Park in prato non sfalciato

Va pensata una politica di numero chiuso?

L'episodio dell'occupazione, per creare un parcheggio a pagamento, del prato in val Masino, senza lasciar tempo al contadino di raccogliere il fieno, ha suscitato amarezza e anche un po' di indignazione. Oltre mille le condivisioni del post sul tema dei ruralpini.it (qui)
Dopo settimane di clausura da contagio, nell'impossibilità di recarsi ancora in altre regioni, i turisti si sono riversati in massa nelle località più gettonate. Creando problemi di traffico e di parcheggio, tanto da suscitare tensioni. Altrove, già al primo week-end della "fase due", qualcuno dalle parole sui social è passato ai fatti, come a Vilminore, in val di Scalve, dove sono state tagliate le gomme - due per auto - agli escursionisti.
Il problema è legato, diciamolo subito, a una cultura ambientalista da salotto che iconizza certe località e certe valli, utilizzando la vieta retorica della "natura incontaminata". Anche la Valtellina paga lo scotto. Mentre la val Masino scoppia  le affascinanti valli orobiche sono deserte, un fatto che dimostra come la retorica ambiental-turista sia falsa e vuota. Le Orobie, secondo una certa narrazione sono "selvagge", ma gli amanti della wildness non ci vanno (si va a piedi, è faticoso, non ci sono i "servizi"). Eppure, appena al di là della cresta, in bergamasca, c'è molta più frequentazione. Il valtellinese ma anche l'ospite (lariano, brianzolo, milanese), in Valtellina cerca solo alcune "chicche".
Tra le "chicche" vi è la val Masino e, in particolare, la val di Mello, divenuta iconica. Paradiso del bouldering ma anche meta di brevi escursioni "mordi e fuggi" (quattro passi in piano, un selfie e poco più) in un contesto di paesaggio incontestabilmente bello ma che, una malintesa cultura "ambientalista" esalta  perché evoca (in piccolo) il National Park nordamericano. Il frutto provinciale di una colonizzazione culturale che sminuisce la bellezza delle Alpi come paesaggio antropizzato, fatto di sentieri, manufatti, baite, prati e pascoli coltivati. Il che non significa che tutto questo non si integri in paesaggi di laghi, ghiacciai, torrenti, foreste.
Tutte cose che l'ideologia ambientalista (nata negli Usa)  disprezza, valorizzando la wildness e la grande scala di paesaggi vuoti di presenza umana.  Pochi sanno che la val di Mello era, sia pure in forma "eroica" (come i vigneti retici), una valle di alpeggio dove si faceva bitto. Lo testimonia il bellissmo "monumento" della "stalla nella roccia" di Qualido. Il fondovalle della val di Mello, tanto decantato per la vista sulle cime, l'ambiente dei grandi massi e delle limpide acque, era area di prati-pascoli, utilizzati nel pre e post alpeggio. Prati, per l'appunto.
I prati sono al centro delle polemiche delle ultime settimane, dopo l'ordinanza sindacale del 26 maggio che disponeva - in caso di saturazione del parcheggio ufficiale in località San Martino,  l'occupazione "per somma urgenza" dei medesimi per creare parcheggi a pagamento. Anche dove si doveva ancora falciare. Ma che ambientalismo è?  Ecco una barbarie legalizzata, una devastazione con i crismi di legge (ma sarà proprio legittimo agire così?).
Dove sono i motivi di forza maggiore che impongono la devastazione dei prati con frutti pendenti (il fieno da segare)? Il turismo è una calamità naturale imprevedibile?  Nell'ordinanza si prevede che il proprietario dei prati che non vuole subire la loro occupazione, deve delimitare e rendere visibile la sua area. Ebbene Stefano Villani, l'unico contadino a tempo pieno della valle (ci sono però degli agriturismi in val di Mello) non solo ha fatto presente al comune che non riusciva a segare il prato per il 2 giugno (l'erba non era neppure del tutto matura) ma ha comunque delimitato con nastro come da ordinanza. Niente da fare. Il prato è stato requisito e occupato dalle auto. 110 autovetture a 7 € l'una.  In seguito il contadino, esasperato, ha piazzato una trattrice all'ingresso.
Se l'assalto del turismo diventa sistematico (e non solo limitato alle settimane centrali dell'estate) va pensata una politica di numero chiuso. Va spiegato alla gente che la Valtellina è grande e ci sono tanti posti bellissimi, solo che si voglia rinunciare a pigrizia mentale e conformismo (si va dove va il gregge). Riempire i prati di auto non è molto edificante, anche quando sono stati segati. O c'è spazio per parcheggi non impattanti o si limita l'accesso. Succede in altre località troppo frequentate.
Quanto ai media, alle associazioni, ai consorzi turistici, alle istituzioni,  non guasterebbe uno sforzo in più per promuovere la diversificazione delle mete e una nuova cultura turistica.

Michele Corti

 

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