di ammalarsi gravemente di Covid-19. Ma c’è stata una nuova svolta nelle loro ricerche. In uno studio pubblicato sulla rivista Pnas, gli scienziati hanno scoperto altri tre geni tratti dal cromosoma 12 dei Neanderthal, che ridurrebbero le probabilità di sviluppare una forma grave dell’infezione di circa il 22%. Si tratta di tre pezzi che si trovano in fila sul cromosoma 12, che include 75mila singoli pezzetti di DNA.
-   Tre geni di Neanderthal più resistenti al Covid: come funziona
Lo studio dei due scienziati si è basato su delle analisi fatte confrontando il DNA di 2.200 pazienti malati gravi di Covid-19. Queste persone avevano tutte ereditato i geni di tre uomini di Neanderthal vissuti rispettivamente 50.000, 70.000 e 120.000 anni fa. Essi, contengono nel loro patrimonio genetico i geni OAS1, OAS2 e OAS3, che secondo gli scienziati riducono la probabilità di sviluppare sintomi gravi della malattia scatenata da Sars-CoV-2. Questo perché i geni producono enzimi che prendono di mira specificamente i virus a RNA. E le buone notizie non finiscono qui. Sembra infatti che proprio il tratto di DNA dei Neanderthal sul cromosoma 12, da cui vengono questi geni che sono più resistenti al virus, sia il più diffuso nell’uomo. Era infatti presente in circa un uomo su dieci che visse più di 20.000 anni fa, per poi aumentare fino a circa il 15% fino a 10.000 anni fa. Oggi, è presente nelle popolazioni dell’Eurasia e delle Americhe con una frequenza anche del 50%.
E questa non è una bella notizia che ci solleva dal torpore in cui il mondo è caduto?

Maria de falco Marotta
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